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Sent.C. Cass. 28/01/2003, n. 1228

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1. Notaio - Responsabilità - Atto pubblico di trasferimento immobiliare - Obbligo del notaio di attività anteriori e successive alla stipula - Sussistenza.
1. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio dell'attività di notaio, il professionista è tenuto ad una prestazione che, pur rivestendo i caratteri dell'obbligazione di mezzi e non di risultato, non può ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell'atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle ulteriori attività, preparatorie e successive, funzionali ad assicurare la serietà e la certezza del rogito e, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico (non meno che del risultato pratico) del negozio divisato dalle parti, con la conseguenza che l'inosservanza di tali obblighi accessori dà luogo a responsabilità «ex contractu» per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale, peculiare forma di responsabilità. Incorre, pertanto, nella predetta responsabilità professionale il notaio che, con riferimento alla procura speciale presentatagli dal sedicente rappresentante della parte venditrice, non ne accerti con cura l'autenticità, senza che, in relazione a tale omissione, egli possa legittimamente invocare la limitazione di responsabilità di cui all'art.2236 Cod.civ., non essendo il suo comportamento riconducibile alla fattispecie dell'imperizia, bensì a negligenza ed imprudenza, alla violazione, cioè, del dovere di normale diligenza professionale, rispetto alla quale (Corte cost. n.166 del 1973) rileva anche la colpa lieve, ai sensi del 2°c. dell'art.1176 Cod.civ. [nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha così confermato la sentenza del giudice di merito che aveva ravvisato gli estremi della colpa professionale a carico di un notaio che, nel ricevere una procura speciale dall'apparente rappresentante della parte venditrice di un immobile, non ne aveva rilevato le numerose ed evidenti alterazioni (lettere e parole scritte con macchina da scrivere diversa ed al di sotto del rigo; mancanza di spazi tra le parole; interpolazioni e correzioni o ricalcature a penna o con diverso mezzo meccanico di lettere e numeri; cancellature neanche menzionate in postilla)].

1. C. Cost. 22 novembre 1973 n. 166 [R=WCC22N73166]- (Omissis) La particolare disciplina in tema di responsabilità penale, desumibile dagli artt. 589 e 42 (e meglio, 43) del Cod.pen., in relazione all'art. 2236 del Cod.civ., per l'esercente una professione intellettuale quando la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, è il riflesso di una normativa dettata (come si legge nella relazione del Guardasigilli al Codice civile n. 917) «di fronte a due opposte esigenze, quella di non mortificare la iniziativa del professionista col timore di ingiuste rappresaglie da parte del cliente in caso di insuccesso e quella inversa di non indulgere verso non ponderate decisioni o riprovevoli inerzie del professionista» stesso. Ne consegue che solo la colpa grave e cioè quella derivante da errore inescusabile, dalla ignoranza dei principi elementari attinenti all'esercizio di una determinata attività professionale o propri di una data specializzazione, possa nella indicata ipotesi rilevare ai fini della responsabilità penale. Siffatta esenzione o limitazione di responsabilità, d'altra parte, secondo la giurisprudenza e dottrina, non conduce a dover ammettere che, accanto al minimo di perizia richiesta, basti pure un minimo di prudenza o di diligenza. Anzi, c'è da riconoscere che, mentre nella prima l'indulgenza del giudizio del magistrato è direttamente proporzionata alle difficoltà del compito, per le altre due forme di colpa ogni giudizio non può che essere improntato a criteri di normale severità. (Omissis). Ved. Cass. 13 giugno 2002 n. 8470 R
(Cod.civ. artt. 1176, 2°c. e 2236)

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