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04/09/2018

Rideterminazione del contributo di costruzione liquidato in misura erronea

Il Consiglio di Stato si è pronunciato in Adunanza Plenaria in merito all'errata liquidazione del contributo di costruzione da parte di un comune ed alla successiva rideterminazione dello stesso.

Le due vicende oggetto del giudizio (riunite per comunanza di presupposti fattuali e di questioni giuridiche) originano dalle determinazioni con le quali il Comune di Cinisi (PA) ha ricalcolato e richiesto nel 2007, a distanza di 4 anni dal rilascio delle originarie concessioni edilizie e in misura circa 4 volte superiore a quella iniziale, il pagamento del contributo di costruzione, previsto dall’art. 16 del D. P.R. 06/06/2001, n. 380, a due privati, i quali erano stati autorizzati con concessione edilizia a realizzare dei capannoni con annessi uffici e sala esposizione per la produzione e la vendita di prodotti commerciali.

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana investita della questione, nel rilevare un contrasto di giurisprudenza in ordine alla rideterminazione degli oneri concessori, ha rimesso l’esame delle controversie all'Adunanza plenaria.

La Sent. C. Stato Ad. Plen. 30/08/2018, n. 12, ha ricordato che il contributo di costruzione rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, ricollegata sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio. Inoltre, il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, ed ha carattere generale, prescindendo totalmente delle singole opere di urbanizzazione che devono in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.

L'Adunanza plenaria ha poi concluso affermando i seguenti principi di diritto:

- gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall’art. 16, del D. P.R. 06/06/2001, n. 380, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale; sicché ad essi non possono applicarsi né la disciplina dell’autotutela dettata dall’art. 21-nonies, della L. 07/08/1990, n. 241 , più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimentali manifestazioni di imperio;

- la pubblica amministrazione, può sempre rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo di tale contributo, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.) decorrente dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza; mentre per parte sua il privato non è tenuto ad impugnare gli atti determinativi del contributo nel termine di decadenza, potendo ricorrere al giudice amministrativo, munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., nel medesimo termine di dieci anni, anche con un’azione di mero accertamento;

- l’amministrazione comunale, nel richiedere gli importi del contributo di costruzione, rideterminati a seguito di liquidazione erronea iniziale, con atti non aventi natura autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, della L. 07/08/1990, n. 241, ma si deve escludere l’applicabilità dell’art. 1431 c.c. a questa fattispecie, in quanto l’errore nella liquidazione del contributo, compiuto dalla pubblica amministrazione, non attiene ad elementi estranei o ignoti alla sfera del debitore ed è quindi per lui in linea di principio riconoscibile, in quanto o riguarda l’applicazione delle tabelle parametriche, che al privato sono o devono essere ben note, o è determinato da un mero errore di calcolo, ben percepibile dal privato, errore che dà luogo alla semplice rettifica;

- la tutela dell’affidamento e il principio della buona fede, che in via generale devono essere osservati anche dalla pubblica amministrazione dell’attuazione del rapporto obbligatorio, possono trovare applicazione ad una fattispecie come quella in esame nella quale, ordinariamente, la predeterminazione e l’oggettività dei parametri da applicare al contributo di costruzione, di cui all’art. 16 del D. P.R. 06/06/2001, n. 380, rendono vincolato il conteggio da parte della pubblica amministrazione, consentendone a priori la conoscibilità e la verificabilità da parte dell’interessato con l’ordinaria diligenza, solo nella eccezionale ipotesi in cui tali conoscibilità e verificabilità non siano possibili con l’ordinaria diligenza richiesta al debitore, secondo buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), nell’ottica di una leale collaborazione volta all’attuazione del rapporto obbligatorio e al soddisfacimento dell’interesse creditorio vantato dal comune. 

 

Dalla redazione