Sent.C. Cass. 02/04/2002, n. 4682 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Sent.C. Cass. 02/04/2002, n. 4682

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1. Professionisti - Lavoro autonomo e lavoro subordinato - Criterio distintivo - Qualificazione delle parti - Non decisiva. 2. Professionisti - Lavoro autonomo e lavoro subordinato - Distinzione - Lavoro subordinato se assoggettato al potere direttivo e disciplinare.
1. Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato non deve prescindersi dalla volontà dei contraenti e. sotto questo profilo, va tenuto presente il nomen iuris utilizzato dalle parti, il quale però non ha un rilievo assorbente, poiché deve tenersi conto altresì, sul piano della interpretazione della volontà delle parti, del comportamento complessivo delle medesime, anche posteriore alla conclusione del contratto (art. 1362. comma 2, Cod.civ.), la cui valutazione è necessaria anche per l'accertamento di una nuova, diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso della relativa attuazione e diretta a modificare singole clausole e, talora, la stessa natura del rapporto di lavoro inizialmente previste; pertanto, in caso di contrasto tra iniziali dati formali e successivi dati fattuali, questi assumono necessariamente un rilievo prevalente. 2. L'elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato è costituito dall'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro - peraltro configurabile con intensità ed aspetti diversi in relazione alla maggiore o minore elevatezza delle mansioni e alla natura delle stesse - con la conseguente limitazione della sua autonomia ed il suo inserimento nella organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione, assumono natura meramente sussidiaria, e non decisiva.

Ved. Cass. 4 febbraio 2002 n. 1420 R. 1n. Codice civile - Art. 1362 (Intenzione dei contraenti) - (1°c.) Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. (2°c.) Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.
(Cod.civ. art. 1362, comma 2)

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