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13/06/2018

La Cassazione interviene sulla nozione di totale difformità dal permesso di costruire

La Corte di Cassazione ha chiarito che la difformità totale si verifica allorché i lavori eseguiti tendano a realizzare opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale.

Nella fattispecie concreta sono state realizzate opere con differenti caratteristiche plano-volumetriche rispetto a quelle originariamente assentite, con realizzazione di nuovi volumi derivanti anche dalla trasformazione di sottotetti in plurime unità abitative.

La Sent. C. Cass. pen. 23/05/2018, n. 23186, ha ritenuto che tali opere rientrano a pieno titolo nella nozione di "totale difformità" contenuta nell'articolo 31, del D. P.R. 06/06/2001, n. 380 - Testo unico edilizia, il quale precisa che sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

La Suprema Corte ha ribadito in proposito che l'espressione “organismo edilizio” indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può riconnettersi tanto alla costruzione di un corpo autonomo quanto all'effettuazione di modificazioni con opere, anche soltanto interne, tali da comportare un intervento che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incidente sull'assetto del territorio attraverso l'aumento del c.d. "carico urbanistico" . 

Inoltre, secondo la citata sentenza, difformità totale può aversi anche nel caso di mutamento della destinazione d'uso di un immobile o di parte di esso, realizzato attraverso opere implicanti una totale modificazione rispetto al previsto. Infine, il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall'organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato.

 

Dalla redazione