FAST FIND : FL7786

Flash news del
20/09/2023

Dichiarazione di fine lavori e prova dell’originaria consistenza dell’immobile

Il Consiglio di Stato ha affermato che la dichiarazione di ultimazione dei lavori non assume rilevanza probatoria in ordine all’asserita coincidenza del fabbricato realizzato in origine con quello rappresentato nel progetto approvato.

FATTISPECIE - Nel caso di specie la ricorrente impugnava la sentenza del TAR che aveva confermato l’ordinanza con la quale il Comune aveva ingiunto la demolizione di un fabbricato rurale. Secondo il Comune l’immobile era stato realizzato in totale difformità rispetto al progetto approvato e assentito con permesso di costruire.
La ricorrente sosteneva invece di avere realizzato in origine un fabbricato rurale rispondente al progetto e, solo successivamente all’ultimazione dei lavori, realizzato le difformità riscontrate dal Comune, che peraltro costituivano abusi minori che avrebbero potuto essere sanati, o che avrebbero comportato la sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 34, D.P.R. 380/2001 (c.d. fiscalizzazione). Il Comune avrebbe dovuto, a suo avviso, obbligare la rimozione solo delle modifiche illegittime per ricondurre le opere a conformità rispetto a quanto precedentemente e legittimamente realizzato in forza del permesso di costruire.

C. Stato 08/08/2023, n. 7644 non ha accolto l’appello sulla base delle seguenti considerazioni.

DIFFORMITÀ TOTALE E PARZIALE, DISTINZIONE - Innanzitutto il Consiglio, sulla base della descrizione degli abusi, ha confermato che si trattasse di difformità totale. Sul punto ha richiamato l’orientamento secondo il quale, ai sensi degli artt. 31 e 32, D.P.R. 380/2001, si verificano difformità totali del manufatto o variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (vedi in proposito la Nota: Interventi in assenza o totale difformità dal permesso di costruire, varianti essenziali e difformità parziale (C. Stato 1484/2017)).

PROVA DELLA ORIGINARIA CONSISTENZA E DICHIARAZIONE DI FINE LAVORI - In ordine alla presunta realizzazione delle difformità solo successivamente all’ultimazione dei lavori, il Consiglio non ha ritenuto rilevante la dichiarazione del direttore dei lavori e del committente che indicavano la data della fine dei lavori. In particolare, secondo i giudici, la dichiarazione di ultimazione dei lavori non assume rilevanza probatoria in ordine all’asserita coincidenza del fabbricato realizzato in origine con quello rappresentato nel progetto approvato. La giurisprudenza ha più volte ribadito che grava sull’appellante l’onere della prova dell’originaria consistenza dell’immobile, senza possibilità alcuna di inversione.
A tal proposito, deve essere esclusa l’efficacia probatoria delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o delle semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate. Si è infatti osservato che la mera dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non possiede alcun valore probatorio e può, al più, costituire soltanto un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l’attività istruttoria dell’Amministrazione.

Nel caso di specie, il Consiglio ha ritenuto che la prova dell’originaria consistenza dell’immobile e della realizzazione delle difformità solo in un momento successivo alla sua ultimazione non fosse stata fornita, sia per l’inidoneità della dichiarazione sostitutiva invocata dall’appellante, sia per l’assenza di qualsiasi altro documento idoneo a costituire un principio di prova al riguardo.

FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO - Con riferimento alla fiscalizzazione dell’abuso, il Consiglio ha ribadito l’orientamento secondo il quale l’art. 34 del D.P.R. 380/2001, che prevede la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in sostituzione a quella demolitoria, è applicabile solo agli abusi meno gravi riferibili all’ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo (in ragione del minor pregiudizio causato all'interesse urbanistico) e dell'annullamento del permesso di costruire (in ragione della tutela dell'affidamento che il privato ha posto nel titolo edilizio a suo tempo rilasciato e, poi, fatto oggetto di autotutela e della circostanza che l'opera è stata costruita comunque sulla base di un provvedimento abilitativo).
Viceversa, con riferimento alle ipotesi di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, la sanzione della demolizione e della riduzione in pristino rimane l'unica applicabile, quale strumento per garantire l'equilibrio urbanistico violato.

VALUTAZIONE DELLA SANABILITÀ DELLE OPERE - Infine, è stato chiarito che la P.A. non è obbligata a valutare la sanabilità delle opere abusive prima di adottare l’ordinanza di demolizione. In assenza di previa istanza ex art. 36, D.P.R. 380/2001, la pretesa sanabilità degli abusi accertati non può precludere l’adozione della misura repressivo-ripristinatoria. L’ordinanza di demolizione non necessita, infatti, di valutazione ex officio in ordine alla conformità o meno delle opere abusive agli strumenti urbanistici, posto che, una volta accertata l’esecuzione di interventi privi di permesso di costruire, ne deve essere disposta la rimozione, indipendentemente dalla loro eventuale conformità allo strumento urbanistico e dalla loro ipotetica sanabilità.

Dalla redazione