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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Traslazione del fabbricato, quando costituisce variazione essenziale
Nel caso di specie la società ricorrente contestava l’ordine di demolizione di un capannone industriale da adibire a deposito di attrezzature edili, con annessi uffici e servizi. Il manufatto corrispondeva per sagoma e volumetria a quello assentito, ma risultava traslato nella sua collocazione di circa 50 cm. Secondo il Comune tale traslazione dell’edificio legittimava la sanzione ripristinatoria, costituendo una variazione essenziale rispetto a quanto autorizzato. Inoltre, secondo la proprietaria del fondo vicino, lo spostamento avrebbe comportato la violazione della disciplina sulle distanze.
In sostanza si trattava di stabilire se la traslazione effettuata rientrasse o meno nel concetto di "modifica sostanziale della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza", e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, D. P.R. 380/2001, comma 1, lett. c).
In proposito il TAR Calabria-Catanzaro 20/01/2023, n. 65 ha ribadito che la modifica della localizzazione dell'edificio costituisce una variazione essenziale, di cui all’art. 32, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. c), in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o quasi totalmente diversa da quella originariamente prevista; ciò, in quanto una simile modifica richiede una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell'area.
In applicazione di tale principio il TAR ha escluso che nel caso di specie la traslazione, pari a soli 50 cm, nel rispetto della volumetria assentita e - fatta eccezione per la traslazione - della sagoma dell’edificio, concretizzasse una variazione essenziale rispetto al progetto autorizzato.
I giudici hanno inoltre aggiunto che la vicenda avrebbe potuto eventualmente qualificarsi in termini di difformità parziale dell’edificio, ai sensi dell’art. 34, D.P.R. 380/2001, con possibile applicazione della c.d. fiscalizzazione dell’abuso.
Il TAR ha dunque accolto il ricorso, sottolineando che tale decisione non avrebbe inciso sulle conseguenze civilistiche della violazione delle distanze legali, denunciata dalla società controinteressata.