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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Requisiti acustici degli edifici e responsabilità del costruttore
Nel caso di specie i ricorrenti (costruttori) erano stati condannati al risarcimento dei danni nei confronti degli acquirenti di due appartamenti, derivanti da difetti di insonorizzazione. La Corte d’Appello confermava la condanna e quantificava le somme dovute sulla base di una riduzione del valore degli immobili nella misura del 20% del prezzo acquistato, disattendendo tra l’altro le risultanze della CTU.
I costruttori impugnavano tale decisione nella parte in cui aveva ritenuto applicabili le prescrizioni del D. P.C.M. 05/12/1997 (sulla determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici) anche alle terrazze e ai locali c.d. non abitabili (locali bagno, ripostiglio e corridoi). A loro avviso, tale normativa riguarderebbe solo agli “ambienti abitativi” nel cui ambito rientrerebbero esclusivamente gli spazi interni ad un edificio e destinati alla permanenza delle persone.
C. Cass. civ. 22/02/2023, n. 5487 ha respinto tutti i motivi di ricorso, confermando la sentenza della Corte territoriale.
Per quanto riguarda le terrazze è stato precisato, da un lato, che le stesse non sono destinate solo all’affaccio ma sono altrimenti utilizzabili; d’altro lato che l’insonorizzazione delle terrazze non costituisce un problema limitato allo spazio che occupano, ma riguarda la propagazione del rumore, attraverso le murature su cui appoggiano e su cui si innestano, all’interno degli appartamenti.
Con riferimento al tema della osservanza dei requisiti di cui al D. P.C.M. 05/12/1997 anche per i locali c.d. non abitabili, la Corte ha affermato che gli stessi (locali bagno, ripostiglio e corridoi) fanno parte della abitazione e che non vi è motivo di ritenere che la normativa in discorso, che tende ad evitare l'esposizione delle persone a rumori tali da pregiudicare lo svolgimento della loro normale attività, non debba trovare applicazione all'unità abitativa nella sua interezza, ma solo ad alcune parti di essa.
In proposito è stato osservato che l’art. 2 del D. P.C.M. 05/12/1997, richiama, ai fini della sua applicazione, la nozione di "ambienti abitativi" di cui alla L. 447/1995, art. 2, comma 1, lett. b), secondo cui per ambiente abitativo deve intendersi "ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza delle persone o di comunità ed utilizzato per le diverse attività umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attività produttive". La norma appare pertanto chiara nell'affermare che i locali all'interno dei predetti edifici rientrano nella citata nozione di ambiente abitativo.
Quanto alla valutazione dell’entità del danno e alle risultanze (disattese) della CTU, la Suprema Corte ha spiegato che:
- l'esercizio da parte del giudice del potere di decidere non comporta vincoli rispetto alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, da cui il giudice può discostarsi dando adeguata motivazione;
- la valutazione del danno in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., costituisce un'operazione rimessa dalla legge alla valutazione del giudice di merito, i cui risultati, se sostenuti da congrua motivazione, non sono sindacabili in sede di giudizio di legittimità.