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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Autorizzazione paesaggistica, parere tardivo della Soprintendenza
Nella fattispecie la proprietaria di un alloggio aveva richiesto un permesso di costruire che comportava anche il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, in quanto il fabbricato era all’interno di un Parco nazionale.
Il Comune aveva trasmesso gli atti alla Soprintendenza che, dopo la richiesta e l’invio da parte del Comune di ulteriore documentazione, esprimeva parere sfavorevole. Il Comune prendeva atto di tale parere e negava l’autorizzazione.
In proposito C. Stato 08/11/2022, n. 9798 ha affermato che il parere della Soprintendenza previsto dall’art. 146 del D. Leg.vo 42/2004 deve essere emesso nel termine di 45 giorni; se tale termine non viene osservato il parere successivamente emesso non è illegittimo, ma perde ogni suo carattere vincolante per l’Amministrazione che lo ha richiesto.
Pertanto, in tal caso, deve essere l’Amministrazione a motivare sulla concedibilità o meno dell’autorizzazione paesaggistica e, se potrà anche utilizzare argomenti espressi nel parere tardivo della Soprintendenza, non potrà però acriticamente rifarsi al predetto parere, dovendo invece assumere interamente su di sé l’onere di decidere (e dunque di motivare la propria determinazione), giacché, diversamente opinando, si finirebbe col negare sostanzialmente qualunque rilievo giuridico al termine che la legge assegna alle Soprintendenze.
Nel caso in esame, dagli atti depositati risultava il mancato rispetto del termine dei 45 giorni che la Soprintendenza avrebbe dovuto rispettare, anche considerando il lasso di tempo per la richiesta e l'invio della documentazione aggiuntiva.
Sul punto i giudici hanno precisato che la richiesta di atti sospende bensì il termine a partire dal momento della richiesta e fino a quando i documenti richiesti non giungono alla Soprintendenza, però successivamente detto termine (appunto perché sospeso, e non già interrotto) non ricomincia a decorrere integralmente, ma seguita a farlo solo per la parte residua non ancora maturata al momento della richiesta degli atti.
Il Comune avrebbe, pertanto, dovuto motivare autonomamente il parere, non essendo più vincolato alla valutazione della Soprintendenza.