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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Annullamento del titolo edilizio e ordine di demolizione per motivi inerenti all’agibilità
Nel caso di specie il ricorrente aveva presentato una SCIA per la realizzazione di opere di ristrutturazione di un fabbricato, provvedendo a dare seguito ai relativi lavori. A seguito di sopralluogo risultavano vari interventi irregolari e in particolare l’inidoneità di alcuni ambienti rispetto alle norme igienico-sanitarie che comportava l’impossibilità di rilasciare l’agibilità. Di conseguenza il Comune disponeva l’annullamento in autotutela della SCIA e ordinava, ai sensi degli artt. 27, 31 e 33, D.P.R. 380/2001, la demolizione delle opere realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi.
Al riguardo il TAR Lazio-Latina 28/1/2021, n. 27 ha osservato che, in ambito edilizio, il permesso di costruire (e, a maggior ragione, anche i titoli minori come la SCIA) ed il certificato (oggi segnalazione certificata) di agibilità sono collegati a presupposti diversi, che non sono sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile è stato realizzato secondo le norme tecniche in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme urbanistico-edilizie. Tale distinzione di presupposti ed effetti si rispecchia anche nei poteri esercitabili dall’Amministrazione in presenza di accertate violazioni delle norme sull’agibilità degli edifici che, ai sensi dell'art. 26, D.P.R. 380/2001, e dell'art. 222, R.D. 27/07/1934, n. 1265, consentono la dichiarazione di inagibilità del fabbricato.
L’autonomia tra le valutazioni, ha proseguito il TAR, che sorreggono l’adozione dei provvedimenti in materia edilizia e di agibilità è ulteriormente comprovata dal fatto che, se è vietata la circolazione di immobili abusivi per effetto della c.d. nullità urbanistica ex art. 17, comma 1, L. 47/1985; e art. 40, comma 2, L. 47/1985 (vedi anche art. 46, D.P.R. 380/2001), non altrettanto è a dirsi per quella di beni immobili che non abbiano ricevuto l’agibilità o non siano ancora stati sottoposti a collaudo.
Ne consegue che qualora si verta (come nel caso di specie) sulla legittimità di un ordine di riduzione in pristino emanato ai sensi degli artt. 27, 31 e 33, D.P.R. 380/2001 per l’esistenza di presunti abusi edilizi, le considerazioni sull’agibilità o meno dei locali non sono di per sé sole sufficienti a sorreggere il provvedimento gravato, che è posto a servizio di altri interessi pubblici, salvo restando l’esercizio, da parte del Comune, dei poteri previsti dalla legge a tutela della salubrità degli edifici, ove all’esito di apposito procedimento sia accertato che ne ricorrano i presupposti.