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17/12/2020

L’ampliamento dell’immobile non può rientrare nella manutenzione straordinaria

L'ampliamento di un immobile, comportando una inevitabile alterazione della volumetria complessiva dell’edificio, non può essere qualificato come intervento di manutenzione straordinaria. La valutazione coinvolge l’intero intervento, non essendo consentito il frazionamento ai fini di una diversa qualificazione delle singole opere.

Il TAR Lombardia Brescia 04/12/2020, n. 852 si è pronunciato su una fattispecie in cui il ricorrente chiedeva l’annullamento del permesso di costruire a lui rilasciato nella parte in cui quantificava il contributo di costruzione. Secondo il ricorrente l’importo del contributo era stato erroneamente determinato con riferimento all’intero intervento, mentre invece avrebbe dovuto essere calcolato soltanto sulla porzione qualificabile effettivamente come ristrutturazione edilizia e non anche sulla restante parte dell’edificio, oggetto a suo avviso di mere opere di manutenzione straordinaria, non soggette a contributo concessorio.

AMPLIAMENTO DELL’IMMOBILE E QUALIFICAZIONE DELL’INTERVENTO - Il TAR ha ricordato che secondo le definizioni contenute nell’art. 3 del D.P.R. 380/2001:
- per "interventi di manutenzione straordinaria" si intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d'uso implicanti incremento del carico urbanistico (comma 1, lett. b);
- per "interventi di ristrutturazione edilizia" si intendono, invece, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti (comma 1, lett. d).
Tra gli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche - assoggettati a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, D.P.R. 380/2001 - quelli che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici.

Da tali disposizioni discende che ciò che contraddistingue la manutenzione straordinaria rispetto alla ristrutturazione edilizia è il fatto che, mentre la prima ha una finalità meramente conservativa riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell’edificio lasciandone inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della superficie, la seconda, invece, determina un'alterazione dell'originaria fisionomia e/o della consistenza fisica dell’immobile.

In particolare, appare incompatibile con il concetto di manutenzione straordinaria la realizzazione di un intervento di ampliamento di un immobile, comportando questo una inevitabile alterazione della volumetria complessiva dell’edificio, in contrasto con la definizione di cui al citato art. 3, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b).
E così, ad esempio, è stato ritenuto dalla giurisprudenza:
- che l'ampliamento di un balcone di circa 50 centimetri in larghezza per l'intera lunghezza di 4 metri, con la conseguente realizzazione di una maggiore superficie di 2 metri quadrati, eccede i limiti della manutenzione straordinaria. Ciò in quanto l'intervento non è diretto ad una mera finalità conservativa, riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell'edificio, ma comporta la formazione di ulteriore superficie utile, all'esterno del volume del fabbricato, rispetto a quanto previsto dal titolo (TAR Lombardia-Milano 06/09/2018, n. 2049);
- affinché si configuri un intervento di ristrutturazione è sufficiente che si possa apprezzare una differenza qualitativa tra il vecchio ed il nuovo edificio, non essendo invece necessario che cambi la destinazione dei locali, né che vi siano incrementi di volume o di superficie (TAR Lombardia-Brescia 06/05/2014, n. 468).

Ne consegue che l’ampliamento dell’edificio preesistente (nel caso di specie per mc 66,96, pari all’8,70% del volume complessivo) basta a qualificare l’intero intervento come ristrutturazione edilizia, essendo l’aumento di volumetria incompatibile con il concetto di manutenzione straordinaria.

Nella fattispecie, peraltro, l’intervento era consistito in un insieme sistematico di opere che aveva portato “ad un organismo edilizio diverso dal precedente”, determinando un risultato assai lontano dalla funzione meramente conservativa propria della manutenzione straordinaria, e rientrante pienamente, per converso, nella definizione di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 del T.U.E., comma 1, lett. d).

FRAZIONAMENTO DELL’INTERVENTO EDILIZIO - Con riferimento alla richiesta di frazionamento dell’intervento, distinguendo la parte qualificabile come manutenzione straordinaria (non soggetta a contribuzione) da quella relativa all’ampliamento, qualificabile come ristrutturazione (soggetta, questa sola, a contribuzione), il TAR ha chiarito che tale pretesa è contraria a consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui al fine di valutare l'incidenza sull'assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale delle opere medesime, atteso che la considerazione “atomistica” dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l'impatto effettivo; pertanto, i molteplici interventi eseguiti non vanno considerati in maniera “frazionata” e, al contrario, debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato, solo così potendosi comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l'effettiva portata dell'operazione (C. Cass. pen. 21/04/2015, n. 16622; vedi anche C. Cass. pen. 14/10/2020, n. 28495; C. Cass. pen. 22/10/2020, n. 29323).

Dalla redazione