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08/05/2020

Condono edilizio e onere della prova dell’ultimazione dei lavori

Secondo il Consiglio di Stato l'onere della prova circa l'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria.

FATTISPECIE
Nel caso di specie era stata respinta una richiesta di condono edilizio in quanto, a seguito di un sopralluogo avvenuto nel 2007, risultava che i lavori da sanare erano stati realizzati in data posteriore al 31/03/2003. Il ricorrente sosteneva che alla data suddetta il manufatto oggetto della sanatoria, essendo già munito di copertura e tamponature perimetrali, dovesse ritenersi interamente terminato e che le opere realizzate successivamente configurassero solo delle “mere rifiniture”.

CONDONO EDILIZIO DEL 2003
L’art. 32, commi 25 del D.L. 30/09/2003, n. 269, conv. dalla L. 24/11/2003, n. 326, stabilisce che il condono previsto dall’art. 31 della L. 28/02/1985, n. 47 si applica, a determinate condizioni, anche alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31/03/2003. Ai sensi del comma 2 del citato art. 31, L. 47/1985, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente.

PRINCIPI ESPRESSI DAL CONSIGLIO DI STATO
In proposito il Consiglio di Stato, con la sentenza del 20/04/2020, n. 2524, ha affermato i seguenti principi:
- l'onere della prova circa l'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria, dal momento che solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto da sanare;
- tale prova dev’essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, dovendosi, tra l’altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate;
- in difetto di prova, l'Amministrazione ha il dovere di negare la sanatoria dell'abuso.

CONCLUSIONI
In conclusione i giudici hanno respinto il ricorso e confermato il diniego della sanatoria ritenendo che nel caso di specie tale rigorosa dimostrazione non fosse stata data, non avendo la parte appellante fornito alcun elemento probatorio atto ad attestare la veridicità delle proprie affermazioni.

PRECEDENTI SUL TEMA
In tema di onere della prova della collocazione temporale dell’abuso, il Consiglio di Stato ha recentemente chiarito che:
- l’onere di fornire la prova sulle condizioni (ad esempio l’epoca di realizzazione dei manufatti abusivi) e sulla consistenza dell’abuso grava sul richiedente la sanatoria, spettando invece all’Amministrazione il compito di controllare i dati forniti che, se non assistiti da attendibile consistenza, implicano la reiezione della relativa istanza (C. Stato 10/03/2020, n. 1727);
- quando le disposizioni sul condono edilizio prevedono che la data entro la quale deve essere stato realizzato l’abuso per essere ammesso il relativo beneficio vada ragguagliata a quella del “completamento funzionale” delle opere (come accade per il condono di cui all’art. 31, L. 47/1985, nel caso di opere interne o abusi perpetrati in edifici non destinati alla residenza), tale data va individuata nel momento dal quale è reso possibile lo svolgimento dell’attività (ad esempio produttiva) al quale le opere abusive erano destinate (C. Stato 09/03/2018, n. 1513).

Dalla redazione