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19/11/2019

Soglia di rilevanza minima delle difformità dal permesso di costruire non costituenti abuso

In tema di abusi edilizi per interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, il Consiglio di Stato ha ricordato che le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali non costituiscono illecito edilizio.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, gli abusi contestati consistevano nella realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di un manufatto in muratura avente dimensioni pari a m 10,50 x 9,40 x 5,00, in aderenza all’edificio centrale di un complesso industriale ubicato a Salerno.

In linea di fatto, oggetto della controversia era la difformità contestata fra il manufatto assentito dall’originaria concessione e quanto realizzato.

Il Consiglio di Stato ha rilevato che, come correttamente accertato dal Tar, la concessione edilizia originaria aveva per oggetto lavori di costruzione di tre tettoie nell’ambito di un’industria di Salerno. Negli atti allegati a corredo del progetto presentato, le tre tettoie menzionate figuravano contrassegnate, mentre il manufatto oggetto della presente controversia figurava meramente raffigurato nel prospetto, al pari di tante altre porzioni di immobile, e non era indicato nella relazione tecnica illustrativa quale manufatto oggetto di istanza, con la conseguente estraneità al titolo conseguentemente ottenuto.

L’appellante sosteneva, tra l’altro, che le difformità dal titolo abilitativo non costituivano abuso poiché rientravano nel limite del 2% previsto dall’art. 34, comma 2-ter, del D.P.R. 380/2001.

CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
In proposito, la Sent. C. Stato 17/10/2019, n. 7059 ha ricordato che l'assenza di una compiuta definizione della categoria dei lavori ed interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire ha indotto il legislatore a fissare una soglia di rilevanza minima delle variazioni non costituenti illecito edilizio, con l’introduzione dell’art. 34, comma 2-ter, del D.P.R. 380/2001, il quale ha ridotto il campo di applicazione dello stesso art. 34, del D.P.R. 380/2001. Tale soglia riguarda quegli scostamenti dai parametri autorizzati di misura talmente contenuta da non potere essere considerati un illecito edilizio, quali le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali.

Inoltre, la sentenza ha posto in rilievo l’inammissibilità del titolo edilizio implicito e ribadito che il giudizio di difformità dell'intervento edilizio rispetto al titolo abilitativo rilasciato, che costituisce il presupposto dell'irrogazione delle sanzioni, non è connotato da discrezionalità tecnica, ma integra un mero accertamento di fatto.

CONCLUSIONI
Il Consiglio di Stato ha poi rilevato che l'opera contestata consisteva in un manufatto di rilevanti dimensioni (m 10,50 x 9,40 = mq 98,70 x 5,00 = mc 493,50), dotato di autonomia funzionale, quale capannone suscettibile di autonomo e specifico utilizzo, realizzato in muratura e quindi non ipotizzabile in termini di precarietà.   

Pertanto, nel caso di specie, la rilevanza dimensionale ed autonoma dell’opera escludeva in radice l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 34, comma 2-ter del D.P.R. 380/2001, e appariva dunque priva di fondamento l’invocazione dell’appellante della natura di variazione essenziale nel rispetto della soglia del 2%.

 

Dalla redazione