1.1 ricorsi, principale e incidentali, proposti avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti.
1.1. Il ricorso principale è infondato.
1.2. Al rigetto del ricorso principale conseguono l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato di P.C. e il rigetto del ricorso di T.G..
2. All'esame del ricorso principale vanno premesse le considerazioni che seguono.
2.2. La disciplina codicistica della locazione di immobili urbani è stata integrata, negli ultimi decenni, da numerosi interventi di legislazione speciale, concernente in particolare i contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo.
2.3. La materia, come è noto, ha trovato una sua prima disciplina organica nella L. n. 392 del 1978, ispirata all'esigenza di realizzare un meccanismo di determinazione legale del contenuto del contratto - e, in particolare, del canone di locazione -, calcolato sulla base di una serie di parametri oggettivi.
2.3.1. Come pressoché unanimemente ritenuto dai commentatori della normativa, la scelta del legislatore, di forte stampo dirigistico, ha prodotto risultati estremamente negativi, causando gravi distorsioni del mercato delle abitazioni. I proprietari, - salvo far ricorso alla sistematica pressi dei c.d. affitti in nero - preferirono togliere dal mercato i propri appartamenti, ritenendo oltremodo antieconomico concederli in locazione ad un canone spesso irrisorio, assai lontano dal vero valore di mercato e con alti rischi di perdita della relativa disponibilità per lungo tempo.
2.3.2. Il fenomeno del ritiro del mercato delle locazioni di un considerevole numero di immobili rese così necessario un nuovo intervento del legislatore, dapprima timidamente derogatorio rispetto alla ratio sottesa alla L. del 1978 (il riferimento è al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 11, contenente la normativa dei c.d. "patti in deroga"), e poi del tutto speculare ad essa, a far data dalla L. n. 431 del 1998.
2.3.3. Il primo intervento, del 1992, consentì, nei contratti di locazione ad uso abitativo, la libera pattuizione del corrispettivo, bilanciata da un sostanziale raddoppio della durata del contratto, mentre tutti gli altri aspetti del rapporto contrattuale continuarono ad essere regolati dalla precedente disciplina.
2.4. La L. n. 431 del 1998 ha reso definitiva la scelta del legislatore di abbandonare definitivamente l'idea del canone "equo" imposto per legge, e di fronteggiare, eliminandolo in radice, il fenomeno del c.d. "sommerso".
2.4.1. Venne così sancita in via definitiva la liberalizzazione del canone delle locazioni ad uso abitativo, bilanciata da una maggiore stabilità del rapporto contrattuale, con espressa previsione dell'obbligo della forma scritta e della registrazione del contratto.
2.4.2. I contratti che ricadono nell'ambito applicativo della legge sono le locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo che non abbiano ad oggetto beni vincolati o che non siano costruiti nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica o che non siano alloggi locati per finalità esclusivamente turistiche (art. 1).
2.4.3. La legge prevede due possibili modalità di contrattazione:
una prima, libera, una seconda strutturata secondo modelli-tipo, frutto di accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative (art. 2, comma 3).
2.5. Il legislatore detterà pochissime prescrizioni, limitandosi a richiedere la forma scritta e a disciplinare la durata del contratto, che varia a seconda si sia scelto il modello a forma libera oppure quello concordato tra associazioni. Nel primo caso, infatti, è prevista una durata minima di quattro anni rinnovabili per ulteriori quattro, mentre nel secondo la durata minima è di tre anni rinnovabili per altri due.
3. Con specifico riguardo al problema della forma negoziale dei contratti di locazione, va premesso come, nel nostro sistema codicistico, viga, secondo l'opinione dominante (peraltr