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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Realizzazione della mansarda, necessità del titolo edilizio
FATTISPECIE - Nella fattispecie la ricorrente contestava l’ordine di demolizione di alcune opere per le quali aveva presentato una SCIA tardiva con il pagamento della relativa sanzione amministrativa. Secondo la ricorrente si sarebbe trattato di un intervento di manutenzione della copertura del preesistente primo piano mansardato qualificabile come di risanamento conservativo o, al più, di ristrutturazione di un preesistente fabbricato, sanabile con SCIA postuma, e non come intervento di nuova costruzione realizzato in assenza di titolo edilizio, come invece sosteneva il Comune.
REALIZZAZIONE DELLA MANSARDA - In proposito C. Stato 15/01/2024, n. 488, ha ricordato che per giurisprudenza costante, la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso, mentre laddove esso sia stato totalmente trasformato, con conseguente creazione non solo di un apprezzabile aumento volumetrico (in rapporto al volume complessivo dell’intero fabbricato), ma anche di un disegno sagomale con connotati diversi da quelli della struttura originaria (allungamento delle falde del tetto, perdita degli originari abbaini, sopraelevazione della cassa scale, etc.), l’intervento rientra nella nozione di nuova costruzione (C. Stato 13/01/2021, n. 423).
Ne discende che la realizzazione di una mansarda a quota di piano primo di un fabbricato preesistente di 500 mq non può qualificarsi come ristrutturazione edilizia perché comporta la creazione di nuovi volumi.
Sulla base delle suesposte considerazioni i giudici hanno confermato la legittimità dell’ordinanza di demolizione poiché avente ad oggetto opere integranti una nuova costruzione per le quali è necessario il permesso di costruire.
GIUDICATO PENALE - Il Consiglio di Stato ha inoltre ritenuto irrilevante l’assoluzione in sede penale della ricorrente in ordine per il reato di cui all’art. 44, D.P.R. 380/2001, lett b), basata unicamente sulla mancata prova che l’imputato fosse proprietario dell’immobile o committente delle opere abusivamente realizzate.
NATURA VINCOLATA DELL’ORDINE DI DEMOLIZIONE - Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, è stato spiegato che la natura vincolata dell’ordine di demolizione determina l’infondatezza delle censure relative alla violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento e al difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico perseguito in comparazione con quello del privato.
Sotto il primo profilo, è stato ricordato che l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento, considerando che la partecipazione del privato al procedimento non potrebbe determinare alcun esito diverso.
Sotto il secondo profilo, è stato richiamato l’orientamento della giurisprudenza che ha costantemente rilevato che l’ordine di demolizione è atto vincolato e di carattere reale e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione.
Tali principi valgono anche nel caso in cui l’ordine di demolizione venga adottato a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, atteso che non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare (C. Stato Ad. Plen. 17/10/2017, n. 9).
La presenza del manufatto abusivo comporta, infatti, una lesione permanente ai valori tutelati dalla Costituzione e l’eventuale connivenza o la mancata conoscenza della loro esistenza da parte degli organi comunali non incide sul dovere di disporne la demolizione.