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19/11/2024

Condominio, definizione di cortile e presunzione di comproprietà

La Corte di Cassazione ha affermato che la presunzione di comproprietà del cortile dell'edificio può essere vinta solo da contrarie risultanze del titolo costitutivo del condominio.

Nel caso di specie si trattava di un cortile, in parte adibito a posti auto, di un condominio costituito con atto di donazione. Il condominio comprendeva alcune unità abitative e due negozi. Secondo la Corte d’Appello il cortile era in comproprietà di tutti i condomini. I proprietari delle unità residenziali invece sostenevano che il cortile fosse di loro esclusiva proprietà.

L’art. 1117 c.c., comma 1, n. 1) stabilisce che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo, tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate.

In proposito C. Cass. civ. 23/10/2024, n. 27481 ha richiamato la consolidata giurisprudenza secondo cui costituisce cortile, ai fini dell’elencazione nelle parti comuni dell’edificio eseguita dall’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, o che abbia anche la sola funzione di consentirne l’accesso.
D’altro lato, l’individuazione delle parti comuni di un condominio non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.
La presunzione di condominialità del cortile, destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, non può essere vinta dalla circostanza che a esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un solo condomino, in quanto l’utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all’edificio condominiale. Tale presunzione non è vincibile con qualsiasi prova contraria, ma può essere superata soltanto dalle opposte risultanze del titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali, dal quale deve risultare una chiara e univoca volontà di riservare esclusivamente a uno o più condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri.

Nella fattispecie la Corte territoriale aveva accertato che, nonostante vi fosse una parte coperta adibita a parcheggio, l’obiettiva destinazione primaria del cortile era quella di dare aria e luce a tutte le unità immobiliari e non solo alle unità adibite ad abitazione di proprietà dei ricorrenti.
In applicazione dei suesposti principi, al fine di escludere la presunzione ex art. 1117 c.c. di comunione pro indiviso del cortile, era necessario verificare se nel titolo costitutivo del condominio sussistesse chiara e univoca volontà di riservare esclusivamente alle unità immobiliari adibite ad abitazione la proprietà del cortile interno. Tale volontà era però stata esclusa dalla Corte d’Appello, valorizzando il dato che nell’atto di donazione era stato utilizzato il termine “cortile comune”.
In senso contrario non assumeva alcuna rilevanza la mancanza di un accesso diretto sull’area cortilizia, né il pregresso non utilizzo della medesima da parte dei proprietari dei negozi.

 

Dalla redazione