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Sent. C. Stato 05/06/2012, n. 3300

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SENTENZA NON DEFINITIVA

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FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia - Sede di Milano - ha deciso una articolata impugnazione, corredata da motivi aggiunti, proposta dalla odierna appellante Pulici Susanna, nella qualità di usufruttuaria di un immobile sito nel Comune di Merate, di pregio architettonico e ambientale, inserito in un contesto assoggettato a vincolo paesaggistico ex lege n. 1479/1939.

L’iniziativa giurisdizionale era volta ad avversare gli atti amministrativi sottesi ai lavori autorizzati su un immobile collocato di fronte alla sua proprietà e di particolare pregio storico, già esistente nel catasto teresiano, assoggettato alla disciplina di cui all’art 31 delle NTA del PRG, che disciplinava gli immobili di riconosciuto rilievo urbanistico-architettonico, storico-artistico, culturale e ambientale esterni al centro storico.

In particolare, la odierna appellante aveva avversato il permesso di costruire del 19.2.2008 prot. 0037373/06 per i lavori di demolizione e ricostruzione di edificio esistenti, l’autorizzazione paesaggistica del 18.6.2007 prot. 0037374/96, nonché quali atti presupposti e conseguenti il verbale del 14 dicembre 2006 n. 29 con cui la Commissione edilizia aveva espresso parere favorevole al rilascio della autorizzazione paesaggistica, la relazione del 14.12.2006 di esame dell’impatto paesistico 22.11.2006, il parere della Commissione edilizia 30.10.2008 n. 25 e la relazione ai sensi dell’art 81 L.R. 12/2005.

Erano state altresì proposte doglianze volte a censurare, sia in via derivata che in via autonoma, l’autorizzazione paesaggistica in variante del 2.2.2009 e il permesso di costruire in variante del 2.2.2009.

Con successivi motivi aggiunti l’odierna appellante - che medio tempore aveva inoltrato all’amministrazione comunale alcune diffide volte a stimolare l’ esercizio dei poteri di vigilanza edilizia - aveva impugnato le risposte fornitele dall’Amministrazione con le quali quest’ultima le aveva comunicato di volere attendere l’esito del giudizio già incoato prima di intraprendere eventuali iniziative repressive.

Il primo giudice, ha disatteso l’eccezione di difetto di interesse e carenza di legittimazione preliminarmente proposte dalle originarie parti resistenti affermando che la qualità di usufruttuaria rivestita dall’appellante le conferiva il potere di iniziativa giurisdizionale.

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DIRITTO

1. L’appello principale è infondato e merita di essere respinto nei termini di cui alla motivazione che segue nella parte in cui esso censura la statuizione di tardività del mezzo di primo grado rivolto avverso il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica rilasciate nel 2008 e nel 2007 e nella parte in cui censura la statuizione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado, laddove ripropone in via derivata le dette censure avverso la variante e l’autorizzazione paesaggistica rilasciata nel 2009, e laddove è volto ad avversare la variante e l’autorizzazione paesaggistica rilasciate nel 2009 sostenendone l’autonoma lesività per violazione al regime delle distanze mentre, per la restante parte, devono essere disposti incombenti istruttori.

Le censure incidentalmente riproposte dalle parti appellate devono essere respinte.

1.1. La prima questione da risolvere riposa nella statuizione di parziale inammissibilità del mezzo di primo grado a cagione della intempestività della proposizione dello stesso (il ricorso venne notificato soltanto il 25 febbraio 2009) laddove diretto ad avversare il permesso di costruire del 19.2.2008 prot. 0037373/06 per i lavori di demolizione e ricostruzione di edificio esistente, l’autorizzazione paesaggistica del 18.6.2007 prot. 0037374/96, e gli atti a questi sottesi.

1.2. Quanto a tale profilo, occorre tenere conto non soltanto delle deduzioni contenute nel gravame ma anche delle tesi sostenute in via incidentale dalle parti appellate, e volte (non solo a sostenere la tardività del gravame proposto ma, anche) a postulare il radicale difetto di legittimazione dell’ odierna appellante (il che implicherebbe la inammissibilità dell’intero ricorso di primo grado).

1.3. Il Collegio ritiene che, seppure necessitando di qualche puntualizzazione sotto il profilo motivazionale la sentenza resista alle avverse censure e che, avuto riguardo alla infondatezza delle eccezioni prospettate nei citati appelli incidentali, possa prescindersi dalla verifica della tempestività degli stessi (posta in dubbio da parte appellante nella memoria di replica in ultimo depositata).

1.4. Deve premettersi che la giurisprudenza amministrativa, muovendo dal tenore letterale dell’art. 11 del d.P.R. n. 380/2001, ha costantemente affermato che” ai fini del rilascio della concessione edilizia è necessaria una relazione qualificata a contenuto reale dell'istante con il bene, e cioè la qualità di proprietario, superficiario, affittuario di fondi rustici, usufruttuario dello stesso, anche se in formazione, non essendo sufficiente il solo rapporto obbligatorio, in quanto il diritto a costruire è una proiezione del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento che autorizzi a disporre un intervento costruttivo.”(Consiglio Stato, sez. IV, 08 giugno 2007, n. 3027);

“all'usufruttuario è comunque riconosciuta la legittimazione al rilascio del permesso di costruire dal momento che l'art. 11, d.P.R. n. 380 del 2001 individua tra i soggetti legittimati oltre al proprietario anche coloro che «abbiano titolo per richiederlo», sicché non vi è dubbio che tra gli aventi titolo rientri anche l'usufruttuario del bene, che, quale titolare di un diritto reale di godimento, gode di una relazione qualificata con il bene medesimo.”( T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 07 marzo 2011, n. 1318).

Costituisce altresì principio fondante in materia quello per cui “nel ricorso proposto avverso il permesso di costruire rilasciato al vicino la vicinitas è condizione necessaria, ma non sufficiente a radicare, ferma la legittimazione, l'interesse al ricorso, il quale richiede anche la dimostrazione del pregiudizio concreto alle facoltà dominicali del ricorrente.” (Consiglio Stato, sez. IV, 24 gennaio 2011, n. 485).

La dimostrata titolarità a chiedere ed ottenere la concessione edilizia su un fondo, da parte dell’usufruttuario, importa che lo stesso in via di principio sia legittimato a contestare la legittimità del permesso di costruire rilasciato al vicino, purché sussistano i presupposti della vicinitas e del concreto pregiudizio alle facoltà dominicali, che si è visto essere il proprium della legittimazione ad agire in subiecta materia.

Posto che nel caso di specie la vicinitas è certamente sussistente, ed il petitum proposto dall’appellante in primo grado era volto a censurare, tra l’altro, anche la violazione del regime delle distanze, appare al Collegio doveroso affermare che in via astratta fosse incontestabile la legittimazione ad agire dell’appellante.

Le appellate Ma.Pe e Parco Costruzioni escludono però la sussistenza della legittimazione ad agire dell’appellante alla stregua di una serie di argomentazioni.

1.4.1. Per un verso, infatti, a cagione della circostanza che l’atto di concessione dell’usufrutto non prevedeva la prestazione da parte dell’usufruttuario della garanzia, e della circostanza che il nudo proprietario (padre dell’appellante) rimase nel possesso dell’immobile, si sostiene via via che la donazione dell’usufrutto fosse stata simulata, nulla, etc. (e che pertanto, caduto il titolo legittimante ne discenda la carenza di legitimatio ad causam dell’appellante). Per altro verso, avuto riguardo alla circostanza che la stessa appellante non abitava nell’immobile, né di esso godeva, si perviene da parte delle appellate alla conclusione che la stessa, in concreto, non avesse titolo a dolersi della costruzione frontista realizzata.

1.4.2. Nessuna delle suindicate argomentazioni persuade il Collegio.

1.4.3. Quanto al primo gruppo di eccezioni, che per la loro intima connessione possono essere esaminate congiuntamente, ritiene il Collegio che esse debbano essere disattese alla stregua di una duplice emergenza processuale.

Da un canto, infatti, non risulta che le appellate abbiano intrapreso innanzi al Giudice civile competente, pur avendone in via teorica la possibilità (trattandosi di azioni a legittimazione non limitata, ma condizionata unicamente dalla positiva delibazione della sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante) le azioni di simulazione e nullità della donazione dell’usufrutto.

In carenza della proposizione nella sede ordinaria delle relative azioni, non ritiene il Collegio che possano essere introdotte nell’odierno giudizio tematiche che postulerebbero l’avvenuto positivo esperimento delle dette azioni.

Si rimarca in proposito che la giurisprudenza formatasi antecedentemente alla positiva introduzione nel sistema del codice del processo amministrativo (rilevante in quanto il mezzo di primo grado e la sentenza gravata sono antecedenti alla entrata in vigore del codice del processo amministrativo e financo l’atto di appello è stato proposto prima del 16 settembre 2010) ha costantemente ribadito che “ ai sensi dell'art. 8 l. 6 dicembre 1971 n. 1034 e dell'art. 28 t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, il giudice amministrativo, può accertare, in via incidentale, la sussistenza o meno di un diritto soggettivo, ai limitati fini della soluzione della vertenza ad esso demandata in via principale, ancorché sulla predetta questione di diritto sia pendente giudizio avanti al giudice ordinario, ma senza sconfinare nella risoluzione delle controversie, attenendosi alle risultanze dei contratti scritti, dei libri e registri immobiliari e delle sentenze che accertano o costituiscono diritti reali immobiliari senza poter conoscere di atti o fatti modificativi delle situazioni giuridiche, quali usucapione, prescrizioni acquisitive, devoluzioni ablative, manifestazioni atipiche della volontà contrattuale, ecc.” Consiglio Stato, sez. IV, 11 febbraio 2003, n. 736)

Si è detto, in particolare, che “i limiti all'accertamento incidentale effettuato - per quanto qui interessa - ai sensi dell'art. 8, l. Tar, non possono sconfinare nella vera e propria tutela dei diritti e consistere, quindi, nella soluzione di controversie riservate all'autorità giudiziaria ordinaria, con conseguente circoscrizione del sindacato giurisdizionale di cui trattasi al contenuto oggettivo degli atti, che siano fonte costitutiva o anche meramente ricognitiva di un diritto, senza che il sindacato stesso possa estendersi ad ulteriori atti o fatti modificativi delle situazioni giuridiche, come usucapioni, prescrizioni, devoluzioni o manifestazioni atipiche di volontà contrattuale.”(Consiglio Stato, sez. VI, 27 febbrai

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P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso in appello principale in epigrafe, lo respinge nei termini di cui alla motivazione che precede nella parte in cui esso censura la statuizione di tardività del mezzo di primo grado rivolto avverso il permesso di costruire e l’autorizz

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