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Sent. C. Giustizia UE 16/02/2012, n. C-182/10

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Valutazione dell’impatto ambientale di progetti — Nozione di «atto legislativo» — Valore e portata delle precisazioni fornite dalla Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus — Autorizzazione di un progetto in assenza di un’adeguata valutazione del suo impatto ambientale — Accesso alla giustizia in materia ambientale — Portata del diritto di ricorso — Direttiva «habitat» — Piano o progetto che pregiudica l’integrità del sito — Motivo imperativo di rilevante interesse pubblico.

1) Sebbene, ai fini dell’interpretazione degli articoli 2, paragrafo 2, e 9, paragrafo 4, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, conclusa il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, si possa prendere in considerazione la Guida all’applicazione di detta Convenzione, tuttavia detta Guida non ha alcuna forza vincolante ed è priva della portata normativa propria delle disposizioni della citata Convenzione.

2) L’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, devono essere interpretati nel senso che sono esclusi dai rispettivi ambiti di applicazione di tali disposizioni soltanto i progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo specifico, di modo che gli obiettivi delle citate disposizioni siano stati raggiunti tramite la procedura legislativa. Spetta al giudice nazionale verificare se tali due requisiti siano stati rispettati tenendo conto sia del contenuto dell’atto legislativo adottato sia di tutta la procedura legislativa che ha condotto alla sua adozione e, in particolare, degli atti preparatori e dei dibattiti parlamentari. Al riguardo, un atto legislativo che non faccia altro che «ratificare» puramente e semplicemente un atto amministrativo preesistente, limitandosi a constatare l’esistenza di motivi imperativi di interesse generale, senza il previo avvio di una procedura legislativa nel merito che consenta di rispettare detti requisiti, non può essere considerato un atto legislativo specifico ai sensi della citata disposizione e non è dunque sufficiente ad escludere un progetto dai rispettivi ambiti di applicazione di detta Convenzione e di detta direttiva, come modificata.

3) Gli articoli 3, paragrafo 9, e 9, paragrafi 2-4, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e l’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 2003/35/CE, devono essere interpretati nel senso che:

  • – qualora un progetto rientrante nell’ambito di applicazione di tali disposizioni sia adottato mediante un atto legislativo, la verifica del rispetto, da parte di quest’ultimo, dei requisiti stabiliti all’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva, come modificata, deve poter essere sottoposta, in base alle norme procedurali nazionali, ad un organo giurisdizionale o ad un organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, e
  • – nel caso in cui contro un simile atto non sia esperibile alcun ricorso della natura e della portata sopra rammentate, spetterebbe ad ogni organo giurisdizionale nazionale adito nell’ambito della sua competenza esercitare il controllo descritto al precedente trattino e trarne le eventuali conseguenze, disapplicando tale atto legislativo.

4) L’articolo 6, paragrafo 9, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, devono essere interpretati nel senso che non prescrivono che la decisione stessa contenga le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che essa era necessaria. Tuttavia, nell’ipotesi in cui una persona interessata lo chieda, l’autorità amministrativa competente ha l’obbligo di comunicarle i motivi per i quali tale decisione è stata assunta, ovvero le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata.

5) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere interpretato nel senso che non consente a un’autorità nazionale, sia pure legislativa, di autorizzare un piano o un progetto senza aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa.

6) L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CEE deve essere interpretato nel senso che la realizzazione di un’infrastruttura destinata ad ospitare un centro amministrativo non può, per principio, essere considerata un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, ai sensi di detta disposizione, idoneo a giustificare la realizzazione di un piano o di un progetto che pregiudica l’integrità del sito in causa.

Dalla redazione