Titolo modificato dall'art. 6, della L.R. 29/04/1996, n. 16; dall'art. 4, comma 1, della L.R. 24/02/1997, n. 18; dall'art. 3, comma 1, della L.R. 16/08/2001, n. 19; dall'art. 3, comma 2, della L.R. 04/10/2004, n. 18; dall’art. 34, comma 1, della L.R. 16/02/2015, n. 3; dall’art. 1, commi 2 e 3, della L.R. 30/12/2019, n. 43 e, successivamente, dall’art. 1, comma 1, della L.R. 17/06/2021, n. 11.

In seguito, l’art. 35, comma 1, della L.R. 30/11/2023, n. 19 ha abrogato la presente legge, a decorrere dal 01/01/2024, ad eccezione delle lettere g) e h) del comma 1 dell'articolo 3 e della lettera d) del comma 2 dell'articolo 5.

Il titolo così recitava:

TITOLO II - Strumenti della pianificazione territoriale

Capo I - Piano paesistico ambientale regionale

Articolo 8 - Contenuti del piano paesistico ambientale regionale

1. Il piano paesistico ambientale regionale (PPAR), sulla base dell'analisi dello stato fisico del territorio regionale e dei suoi usi, provvede alla ricognizione delle risorse umane, storiche, culturali, paesistiche, ambientali, naturalistiche e alla definizione delle condizioni e degli obiettivi per la loro tutela e valorizzazione.

2. Il piano in particolare:

a) individua le fondamentali tipologie territoriali per la conservazione dei caratteri essenziali del paesaggio marchigiano, con particolare riguardo alle zone montane, collinari, costiere, fluviali e agricole, nonché agli agglomerati storici;

b) individua i gradi di pericolosità geologica del territorio regionale;

c) individua le porzioni di territorio da sottoporre a speciale disciplina ai fini della difesa del suolo, della bonifica e trasformazione agraria, della conservazione e gestione dei boschi e delle foreste;

d) individua le zone di particolare interesse paesistico - ambientale, includendovi il complesso degli ambiti territoriali sottoposti al regime di tutela di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, risultante dai beni e dalle località incluse negli elenchi di cui all'articolo 2 della legge stessa, nonché dei beni e delle aree vincolati per effetto del quinto comma dell'articolo 82 del DPR 24 luglio 1977, n. 616, nel testo di cui all'articolo 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;

e) indica le aree di particolare importanza naturalistica per le caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, floristiche e faunistiche, da destinare alla costituzione di parchi regionali e riserve naturali o da delimitarsi ai sensi dell'articolo 7 della LR 30 dicembre 1974, n. 52.

3. Il piano paesistico ambientale regionale formula indirizzi e direttive per la formazione e la revisione degli strumenti di pianificazione territoriale e detta norme immediatamente vincolanti, indicando con riferimento a zone territoriali omogenee:

a) i criteri e i parametri per la valutazione e la graduazione dell'interesse paesistico;

b) le tipologie di trasformazione ed uso del territorio compatibili con la conservazione dei valori ambientali protetti;

c) i limiti e i rapporti che definiscono condizioni minime di compatibilità delle modifiche dei luoghi con il mantenimento dei fondamentali caratteri geomorfologici, botanico - vegetazionali, ecologici ed antropici esistenti;

d) le iniziative da promuovere e favorire per il conseguimento di obiettivi di valorizzazione rispondenti anche ad esigenze di sviluppo economico e sociale delle popolazioni residenti.

4. Il piano paesistico ambientale regionale assicura il conseguimento degli obiettivi stabiliti dall'articolo 1-bis della legge 431/1985.

5. Relativamente agli ambiti territoriali di cui alla lettera d) del comma 2, fermo il disposto del comma 3, i contenuti del piano paesistico ambientale regionale costituiscono direttive vincolanti per il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 7 della legge 1497/1939.

6. Il territorio compreso nell'area di Conero, delimitato dal decreto ministeriale 31 luglio 1985, pubblicato nel supplemento ordinario della gazzetta ufficiale dell'11 settembre 1985, n. 214, è oggetto di specifica considerazione e disciplina unitaria di dettaglio da parte di un piano paesistico, redatto ai sensi dell'articolo 2 della LR 23 aprile 1987, n. 21 concernente " Istituzione del parco regionale del Conero".

 

Articolo 9 - Elaborati del piano paesistico ambientale regionale

1. Il PPAR è costituito da:

a) la realizzazione sulle caratteristiche e sullo stato del territorio regionale, articolata in parti riferentesi ai principali fattori geofisici, botanico - vegetazionali, ecologici, antropici e culturali del paesaggio e dell'ambiente.

b) l'inventario sistematico dei vincoli di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 e alla legge 8 agosto 1985, n. 431, nonché degli altri vincoli aventi particolare rilevanza ambientale nel territorio della regione;

c) i parametri fondamentali per l'analisi valutativa delle incidenze paesistico - ambientali dei principali piani, programmi o progetti regionali di settore già approvati o in corso di approvazione;

d) la relazione conclusiva sugli obiettivi di tutela e valorizzazione del piano;

e) le disposizioni per l'attuazione del piano;

f) gli allegati tecnici, statistici e cartografici.

 

CAPO II - Piano di inquadramento territoriale

Articolo 10 - Contenuti del piano di inquadramento territoriale

1. Il piano di inquadramento territoriale (PIT) stabilisce le linee fondamentali di assetto del territorio, assicurando la compatibilità dei programmi e degli indirizzi di sviluppo economico con i contenuti del PPAR relativi alla tutela e valorizzazione delle risorse culturali, paesistiche, ambientali e naturalistiche.

2. A tale scopo il PIT:

a) formula il quadro di riferimento territoriale degli indirizzi e dei programmi regionali di sviluppo economico;

b) detta indirizzi generali per la pianificazione territoriale infraregionale e indirizzi specifici per i piani e programmi di interventi settoriali ed intersettoriali, di interesse regionale;

c) coordina e armonizza i piani, programmi e progetti di interventi infrastrutturali e di opere pubbliche a scala regionale di competenza di amministrazioni ed enti pubblici o di aziende o società a partecipazione pubblica o concessionarie di pubblici servizi.

d) individua i sistemi funzionali del territorio a scala regionale;

e) definisce gli elementi dell'armatura territoriale a scala regionale, quali le grandi strutture e linee di comunicazioni viarie, ferroviarie, marittime ed aree, i centri di interscambio modale di persone e merci, le strutture portuali, annonarie e distributive, gli impianti e le reti per l'energia e le telecomunicazioni, le sedi ed i centri tecnologici e di altra natura.

f) i requisiti ed i criteri per la localizzazione degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, in attuazione degli indirizzi regionali e del decreto del Ministro lavori pubblici del 9 maggio 2001 sui "requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante.

 

Articolo 11 - Elaborati del piano di inquadramento territoriale

1. Il PIT è costituito da:

a) la relazione generale che, sulla base della ricognizione ed analisi delle destinazioni e degli usi del territorio regionale, illustra le scelte e gli obiettivi del piano, indicando le priorità per il processo di pianificazione territoriale;

b) le disposizioni di attuazione del piano;

c) gli allegati tecnici.

 

CAPO III - Piani territoriali di coordinamento provinciali

Articolo 12 - Contenuti dei piani territoriali di coordinamento provinciali

1. I piani territoriali di coordinamento (PTC), nel rispetto del piano paesistico ambientale regionale (PPAR), del piano di inquadramento territoriale (PIT) e dei piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni ed integrazioni, determinano gli indirizzi generali di assetto del territorio provinciale ed in particolare indicano:

a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;

b) la localizzazione di massima delle opere pubbliche che comportano rilevanti trasformazioni territoriali delle maggiori infrastrutture pubbliche e private e delle principali linee di comunicazione;

c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica, idraulico - forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;

d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali;

e) l'indicazione dei tempi, delle priorità e delle misure di attuazione del piano territoriale di coordinamento, tra cui eventuali piani, programmi o progetti di scala intercomunale;

f) i criteri ai quali i comuni devono attenersi nel valutare i fabbisogni edilizi e nel determinare la quantità e la qualità delle aree necessarie per un ordinato sviluppo insediativo.

2. I PTC possono essere adottati e approvati dalle province anche in assenza di uno o più dei piani previsti nel comma 1.

 

CAPO IV - Effetti della pianificazione sovracomunale

Articolo 13 - Attuazione ed efficacia del PPAR, del PIT e dei PTC

1. All'attuazione del PPAR, del PIT e dei PTC concorrono e cooperano, nell'ambito delle rispettive competenze, la Regione, le province, le comunità montane e i comuni.

2. I soggetti pubblici partecipanti al governo del territorio regionale o alla sua utilizzazione conformano i loro atti agli indirizzi e alle direttive stabiliti dal PPAR, dal PIT e dai PTC Per i progetti e gli interventi di competenza di amministrazioni statali tali piani hanno valore vincolante nei limiti delle intese e degli accordi intervenuti, salva l'applicazione dell'articolo 81 del DPR 24 luglio 1977, n. 616. Sono immediatamente prevalenti sulle previsioni degli strumenti urbanistici le disposizioni indicate come tali dal PPAR e dai PTC nonché, fino all'entrata in vigore dei PTC di adeguamento, le disposizioni indicate come tali dal PIT.

3. Sono altresì immediatamente vincolanti per i privati le disposizioni a cui il PPAR e i PTC riconoscono espressamente tale efficacia.

4. Le province e i comuni adottano, per gli strumenti di pianificazione territoriale di rispettiva competenza, le varianti necessarie di adeguamento alle indicazioni dei piani medesime entro i termini stabiliti dal PPAR, dal PIT e dai PTC.

5. Decorsi inutilmente i termini di cui al comma 4, il presidente della giunta regionale, e il presidente della provincia per quanto concerne i piani regolatori generali, assegnano all'ente competente l'adozione della variante di adeguamento un termine non superiore a sei mesi. Rimasto inosservato anche questo termine, la giunta regionale o la provincia, nell'ambito delle rispettive competenze, esercitano i poteri sostitutivi.

6. Abrogato

7. Le concessioni edilizie rilasciate in contrasto con le disposizioni dei piani immediatamente prevalenti sulle previsioni di strumenti urbanistici, sono soggette ad annullamento ai sensi dell'articolo 27 della legge 1150/1942.

 

CAPO V - Piano regolatore generale

Articolo 14 - Strumenti urbanistici generali comunali

1. Gli strumenti urbanistici generali comunali sono costituiti esclusivamente dai piani regolatori generali ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni, secondo i contenuti e le procedure di cui alla presente legge.

2. I comuni sono tenuti ad adottare i piani regolatori generali in sostituzione dei vigenti programmi di fabbricazione e gli atti di adeguamento, dei propri strumenti urbanistici generali al PPAR entro un anno dalla consegna notificata al comune della cartografia scala 1: 2.000 da parte della Regione.

3. I comuni che procedono autonomamente alla formazione della predetta cartografia, effettuano gli adempimenti di cui al comma 2 entro il 10 febbraio 1993.

 

Articolo 15 - Contenuti del piano regolatore generale

1. Il piano regolatore generale indica essenzialmente:

a) la rete delle principali vie di comunicazione;

b) la divisione del territorio comunale nelle zone omogenee di cui all'articolo 19, evidenziando le scelte relative alle direttrici di espansione, alle previsioni di completamento, al recupero urbanistico - edilizio, alle zone agricole, alla localizzazione delle attrezzature pubbliche o di interesse pubblico ed alla tutela delle risorse ambientali;

c) la determinazione dei vincoli e delle caratteristiche costruttive generali da osservare in ciascuna zona, con particolare riguardo alle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;

d) le norme per l'attuazione del piano;

e) la previsione di massima delle spese occorrenti per l'attuazione degli interventi pubblici individuati dal piano, per i comuni non obbligati a dotarsi di PPA.

2. Il piano regolatore generale può individuare le aree ed i beni da assoggettare a vincoli preordinati alla espropriazione, oppure limitarsi a dettare al riguardo, in tutto o in parte, disposizioni di massima, rinviando al piano attuativo per i servizi di cui all'articolo 20 la loro specifica individuazione.

3. I comuni possono individuare le zone da assoggettare obbligatoriamente a piani attuativi o di recupero, con riferimento alle quali possono limitarsi a definire le destinazioni d'uso complessive, la distribuzione dei carichi insediativi e la dotazione degli standards di cui al decreto ministeriale 1444/1968 da osservarsi in ciascuna zona, rimettendo agli strumenti urbanistici attuativi le ulteriori prescrizioni.

4. I comuni possono inoltre individuare aree, anche in zone di espansione, dotate di progettazione urbanistica di dettaglio, almeno in scala 1: 500, ove è consentito l'intervento edilizio diretto nel rispetto degli standards previsti dal DM 1444/1968.

5. Le varianti al piano regolatore generale che non incidono sul suo dimensionamento globale e che, pur variando le destinazioni d'uso delle aree e comportando modificazioni alle relative norme tecniche di attuazione del piano, non modificano la distribuzione dei carichi insediativi e la dotazione degli standard di cui al decreto ministeriale 1444/1968 da osservarsi in ciascuna zona di cui al comma 3, sono approvate in via definitiva dalla giunta comunale ai sensi dell'articolo 30 della presente legge. I termini previsti dai commi 2 e 3 dell’articolo 30 sono ridotti rispettivamente a 20 giorni e 50 giorni.

 

Articolo 16 - Elaborati del piano regolatore generale

1. Il piano regolatore generale è composto da elaborati relativi allo stato di fatto ed elaborati di progetto.

2. Gli elaborati relativi allo stato di fatto comprendono:

a) la relazione con le analisi, anche ripartite per aree significative, concernenti la popolazione, l'occupazione e le attività produttive, le residenze, i servizi e le relative infrastrutture, i beni culturali ed ambientali, l'ambiente fisico, lo stato di dissesto idrogeologico, i vincoli esistenti, le attitudini colturali del territorio agricolo;

b) una cartografia dell'intero territorio comunale almeno in scala 1: 10.000 e, per tutte le aree urbanizzate, almeno in scala 1: 2.000, che rilevi: il tessuto urbano esistente; la viabilità ; le reti dei maggiori servizi tecnologici; le opere di urbanizzazione secondaria; lo stato del suolo; le zone meritevoli di particolare tutela. La cartografia è almeno in scala 1: 2.000 anche per i beni culturali ed ambientali extraurbani da sottoporre a tutela di dettaglio;

c) una cartografia tecnica, almeno in scala 1: 10.000, indicante le attitudini delle unità del terreno in relazione ai patrimoni botanico - vegetazionali, all'assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico, nonché ai processi geodinamici in atto, distinta in: carta botanico - vegetazionale; carta geologica; carta geomorfologica; carta idrogeologica. A tale cartografia vanno uniti gli elaborati cartografici, almeno in scala: 1: 10.000, a corredo delle indagini svolte in relazione alla pericolosità geologica, alla vulnerabilità delle risorse ambientali, alle caratteristiche sismiche locali.

3. Gli elaborati di progetto comprendono:

a) una relazione che, in corrispondenza ai contenuti del PPAR, del PIT e del PTC, indica gli obiettivi del piano regolatore generale con la quantificazione dei fabbisogni abitativi, delle infrastrutture e dei servizi relativi all'arco temporale di riferimento, le soluzioni previste, i criteri adottati e gli interventi prescelti, le verifiche analitiche e sintetiche degli standards di cui al decreto ministeriale 1444/1968, la graduazione nel tempo dei programmi attuativi e le priorità;

b) una cartografia dell'intero territorio comunale almeno in scala 1: 10.000 e, per tutte le aree urbanizzate, almeno in scala 1: 12.000, che rilevi:

b1) le prescrizioni ed i vincoli del PPAR, del PIT e del PTC;

b2) la suddivisione dell'intero territorio comunale nelle zone omogenee di cui all'articolo 19;

b3) la eventuale delimitazione delle aree da disciplinare con gli strumenti urbanistici attuativi di cui al precedente comma 3 dell'articolo 15;

b4) le zone da sottoporre a particolari vincoli ai fini della difesa del suolo e del relativo sistema idrogeologico e forestale;

b5) le aree riservate ad edifici pubblici o di uso pubblico, nonché ad opere o impianti di interesse collettivo;

b6) le aree da riservare alle vie di comunicazione e compatibilmente con le caratteristiche orografiche del territorio e delle limitate dimensioni del centro abitato quelle destinate alle piste ciclabili e ai percorsi pedonali;

b7) il tracciato di massima delle reti tecnologiche e l'indicazione degli eventuali piano o programmi di settore;

c) una cartografia almeno in scala 1: 2.000 che rilevi le forme di tutela degli edifici e delle aree aventi valore culturale ed ambientale in relazione ai tipi di intervento previsti;

d) le norme tecniche di attuazione, fatte salve quelle già contenute nel regolamento edilizio comunale, con particolare riferimento a quelle che, nell'ambito della tutela di singole zone e delle loro destinazioni, stabiliscono gli interventi ammessi, la massima e minima densità edilizia, la percentuale di copertura ammissibile, gli allineamenti obbligatori, specificando i casi in cui è ammesso, oltre al recupero degli edifici esistenti, il loro completamento e la nuova edificazione;

e) ulteriori elaborati tecnici, cartografici e normativi, ritenuti necessari per la valutazione dei contenuti architettonici di determinati interventi su edifici o aree.

4. Allo scopo di coordinare gli interventi programmati nel proprio territorio dagli enti pubblici, la provincia provvede annualmente a richiedere agli stessi i programmi ed i progetti e trasmette i dati alla Regione, ai comuni e alle comunità montane interessati.

5. La giunta provvede alla realizzazione delle cartografie in scala: 1.10.000 e 1: 2.000 per le finalità previste dal comma 3. Tali cartografie sono consegnate gratuitamente agli enti locali della Regione.

6. I comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti prevedono nei propri strumenti urbanistici generali o attuativi sedi unicamente destinate al traffico ciclistico, in modo da realizzare particolarmente all'interno dei centri abitati, una rete di percorsi ciclabili.

 

Articolo 17 - Procedimento semplificato

1. I comuni che intendono adottare varianti parziali al piano regolatore generale, relative ad aspetti settoriali delle trasformazioni territoriali ed urbane, che richiedano soltanto la predisposizione di alcuni degli elaborati previsti dai commi 2 e 3 dell'articolo 16, per la natura e l'entità degli interventi da essi disciplinati, inoltrano alla provincia competente per territorio una richiesta contenente:

a) una relazione sugli obiettivi che si intendono conseguire con la variante da adottare;

b) l'elenco degli elaborati ritenuti necessari al conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera a).

2. La provincia delibera sulla richiesta del comune entro sessanta giorni dal suo ricevimento accogliendola, modificandola o respingendola.

3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, la richiesta si intende respinta.

 

Articolo 18 - Calcolo del dimensionamento del piano regolatore generale e capacità insediativa teorica

1. Il piano regolatore generale deve prevedere:

a) una dotazione minima di superfici pubbliche o riservate alle attività collettive, a verde pubblico e a parcheggio, nelle diverse zone territoriali omogenee, in rapporto agli abitati ed alle attività insediate o insediabili;

b) i limiti minimi e massimi di densità edilizia territoriale e le distanze minime tra le costruzioni, dalle strade o dai manufatti pubblici o di uso pubblico nelle diverse zone territoriali omogenee, nonché i limiti di altezza degli edifici.

2. Il calcolo del dimensionamento del piano regolatore generale avviene in base alla capacità insediativa teorica, che risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree previste dal piano stesso.

3. Per il calcolo della capacità insediativa teorica delle zone residenziali esistenti, per le quali il piano prevede il mantenimento dello stato di fatto, si assume come numero dei residenti il maggior valore tra quello corrispondente al 75% dei vani abitabili, al netto dei lotti inedificati, e quello corrispondente al numero dei residenti insediati al momento dell'adozione del piano, purché non si superi il rapporto di un abitante per vano. Non si computa l'incremento di volume teoricamente possibile per l'ampliamento fino al 20% degli edifici unifamiliari esistenti ai sensi della lettera d) dell'articolo 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

4. Per le aree in cui è prevista la nuova edificazione o la ricostruzione previa demolizione, la capacità insediativa teorica si calcola attribuendo ad ogni abitante da insediare mc. 120 di volume edificabile. Per le aree con destinazione d'uso turistica o turistico - residenziale, detta attribuzione è diminuita a mc. 80 per abitante.

5. Il volume da considerare per il calcolo del numero degli abitanti relativamente alle aree non comprese nelle zone di cui al comma 3, è pari al prodotto delle superfici edificabili di piano per il rispettivo indice di edificabilità fondiaria o territoriale.

 

Articolo 19 - Zone territoriali omogenee

1. Il piano regolatore generale individua le zone territoriali omogenee previste dall'articolo 2 del DM 1444/1968.

2. Il piano regolatore generale può prevedere, anche agli effetti dell'articolo 6 della LR 18 giugno 1986, n. 14, destinazioni d'uso compatibili in ambiti determinati delle singole zone territoriali omogenee. La dotazione complessiva degli standards di tali zone è determinata in base a quelli relativi alle diverse destinazioni d'uso.

3. Per gli interventi urbanistici o edilizi oggetto di convenzione con il comune, deve essere specificata nella convenzione stessa la percentuale massima di incidenza dei mutamenti ammissibili delle destinazioni d'uso, con la contestuale indicazione degli interventi per realizzare la corrispondente dotazione di standards.

4. Per le zone A e B la pianificazione deve essere rivolta: al recupero degli edifici esistenti ed alla riutilizzazione del patrimonio edilizio; al completamento delle opere di urbanizzazione.

5. Il dimensionamento delle zone C si determina detraendo dal fabbisogno complessivo degli interventi edilizi la quota da soddisfare con gli interventi di recupero dell'esistente e con le nuove costruzioni previste nelle zone edificate B.

6. Fatto salvo quanto previsto dal precedente articolo 15, comma 4, per le zone C l'intervento edilizio deve essere preceduto dall'approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, mentre le norme di attuazione del piano regolatore generale stabiliscono i criteri della progettazione, obbligando al rispetto del tessuto viario ed edilizio e dell'ambiente circostante, ponendo limiti di altezza e distanza fra edifici, individuando tipologie e destinazioni d'uso, nonché la dotazione degli standards.

 

Articolo 20 - Piano attuativo per i servizi

1. Con riferimento alle aree ed ai beni di cui al comma 2 dell'articolo 15, i comuni possono approvare un apposito piano attuativo per i servizi (PAS).

2. Tale piano, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni del piano regolatore generale, identifica le aree ed i beni da assoggettare ad esproprio e le relative destinazioni.

3. Il PAS è composto dai seguenti elaborati:

a) relazione sulle previsioni del PRG e sulla conformità ad esse del PAS, con previsione sommaria di spesa;

b) identificazione delle aree sulle planimetrie dello stesso PRG e su planimetrie catastali.

4. Il PAS può essere adottato dal consiglio comunale contestualmente all'adozione del PRG e, comunque, approvato definitivamente dopo l'entrata in vigore del PRG stesso.

5. Salvo quanto previsto dal comma 4, si applicano al PAS le norme che disciplinano i piani particolareggiati e, in particolare, quelle che ne regolano i procedimenti di approvazione e l'efficacia.

 

Articolo 21 - Spazi pubblici per parco, gioco, sport ed attrezzature generali. Distanze minime.

1. I piani regolatori generali e i piani attuativi per i servizi devono prevedere aree pubbliche distinte, in particolare, in aree per i parchi urbani, per il verde di vicinato, per lo sport e per il gioco.

2. La dimensione delle aree destinate a verde pubblico attrezzato o alla creazione di parchi urbani o al gioco o allo sport, deve essere tale da garantire la loro effettiva utilizzazione e rispettare inoltre le dotazioni obbligatorie in rapporto alle capacità insediative del piano.

3. Per la formazione di parchi urbani sono prescelte aree aventi, nell'ordine, le seguenti caratteristiche:

a) parco già formato;

b) facile accesso al pubblico e vicinanza al centro urbano;

c) prevalente assenza di colture agricole pregiate.

4. I piani regolatori generali devono prevedere che negli strumenti urbanistici attuativi concernenti zone residenziali di nuova formazione siano previsti specifici spazi per il verde pubblico nelle misura di almeno 3 mq per abitante da insediare. Detta dotazione è aggiuntiva rispetto alle dotazioni minime di cui alla lettera c) del secondo comma dell'articolo 3 del dm 1444/1968 ed in essa vanno ricomprese le aree destinate ad attrezzature sportive.

5. Per le distanze minime tra fabbricati si applica l'articolo 9 del DM 1444/1968. Sono fatte salve le maggiori distanze stabilite per le zone sismiche.

6. Minori distanze tra fabbricati e dalle strade sono ammesse nei casi di gruppi di edifici che formano oggetto di piani urbanistici attuativi planivolumetrici o per interventi puntuali disciplinati dal piano regolatore generale.

6-bis. In attuazione del comma 1-bis dell'articolo 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e ai fini dell'univoca applicazione del numero 2) del primo comma dell'articolo 8 del decreto ministeriale 1444/1968 i Comuni, ove non previsto dal piano regolatore vigente, definiscono, con apposito atto da assumere con le modalità dell'articolo 26, l'altezza massima dei nuovi edifici nella zona territoriale omogenea B), anche se altrimenti denominata.

6-ter. L'altezza massima degli edifici stabilita dai Comuni ai sensi del comma 6-bis è determinata in coerenza con l'altezza massima prevalente degli edifici preesistenti e circostanti, tenuto conto delle caratteristiche architettoniche, tipologiche e igienico-sanitarie esistenti in tali zone omogenee, o in loro parti perimetrate per tale finalità dall'atto assunto ai sensi del comma 6-bis.”

Dalla redazione