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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
FAST FIND
: GP10990
Sent. TAR. Veneto 13/11/2013, n. 1270
1. Obbligatoria la motivazione con cui viene respinto il condono. 2. Anche l'usufruttuario può ottenere il permesso di costruire. 3. Volumi tecnici: basta l'accertamento di compatibilità paesaggistica. 4. La Commissione edilizia non può chiedere di dimostrare che le opere siano volumi tecnici.
1. La motivazione del provvedimento amministrativo, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, è diretta a consentire al destinatario di ricostruire l'iter logico-giuridico in base al quale l'Amministrazione è pervenuta all'adozione dell'atto nonché le ragioni ad esso sottese; e ciò allo scopo di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato, nel rispetto di un obbligo da valutarsi caso per caso in relazione alla tipologia dell'atto considerato.
In caso di domanda di titolo abilitativo edilizio, poiché il presupposto per il rilascio dello stesso è la conformità del progetto agli strumenti urbanistici e alla normativa urbanistico-edilizia vigenti, il provvedimento di diniego, per essere legittimo, deve contenere una specifica esposizione delle ragioni di contrasto del progetto con le norme che regolano gli insediamenti sul territorio.
Il Comune ha l'obbligo di motivare il provvedimento di diniego del titolo concessorio in sanatoria specificando le reali ragioni ostative al suo rilascio; ragioni che non possono che essere il frutto di un’attività vincolata, consistente nella verifica della conformità o meno dell’intervento edilizio con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il permesso di costruire, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. n. 380 del 2001, può essere chiesto dal proprietario e da chi ne ha titolo. È peraltro pacifico che il diritto di usufrutto, in quanto ricomprende anche la possibilità di sfruttare pienamente la potenzialità edificatoria del suolo, costituisca titolo idoneo a legittimare la richiesta di permesso di costruire.
Di conseguenza l'interessato a richiedere il titolo abilitativo dei lavori assolve al proprio obbligo producendo l'atto di donazione quale titolo necessario per ottenere il permesso di costruire in sanatoria, dimostrando di avere la disponibilità dell’immobile interessato dall’intervento edificatorio e delle pertinenze dello stesso.
All’Amministrazione non è richiesta un’indagine (sulla ricorrenza di tale presupposto) che si estenda fino alla ricerca d’ufficio di eventuali elementi limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente (C. Stato V, 22 giugno 2000, n. 3525), ma solo la verifica dell’esistenza di un titolo sostanziale idoneo a costituire in capo a quest’ultimo il diritto di sfruttare la potenzialità edificatoria dell’immobile, senza che a tale allegazione debba seguire un’ulteriore indagine in ordine alle implicazioni, di diritto civilistico, derivanti dal rilascio del titolo autorizzativo, considerato anche che detto rilascio avviene sempre con la clausola di salvezza dei diritti dei terzi, proprio al fine di lasciare impregiudicate eventuali posizioni soggettive di terzi configgenti (C. Stato V, 4 febbraio 2004, n. 368).
3. I volumi tecnici sono esclusi dal divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria e sono pertanto suscettibili di accertamento della compatibilità paesaggistica.
La giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato ritiene che “la stessa ratio che in materia urbanistica induce ad escludere i volumi tecnici dal calcolo della volumetria edificabile vale ugualmente per escludere tali volumi dal divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, con la conseguenza che gli interventi che abbiano dato luogo alla realizzazione di soli volumi tecnici rientrano nell’eccezione di cui all’art. 167, comma 4, lett. a), del D. Leg.vo n. 42 del 2004 e sono pertanto suscettibili di accertamento della compatibilità paesaggistica” (T.A.R. Campania Napoli VII, 14 gennaio 2011, n. 176; T.A.R. Emilia Romagna Parma I, 15 settembre 2010, n. 435; T.A.R. Campania Napoli VII, 3 novembre 2009, n. 6827). Si ritiene, inoltre, che “..esulino dalla eccezione prevista dall'articolo 167, comma 4, lettera a), gli interventi che abbiano contestualmente determinato la realizzazione di nuove superfici utili e di nuovi volumi e che, di converso, siano suscettibili di accertamento della compatibilità paesistica anche i soppalchi, i volumi interrati ed i volumi tecnici atteso che i volumi tecnici, proprio in ragione dei caratteri che li contraddistinguono, trattandosi di opera priva di autonoma rilevanza urbanistico-funzionale che non risulta particolarmente pregiudizievole per il territorio, sono inidonei ad introdurre un impatto sul territorio eccedente la costruzione principale” (T.A.R. Puglia Bari III, 11 gennaio 2013, n. 35; T.A.R. Campania Napoli VII, 15 dicembre 2010, n. 27380). Pertanto, nel caso in esame, non sembra si possa dubitare dell’astratta sanabilità paesaggistica delle opere oggetto di causa ai sensi del D. Leg.vo n. 42 del 2004.
4. Illegittima la richiesta della Commissione edilizia di “dimostrare che le opere realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica non hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, al fine di poter accedere alla possibilità di regolarizzazione delle stesse sotto il profilo paesaggistico. Si rileva infatti che l’elevatore realizzato configurerebbe un incremento di volume ai fini urbanistici che, sebbene assentibile sotto il profilo edilizio-urbanistico ai sensi della L.R. 16/2007, non rientrerebbe nella fattispecie delle opere sanabili ai sensi del D. Leg.vo 42/2004”.
Tale richiesta è ingiustificata, essendo fondata su di una interpretazione delle norme in argomento non condivisibile.
Infatti, premesso che nella fattispecie oggetto di gravame è pacifico che l’intervento abusivo consiste in un “vano tecnico”, ciò che la Commissione edilizia sembra negare è che la realizzazione di un vano tecnico possa rientrare tra i cosiddetti “abusi minori” per i quali è ammissibile la relativa sanatoria ai sensi del combinato disposto degli artt. 146, comma 4 e 167, comma 4, del D. Leg.vo n. 42 del 2004.
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