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Sent. C. Stato 16/03/2012, n. 1488

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SENTENZA

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente sentenza

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FATTO

I - L’Associazione Comunità Islamica del Trentino Alto Adige ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensiva, la sentenza con la quale il T.R.G.A. di Trento, accogliendo il ricorso proposto dalla società Hotel Capitol del geom. Bort Giovanni S.a.s., ha dichiarato l’illegittimità di una D.I.A. presentata al Comune di Trento dalla società Music Center S.p.a. per la ristrutturazione di un immobile (poi acquistato dall’associazione istante) con cambio di destinazione d’uso da deposito a centro culturale religioso.

L’appello è stato affidato ai seguenti motivi:

1) violazione e in ogni caso erronea applicazione degli artt. 3, 4 e 21 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034 (in relazione alla inammissibilità dell’impugnativa di una D.I.A., trattandosi di atto privato e non di provvedimento);

2) violazione ed erronea applicazione degli artt. 66 e 69 delle N.T.A. del P.R.G. di Trento (in relazione all’avviso espresso dal T.R.G.A. secondo cui l’edificio realizzato configurerebbe una struttura religiosa, come tale incompatibile con la destinazione di zona);

3) violazione e in ogni caso erronea applicazione degli artt. 90 e 106 della legge provinciale 5 settembre 1991, nr. 22 (in relazione alla ritenuta insufficienza delle opere di urbanizzazione).

Si è costituita l’appellata Hotel Capitol S.a.s. la quale, oltre a replicare alle doglianze di parte appellante principale, assumendone l’infondatezza e chiedendone la reiezione, ha proposto appello incidentale riproponendo come segue le censure rimaste assorbite in primo grado:

i) violazione dell’art. 73 della l.p. nr. 22 del 1991; falsa applicazione dell’art. 24 delle N.T.A., difetto dei presupposti e d’istruttoria, erronea rappresentazione dei fatti, travisamento dei fatti (in relazione all’insufficienza dei parcheggi esistenti);

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DIRITTO

1. In via del tutto preliminare, va disposta la riunione degli appelli ai sensi dell’art. 98 cod. proc. amm., trattandosi di impugnazioni le quali, ancorché formalmente aventi a oggetto due sentenze diverse, concernono un’unica vicenda amministrativa e sono quindi palesemente connesse.

2. L’odierna appellante, Associazione Comunità Islamica del Trentino Alto Adige, ha per statuto quale propria finalità quella di operare per l’integrazione culturale e sociale degli immigrati di fede musulmana nel tessuto locale, costituendo pertanto punto di riferimento di una comunità islamica fra le più popolose sul territorio nazionale.

A causa dello svilupparsi e del diffondersi della sua attività, essa ha ritenuto necessario dotarsi di una sede più ampia di quella preesistente, e per questo ha stipulato un contratto preliminare di acquisto di un immobile sito in località Gardolo del Comune di Trento, adibito a deposito e appartenente alla società Music Center S.p.a.; quest’ultima ha nel frattempo presentato al Comune una D.I.A. (poi volturata a favore della Associazione istante a seguito del perfezionarsi della cessione) per mutamento di destinazione d’uso comportante la trasformazione del deposito in “centro culturale e religioso”.

Avverso l’attività edificatoria così avviata è insorta la società Hotel Capitol del geom. Bort Giovanni S.a.s., proprietaria di immobile limitrofo, con un ricorso che il T.R.G.A. di Trento ha accolto con la prima delle due sentenze qui appellate.

In estrema sintesi, il primo giudice ha ritenuto che le opere realizzate comportassero in realtà la trasformazione dell’edificio in luogo di culto, come evincibile dalla previsione in progetto di un’ampia sala (circa mq 220) nella quale era presente una nicchia (mihrab) orientata verso la Mecca, di modo che quella che formalmente era definita come “sala riunioni dedicata ai fedeli” era in realtà una Moschea; ciò che comportava l’assoggettamento dell’intervento all’art. 69 del vigente P.R.G., che ammette la realizzazione degli edifici di culto in zone a destinazione AR (“attrezzature religiose esclusi i conventi”), laddove l’area interessata dalla D.I.A. era normata ad “uso prevalentemente residenziale”.

Pur avendo proposto avverso la predetta sentenza l’appello oggi all’esame della Sezione, nel periodo successivo, dopo la reiezione dell’istanza cautelare contestualmente formulata, l’Associazione istante ha ritenuto di adeguare il progetto e le opere realizzate alle statuizioni del T.R.G.A.: pertanto, ha parzialmente demolito le opere ritenute incompatibili con la destinazione urbanistica dell’area mentre per la parte residua di quanto già realizzato ha chiesto e ottenuto dal Comune un’apposita sanatoria, procedendo poi a presentare una nuova D.I.A. con progetto opportunamente modificato (in particolare, la grande sala è stata eliminata, venendo frazionata in una pluralità di sale, così come è stato eliminato il mihrab).

Tuttavia anche questi nuovi atti sono stati oggetto di impugnazione, stavolta da parte di un gruppo di residenti, ed anche tale secondo ricorso è stato accolto: in questo caso il T.R.G.A., pur confermando il venir meno della natura di luogo di culto di quanto progettato e realizzato, ha però ritenuto che in ogni caso l’intervento ricadesse nella previsione dell’art. 69 delle N.T.A., che prescrive una specifica destinazione G (“servizi di quartiere”) per la realizzazione di “centri civici, culturali e ricreativi”, nei quali ricadrebbe l’immobile realizzato; di conseguenza neanche in questo caso si potrebbe fare riferimento ai “servizi alla residenza” ammessi dal precedente art. 36 nelle aree a destinazione residenziale.

Anche tale ulteriore sentenza è stata impugnata dalla Associazione istante, col secondo dei due appelli qui riuniti.

3. Tutto ciò premesso, va preliminarmente esaminata l’eccezione di improcedibilità del primo appello, per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dall’appellata Hotel Capitol S.a.s. con la propria memoria conclusionale; si assume, in sostanza, che la condotta della Associazione Comunità Islamica, la quale si è adeguata al decisum del primo giudice modificando il progetto dell’intervento e attivando una nuova sequenza procedimentale presso l’Amministrazione comunale, integrerebbe acquiescenza alla decisione di annullamento della prima D.I.A.

L’eccezione è infondata.

Al riguardo, è sufficiente richiamare la pacifica giurisprudenza per cui la spontanea esecuzione della pronuncia di primo grado di accoglimento di un petitum di annullamento, immediatamente esecutiva, non determina acquiescenza e non si configura come comportamento idoneo ad escludere la persistenza dell’interesse dell’appellante soccombente in primo grado alla reviviscenza degli atti stessi, che potranno dirsi definitivamente superati dai nuovi atti adottati dall’Amministrazione solo allorché le statuizioni della sentenza di primo grado siano a tal punto condivise e fatte proprie dall’Amministrazione stessa da configurare la conseguente attività da essa posta in essere non come mera esecuzione della sentenza medesima, ma come autonoma manifestazione del potere di autotutela all’Amministrazione pur sempre spettante in ordine ai suoi precedenti atti (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2011, nr. 6259; Cons. Stato, sez. VI, 8 luglio 2011, nr. 4100; Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2011, nr. 1757).

Nel caso di specie, non può affermarsi che l’Associazione appellante abbia implicitamente rinunciato al proprio appello per il solo fatto di non essersi limitata ad attendere l’esito dell’impugnazione proposta avverso la prima sentenza di annullamento, attivandosi invece medio tempore per rendere comunque utile e legittima l’attività edificatoria g

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P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), riuniti gli appelli in epigrafe, definitivamente pronunciando su di essi:

- respinge l’appello principale e l’appello incidentale del Comune d

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