Al fine di comprendere meglio la questione oggetto del presente parere è opportuno soffermarsi, sia pur succintamente, sui principi che governano le modalità di presentazione e valutazione delle offerte e sulle connesse finalità pubblicistiche perseguite dal legislatore.
La preminente esigenza di garantire l’affidamento delle commesse pubbliche a operatori economici affidabili, seri e quindi in grado di garantire l’esatta esecuzione delle prestazioni contrattuali ha imposto al legislatore la necessità di prevedere norme piuttosto articolate e rigide in materia di forma e contenuto delle offerte, di criteri di selezione e di verifica delle offerte anomale.
Tale complesso normativo è dominato da un evidente formalismo, imposto da pregnanti esigenze di certezza e trasparenza dell’agire amministrativo. Dall’altra parte l’operatore economico, per non veder lesa la sua possibilità di partecipazione deve poter fare affidamento su regole chiare e precise per la presentazione della propria offerta.
A questo formalismo, imposto dalle esigenze pubblicistiche appena menzionate, fa da contraltare il principio sostanzialistico del favor partecipationis che, agevolando la massima partecipazione nelle gare, è funzionale alla tutela della concorrenza e, al contempo, al conseguimento degli obiettivi di efficienza ed economicità dell’appalto pubblico.
L’esigenza di equo bilanciamento tra formalismo e sostanzialismo emerge chiaramente non solo da talune norme codicistiche (v., ad esempio, la disciplina del soccorso istruttorio e la tassatività delle cause di esclusione), ma anche dai prevalenti orientamenti della giurisprudenza amministrativa, secondo i quali una clausola dal significato dubbio dovrebbe essere interpretata secondo l’opzione che consente la più ampia partecipazione (cfr., in tal senso, CdS, Sez. V, Sent. 5 settembre 2011, n. 4981).
Ai fini della presente disamina, deve essere precisato che il Codice appalti non prevede nulla nel caso in cui un errore di scritturazione si materializzi in una difformità tra l’offerta indicata in lettere e la stessa indicata in cifre. Una indicazione in tal senso era presente solo nel Regolamento n. 207/2010 attuativo del d.lgs. n. 163/2006, il quale contemplava il principio della prevalenza dell’offerta indicata in lettere rispetto a quella indicata in cifre (art. 119, commi 2 e 3).
Ancorché siffatto principio fosse espresso solo con esplicito riferimento alla ‘procedura ristretta aggiudicata con il metodo dell’offerta a prezzi unitari’, esso viene elevato, dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2015 (peraltro richiamata dalla Gi.Ca.Ro. a fondamento delle proprie tesi), a norma di chiusura da estendere all’intero settore degli appalti pubblici; mentre l’ambito applicativo dell’art. 72 R.D. n. 827/1924 (che, sempre in caso di discordanza, detta il diverso principio della prevalenza dell’offerta più vantaggiosa per l’Amministrazione), ancora vigente, è stato ritenuto circoscritto alle ipotesi non ricomprese nel Codice appalti in cui si rende necessario valorizzare l’interesse economico dello Stato mettendo in secondo piano quelli degli operatori economici (cosicché, tale disposizione troverebbe ancora applicazione nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto la stipula di contr