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30/03/2021

Immobili condonati e agibilità: chiarimenti del Consiglio di Stato

In tema di agibilità di immobili condonati, il Consiglio di Stato ha definito i limiti della deroga dei requisiti prevista dall’art. 35 della L. 47/1985.

FATTISPECIE - Il ricorrente contestava il provvedimento di annullamento in autotutela del silenzio assenso formatosi sull’autocertificazione di agibilità (vedi La certificazione di agibilità degli edifici) depositata dal tecnico incaricato in relazione all’accoglimento di un’istanza di condono edilizio. L’annullamento era motivato dall’inosservanza dell’altezza interna minima di 2,70 m. stabilita dal D.M. 05/07/1975, dei locali destinati ad abitazione derivanti dalla fusione di due precedenti garage.
Il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 35, L. 47/1985, nonché dell’art. 21-nonies, L. 241/1990 per superamento del termine di 18 mesi previsto per l’annullamento in autotutela.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 26/03/2021, n. 2575 ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.

DEROGHE AI REQUISITI - Ai sensi dell’art. 35, L. 47/1985, a seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità (di cui alla lett. b) del comma 3) e di prevenzione degli incendi e degli infortuni.
La norma è ordinariamente interpretata - anche sulla base della pronuncia della Corte Costituzionale 18/07/1996, n. 256 - nel senso che l’agibilità di un fabbricato, conseguente all'accoglimento del condono edilizio, può legittimamente avvenire in deroga solo a norme regolamentari e non anche alle condizioni di salubrità dell'immobile, invece richieste da norme di livello primario (eventualmente integrate da norme di fonte secondaria), in quanto il carattere eccezionale e derogatorio della disciplina del condono edilizio non ne consente alcun ampliamento in sede interpretativa e, soprattutto, non permette interpretazioni che avrebbero riflessi sul piano della legittimità costituzionale, perché incidenti sul fondamentale principio della tutela della salute (art. 32, Cost.).

Deve pertanto escludersi:
- che l’art. 35, L. 47/1985 contenga una deroga generale e indiscriminata alle norme che presidiano i requisiti di abitabilità degli edifici;
- la configurabilità di un’automatica corrispondenza tra condono ed abitabilità.

Ciò posto, il Consiglio di Stato ha affermato che le norme sulle altezze, pur essendo dettate dal D.M. 05/07/1975 avente natura regolamentare, tuttavia costituiscono diretta attuazione degli artt. 218 e 221, R.D. 27/07/1934, n. 1265 (TU leggi sanitarie). Il carattere formalmente secondario della fonte non toglie che le disposizioni da essa dettate attengano direttamente alla salubrità e vivibilità degli ambienti, ossia a condizioni tutelate direttamente da norme primarie e costituzionali di cui le prime siano chiamate a integrare e attuare il precetto generale.
In questi casi, la norma secondaria concretizza il generico imperativo della norma primaria, sostanziandone il contenuto minimo inderogabile in funzione della tutela della salute e sicurezza degli ambienti, con la conseguenza che la verifica dell’abitabilità non può prescinderne.

TERMINE PER L’ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA - Per quanto concerne l’altro motivo di ricorso, è stato ricordato che per consolidato orientamento giurisprudenziale il limite temporale dei 18 mesi per l’esercizio del potere di autotutela, introdotto dall'art. 21-nonies, L. 241/1990, in ossequio al principio del legittimo affidamento con riguardo alla posizione di colui che abbia ottenuto un atto ad esso favorevole (nella specie, formatosi per silenzio-assenso), trova applicazione solo se il comportamento della parte interessata, nel corso del procedimento di formazione dell’atto, non abbia indotto in errore l’amministrazione distorcendo la realtà fattuale oppure determinando una non veritiera percezione della realtà o della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge e se tale comportamento abbia contribuito in modo determinante alla formazione dell’atto favorevole.
Secondo i giudici, implicando la dichiarazione di abitabilità/agibilità l’attestazione della conformità anche con le norme igienico-sanitarie, nella specie la dichiarazione del tecnico incaricato si palesava in parte qua, non conforme al vero, attesa la comprovata altezza interna dei locali ampiamente inferiore a quella prescritta dal D.M. 05/07/1975, con la conseguente inconfigurabilità della dedotta violazione del citato art. 21-nonies, L. 241/1990.

Dalla redazione