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10/03/2023

Immobili da costruire, validità del preliminare senza fideiussione a lavori ultimati

In tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire, la Corte di Cassazione ha affermato che il promissario acquirente non può chiedere la nullità del contratto preliminare per mancato rilascio della garanzia fideiussoria dopo l'ultimazione dei lavori.

Secondo C. Cass. civ. 08/02/2023, n. 3817, la fideiussione tutela il compratore in caso di fallimento del costruttore mentre i lavori sono ancora in corso. Quando l’opera è terminata non sussiste più un l’interesse ad agire per la nullità del contratto preliminare e la eventuale domanda integra una violazione della buona fede contrattuale. La protezione dell'acquirente si esaurisce dunque nel momento in cui l’immobile è ultimato e non si estende fino al trasferimento della proprietà.

FATTISPECIE - Nel caso di specie i promissari acquirenti avevano ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell’impresa costruttrice per la restituzione delle somme da essi versate in forza del contratto preliminare di vendita avente ad oggetto un immobile da costruire, di cui denunciavano la nullità per omessa consegna della fideiussione di cui all’art. 2 del D. Leg.vo 122/2005. Il costruttore si opponeva all’ingiunzione di pagamento adducendo che nel momento in cui era stata eccepita la nullità del contratto preliminare (dopo circa due anni dalla stipula) era già stato rilasciato il permesso di costruire e l’immobile era stato ultimato. Inoltre risultava successivamente ottenuta anche l’agibilità.
La Corte territoriale aveva confermato il decreto, sostenendo che la garanzia si estenderebbe sino al momento del trasferimento immobiliare e che la tutela sarebbe riconosciuta anche nel periodo intercorrente tra l’ultimazione dell’opera e il passaggio di proprietà.

OBBLIGO DELLA GARANZIA - In proposito i giudici di legittimità hanno ricordato che ai sensi dell’art. 2, comma 2, D. Leg.vo 122/2005 il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall'acquirentea consegnare all'acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e deve ancora riscuotere dall'acquirente prima del trasferimento dell’immobile, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto.
La Corte ha chiarito che la norma trova applicazione ai soli preliminari di vendita (e agli atti di acquisto) aventi ad oggetto gli immobili da costruire, intendendosi per tali gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata, versando in uno stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità (art. 1, D. Leg.vo 122/2005, lett. d).
La disposizione non si applica invece alle promesse di vendita di immobili “sulla carta” e cioè nel caso in cui il preliminare sia stipulato prima che sia stato richiesto il permesso di costruire.
È stato inoltre precisato che la norma non riguarda le ristrutturazioni minori, cioè senza demolizioni, ricostruzioni o sostituzioni di elementi dell’edificio e senza alterazione di volumetria e superficie, non potendosi, in tali ipotesi, ritenere che venga realizzato un immobile nuovo e diverso rispetto a quello preesistente (C. Cass. civ. 26/08/2020, n. 17812).

TUTELA DELL’ACQUIRENTE - Ciò posto, è stato evidenziato che la nullità prevista da tale norma mira a proteggere il contraente “debole”, ossia la persona fisica che riveste la qualità di promissario acquirente, garantendo la restituzione delle somme anticipate allorché subentri una situazione di crisi del promittente alienante. In altri termini serve ad evitare che l’acquirente, una volta stipulato il contratto preliminare e dopo aver versato al costruttore la caparra, possa perdere quanto erogato, trovandosi in grave difficoltà nel far valere le azioni esecutive e concorsuali sull’immobile (aggredito dai creditori alla stregua di detto stato di crisi), la cui realizzazione si sia interrotta in ragione dell’insolvenza del costruttore.

In considerazione delle finalità di protezione della norma, la Corte di Cassazione ha ritenuto che sia necessario effettuare una comparazione tra il mezzo accordato e lo scopo che lo stesso è diretto a perseguire quando l’interesse protetto dalla norma non sia più esposto ad alcun pregiudizio. In tale caso lo strumento di nullità del preliminare risulterebbe funzionale, non già ad attuare il fine di protezione perseguito dalla legge, ma il diverso fine di sciogliere il contraente da un contratto che non reputa più conveniente o di aggirare surrettiziamente gli strumenti di reazione che l’ordinamento specificamente appronta avverso le condotte di inadempimento della controparte.
A questo fine assume una valenza dirimente, non già il momento storico in cui si realizza l’effetto traslativo, bensì il frangente temporale in cui l’opera è ultimata, posto che la normativa di settore non è indirizzata ad assicurare la solvenza del promittente alienante in termini avulsi dal contesto in cui la promessa si è perfezionata.

Ed infatti, quando il cespite originariamente da costruire, oggetto del preliminare di vendita, sia stato nelle more ultimato, il promissario acquirente si viene a trovare in una situazione del tutto assimilabile, sebbene ex post, a quella del promissario acquirente che abbia stipulato, sin dall’inizio (ex ante), una promessa di vendita di un immobile già realizzato. Sicché questi corre gli analoghi rischi che affronta quest’ultimo, nel caso di sopravvenuto stato di crisi del promittente alienante sino al momento della stipulazione del definitivo.
Pertanto, sia stata o meno rilasciata la fideiussione, è indispensabile verificare se l’immobile oggetto del preliminare sia stato ultimato, perché, laddove ciò fosse, verrebbero meno le ragioni di “speciale” tutela in favore del soggetto debole, che non corre più il pericolo che la norma ha inteso scongiurare.

CONCLUSIONI E PRINCIPIO DI DIRITTO - A fronte di un fabbricato ultimato, non c’è ragione per sacrificare l’interesse del costruttore e quello della successiva circolazione immobiliare, dovendo dunque respingersi tutte le domande di nullità che camuffano, in realtà, un “recesso di pentimento”, il cui esercizio è palesemente lesivo della clausola di buona fede oggettiva. In tal caso l’esercizio dell’azione di nullità è precluso dalla mancanza di interesse ad agire del promissario acquirente in quanto la situazione giuridica successiva al completamento dell’opera non è più lesiva ma equa: il bene è venuto ad esistenza, sicché le parti possono concludere un comune contratto definitivo di compravendita.

In conclusione la Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso, ha affermato il seguente principio di diritto:
La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria ex art. 2 del D. Leg.vo 122/2005, non può essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorché essa sia proposta dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame”.

Dalla redazione