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03/09/2021

Ritardo nel rilascio del permesso di costruire e risarcimento dei danni

Il Consiglio di Stato chiarisce che, ai fini della quantificazione del risarcimento del danno dovuto al ritardo del Comune nel rilascio del permesso di costruire, è necessario provare i danni sofferti con elementi di fatto in relazione alle singole voci contestate.

Nel caso di specie il ricorrente aveva contestato in primo grado il diniego del permesso di costruire opposto dal Comune per la non conformità delle opere alla normativa sopravvenuta. Il TAR accoglieva il ricorso e il Comune rilasciava il titolo abilitativo, il tutto con un ritardo di oltre due anni. Il risarcimento del danno riconosciuto dal TAR però era largamente inferiore alla somma richiesta dal ricorrente, che lamentava:
- il rincaro dei costi di costruzione, alla ripresa dell’esecuzione delle opere;
- la mancata concessione in locazione a terzi dei ponteggi e della gru;
- i maggiori interessi passivi;
- il mancato utile derivante dalla proficua utilizzazione dell’immobile.

Il C. Stato 18/08/2021, n. 5928 ha confermato la quantificazione decisa dal TAR, chiarendo che, ai sensi degli artt. 2697 c.c. e dell'art. 64, D. Leg.vo 104/2010 (Codice del processo amministrativo), al fine di un eventuale ricalcolo la ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova dei danni sofferti in conseguenza del ritardo nell’esecuzione dei lavori, allegando le circostanze di fatto idonee ad evidenziare la prova delle voci di danno prospettate nella domanda di condanna del Comune, mentre tale onere non risultava affatto assolto dalla società appellante.
Nella fattispecie infatti:
- con riguardo al danno corrispondente al differenziale di costi sopportati dovuto ad un rincaro del 20% dei costi di costruzione delle materie prime nell’anno di ripresa dei lavori (2007) rispetto all’anno in cui i lavori erano stati illegittimamente sospesi (2004), la perizia di parte non era sufficiente a supplire la generica affermazione che l’incremento dei prezzi non sarebbe stato compensato da un correlativo aumento dei valori immobiliari;
- la società non aveva allegato né prodotto in giudizio il computo metrico estimativo dei lavori da cui desumere, alla stregua d’un minimo indice d’attendibilità oggettiva, l’effettiva variazione dei costi riferiti a ciascuna lavorazione;
- anche il maggior costo degli interessi passivi non era stato documentato, almeno nella misura quantificata dall’appellante;
- non risultava risarcibile il costo per lo smontaggio del ponteggio e della gru o per l’eventuale concessione in locazione a terzi, non indicati nominativamente, né individuati mediante un contratto di locazione.
Il Consiglio di Stato non ha ritenuto neanche risarcibile la voce di danno relativa alla perdita della possibilità di intraprendere e portare a termine un investimento immobiliare adeguato alla liquidità che la società avrebbe potuto ottenere in anticipo se i lavori non fossero stati illegittimamente sospesi. Sul punto i giudici hanno precisato che la perdita di un'occasione di guadagno, quale danno emergente deve fondarsi, ai sensi dell’art. 2056, comma 2, c.c., su circostanze di fatto concrete che possano essere equamente apprezzate dal giudice. Nel caso in esame invece la società appellante non aveva allegato e comprovato alcuna circostanza di fatto oggettiva (ad esempio: trattativa in corso con potenziali acquirenti, o soggetti comunque interessati all’utilizzazione produttiva del manufatto), né aveva allegato elementi di fatto sulla ragionevole probabilità di realizzare l’incremento patrimoniale secondo un criterio di normalità, limitandosi ad allegare lo scopo sociale perseguito ricomprendente la costruzione e vendita di immobili.

Dalla redazione