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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Tensostruttura: è necessario il permesso di costruire se si tratta di opera stabile
FATTISPECIE
Nel caso in esame, il Tribunale di Monza aveva accertato la responsabilità penale del committente per il reato edilizio di cui alla lett. b), dell’art. 44, comma 1, del D.P.R. 380/2001, per avere realizzato ed installato una “tensostruttura” in difetto del permesso di costruire.
Secondo quanto ricostruito dal giudice di merito, l'imputato, in assenza di permesso di costruire, aveva installato una "tensostruttura" che: a) era realizzata con tubolari in metallo ed aveva copertura con tendone plastificato retrattile; b) copriva una superficie di 30 metri per 9,30, con altezza variabile tra 2,40 metri e 3,85 metri; c) era addossata ed imbullonata alla parete esterna di un fabbricato nella parte superiore; d) era appoggiata a piantane metalliche nella parte inferiore, le quali, a loro volta, erano in attesa di essere stabilmente fissate su di una sottostante platea di cemento; e) necessitava dell'ancoraggio stabile al suolo e del fissaggio definitivo a parete per le sue "poderose" dimensioni; f) era funzionale allo svolgimento dell'attività di ristorazione esercitata nei contigui locali in muratura.
Il Tribunale aveva espressamente escluso, da un lato, che l'opera fosse riconducibile alla lett. e-bis), dell’art. 6, comma 1, del D.P.R. 380/2001 - anche dopo il D. Min. Infrastrutture e Trasp. 02/03/2018, il quale ha espressamente ricondotto nell'ambito della libera attività edilizia la costruzione di opere contingenti temporanee, in ordine alle quali sia stata effettuata rituale comunicazione di inizio lavori - e, dall'altro, che fossero applicabili l'esimente dell'ignoranza della legge penale, essendo l'imputato titolare di una ditta specializzata nella realizzazione di opere della medesima tipologia di quella accertata, o la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, per la poderosa struttura realizzata e per i precedenti penali dell'imputato, anche specifici.
L’imputato deduceva che il manufatto non aveva natura definitiva, perché non comportava utilizzo di laterizi, né chiusure di volumi, né pavimentazione specifica o servizi accessori, e, inoltre, era agevolmente smontabile, privo di pareti, coperto da materiale in tela gommata e retrattile. Sosteneva quindi che l'opera realizzata aveva natura non definitiva, era facilmente rimuovibile, e consisteva in una "tensostruttura", ossia in un manufatto espressamente indicato come oggetto di attività edilizia libera nel D. Min. Infrastrutture e Trasp. 02/03/2018.
CONSIDERAZIONI GIURIDICHE E CONCLUSIONI
Ai fini della soluzione della questione indicata, la Corte di Cassazione ha ritenuto che occorreva preliminarmente chiarire quale fosse il significato della previsione delle opere qualificabili come “tensostruttura” da parte del D. Min. Infrastrutture e Trasp. 02/03/2018 tra quelle oggetto di attività edilizia libera.
Secondo la Suprema Corte è ragionevole ritenere che le opere previste nelle tipologie elencate nel glossario si individuano non in astratto, ma solo se sussumibili nella categoria di intervento a cui le stesse appartengono, ossia in una delle categorie previste dalla legge. Del resto, deve considerarsi, da un lato, che un decreto ministeriale non può derogare a disposizioni di legge, salvo il caso di delegificazione espressa, e, dall'altro, che lo stesso glossario si cura di abbinare analiticamente le opere edilizie da esso previste alle categorie di intervento contemplate dall’art. 6 del D.P.R. 380/2001, come oggetto di attività edilizia libera.
In particolare, per quanto di specifico interesse in questa sede, il glossario prevede sì le "tensostrutture" come opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, ma in riferimento alla categoria di intervento di cui al D.P.R. 380/2001, art. 6, lett. e-bis) - formulata dal D. Leg.vo 25/11/2016, n. 222 - la quale si riferisce alle “opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale”.
Pertanto, le “tensostrutture” sono opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, senza necessità del preventivo rilascio del permesso di costruire, solo quando sono funzionali a soddisfare esigenze contingenti e temporanee e destinate ad essere immediatamente rimosse entro un termine non superiore ai 90 giorni.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata aveva evidenziato che la "tensostruttura", realizzata in difetto di permesso di costruire, aveva caratteristiche di stabilità e non di temporaneità o di transitorietà, in considerazione delle sue caratteristiche tipologiche e funzionali.
È irrilevante inoltre, ai fini del giudizio sulla temporaneità o stabilità della “tensostruttura”, la tipologia dei materiali utilizzati. Costituisce, infatti principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui, in materia edilizia, ai fini del riscontro del connotato della precarietà e della relativa esclusione della modifica dell'assetto del territorio, non sono rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l'agevole rimovibilità, ma le esigenze temporanee alle quali l'opera eventualmente assolva.
Sulla base di queste premesse, la Sent. C. Cass. pen. 17/09/2019, n. 38473 ha ritenuto corretta la conclusione secondo cui la "tensostruttura" in questione non è inquadrabile tra gli interventi di cui alla lett. e-bis), dell’art. 6, comma 1, del D.P.R. 380/2001, ma poteva essere realizzata solo dopo l'acquisizione del permesso di costruire; di conseguenza, è stata confermata la sussistenza del reato di cui alla lett. b), dell’art. 44, comma 1, del D.P.R. 380/2001.