Circ.Min. Interno 08/01/1996, n. 559

Nel corso del primo anno di applicazione del decreto legislativo 8-8-1994, n. 490, R contenente una nuova articolazione delle cautele antimafia, con speciale riguardo a quelle tendenti a neutralizzare i tentativi di infiltrazione mafiosa nei rapporti ad evidenza pubblica delle imprese, è stato possibile registrare, insieme al complessivo consenso per aver perseguito una linea di superamento degli oggettivi limiti delle cosiddette "certificazioni antimafia", anche fecondi stimoli di perfezionamento del sistema.

É stato segnalato, in particolare, il disagio di molte amministrazioni e dei soggetti incaricati delle funzioni istruttorie di fronte all'apparente paradosso costituito dal rilascio di comunicazioni formali di insussistenza delle interdizioni antimafia previste dall'art. 10 della legge n. 575 del 1965, che resta a base del sistema, fatto seguire dalla informazione, in via riservata, di più o meno precise controindicazioni circa la non completa affidabilità, sotto il profilo morale e penale, del soggetto interessato.

Onde evitare che il ripetersi di interventi ingiustificati e comunque improduttivi possa non soltanto interferire nelle ordinarie procedure che disciplinano i rapporti fra pubbliche amministrazioni ed utenti o contraenti privati e nel riparto delle relative responsabilità, ma addirittura provocare, fuori dalle espresse previsioni normative, conseguenze negative, non risarcibili, per le imprese o indebite comunicazioni di dati personali, censurabili anche alla luce dell'emananda normativa in materia, appare doveroso ricordare che, al di fuori delle "comunicazioni" previste dall'art. 2 del citato decreto legislativo n. 490/1994, l'ordinamento prevede due sole possibilità di ulteriore e più approfondito intervento informativo:

- quello disciplinato dall'art. 1-septies del decreto legge n. 629/1982 , inserito dalla legge 15-11-1988, n. 486, d'ora in avanti indicato come legge "Alto Commissario";

- quello recentemente definito dall'art. 4 del decreto le