Circ.Min. LL.PP. 01/12/1999, n. 12999 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Circ.Min. LL.PP. 01/12/1999, n. 12999

Concessioni abusive di derivazione di acqua
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[Premessa]



Giungono da più parti richieste di chiarimento in ordine alla applicazione delle ultime innovazioni normative in materia di concessioni di derivazione di acqua, specie con riguardo alla nuova disciplina delle concessioni esercitate senza titolo ed alla fissazione di nuove decorrenze per il pagamento dei relativi canoni demaniali.

1. Con l'art. 23, commi 4 e seguenti, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152,viene in primo luogo data una nuova formulazione all'art. 17 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, R soppresso il secondo comma dell'art. 54 del medesimo testo unico n. 1775/1933, e dettata una disciplina transitoria per far fronte agli effetti immediati della nuova normativa, volta come è noto a regolare la complessa fattispecie delle utenze di derivazione di acqua pubblica in atto senza il prescritto atto autorizzativo o concessorio da parte della pubblica amministrazione.

Per una migliore comprensione del nuovo assetto occorre in primo luogo procedere ad un suo corretto inquadramento, ricapitolando la relativa disciplina, così come si è andata evolvendo dopo l'entrata in vigore del testo unico delle acque del 1933.

L'art. 17 del cennato testo unico, nella sua originaria formulazione statuiva:

"Per le derivazioni ed utilizzazioni in tutto o in parte abusivamente in atto, l'utente che all'uopo diffidato, non presenti nel termine assegnatogli domanda di concessione in via di sanatoria o non firmi nel termine assegnatogli il discip

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Utenze relative a domande di riconoscimento o di concessione preferenziale (art. 2, lettere a) e b) e art. 4 testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775).

Ci si riferisce a quelle istanze, naturalmente relative ad utenze in esercizio, che, sebbene presentate nei termini previsti dalla vigente normativa

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Utenze il cui titolo a derivare sia scaduto e per le quali sia stata presentata nei termini domanda di rinnovo.

Parimenti escluse dalla applicazione della nuova normativa in materia di concessioni in sanatoria si ritiene debbano essere le utenze per le quali sia stata presentata domanda di rinnovo e il cui esercizio prosegua, con le stesse modalità previste dal titolo scaduto, in pendenza delle determinazioni della P.A. in ordine al rinnovo. Questo in quanto la posizione giuridica del richiedente il rinnovo, anche se non riconducibile ad un diritto soggettivo perfetto, è ugualmente tutelata dall'ordinamento in quanto la discrezionalità della P.A. nel rinnovare la concessione è molto meno ampia di quella che si esplica in sede di rilascio di nuove concessioni, dovendosi la P.A. limitare alla verifica delle condizioni imposte dalla legge per il rinnovo stesso. Anche in tale caso, quindi, la prosecuzione dell'utenza non potrà essere considerata abusiva in quanto, in mancanza di una diversa determinazione dell'autorità concedente, la titolarità da parte dell'utente di una posizione giuridica tutelata dall'ordinamento in ordine al rinnovo, sia pure subordinatamente alla ricorrenza delle condizioni richieste dalla legge, ne legittima la prosecuzione fino all'emanazione del decreto con il quale verrà disposta la continuazione o la cessazione dell'utenza.

Un'altra e più complessa questione si pone in ordine alla applicabilità della disciplina del comma 6 dell'art. 23 alle derivazioni in esercizio sine titulo, ma per le quali sia già stata presentata domanda di concessione in sanatoria prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 152/1999. Si pone il problema di chiarire se in questo caso l'interessato, per usufruire della deroga disposta dalla norma transitoria, debba produrre anche esso una nuova domanda di concessione in sanatoria nel termine semestrale fissato dalla norma o se sia sufficiente per ottenere tale effetto la domanda già a suo tempo presentata.

Dato il tenore letterale della norma, che sembra collegare in maniera diretta ed esclusiva la domanda in sanatoria presentata nel termine dei sei mesi con la possibilità di proseguire con l'utilizzo e vedersi irrogata una sanzione ridotta, appare necessario anche in tale caso che l'interessato presenti nel termine prescritto la domanda in sanatoria, che non sembra in nessun modo possa essere sostituita da domande sia pure "in sanatori

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