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Circ.CNN 22/10/1994, n. 3118

Nuovo condono edilizio e commerciabilita' del manufatto abusivo.
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[Premessa]

Il decreto-legge 26 luglio 1994, n. 468 ha riaperto il condono per gli abusi edilizi, operando un raccordo con la legge 47 del 1985, R caratterizzato in parte da un incastro a mosaico delle nuove disposizioni con la legge 47 predetta, in parte da una sovrapposizione delle nuove con le ve

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A) Nuovo condono edilizio

1. Sintesi della nuova disciplina. La nuova disciplina contenuta nel decreto-legge potrebbe essere focalizzata sulla base delle seguenti puntualizzazioni: l'abuso condonabile non può superare una certa dimensione; sono prestabiliti i tempi di realizzazione dell'abuso e i tempi di presentazione della domanda di condono; ai fini del condono occorre versare una somma a titolo di oblazione ed una somma a titolo di contributo per la concessione edilizia; le domande di condono non definite debbono essere uniformate alla nuova normativa con il versamento dell'oblazione non versata maggiorata, e del contributo di concessione; é previsto il silenzio-assenso con disciplina in parte diversa da quella stabilita nella legge 47/1985.R Va dato conto, partitamente, di ognuno di questi punti.

2. Dimensione dell'abuso condonabile. Deve trattarsi di un abuso edilizio di una certa dimensione: costruzione nuova non superiore a 750 metri cubi o ampliamento di vecchia costruzione non superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria (art. 1, primo comma). Evidentemente il nuovo legislatore non ha voluto favorire gli abusivismi speculativi ed ha politicamente ristretto la norma di favore (nella sostanza: riaprire i termini della legge 47 per l'abusivismo non condonato o realizzato successivamente ai termini stessi) all'abusivismo che ruota intorno alle primarie necessità abitative del cittadino di media dimensione economica. Va precisato che la legge 47 non stabiliva limiti di dimensione per gli abusi edilizi suscettibili di condono.

3. Tempi di realizzazione dell'abuso. Sono stabiliti al 31 dicembre 1993 (art. 1, primo comma). La norma va interpretata nel senso che la costruzione può essere iniziata in qualsiasi tempo, purché essa risulti ultimata entro il 31 dicembre 1993, intendendo per "ultimato" l'edificio a rustico completo di copertura (ex art. 31, secondo comma legge 47/1985). In questo modo viene chiarito che il condono richiesto attualmente, e realizzato con il versamento della duplice somma dell'oblazione e del contributo di concessione, come si vedrà più avanti, può riferirsi ad opere abusive realizzate sia sotto il vigore della legge 47/1985, Rsia successivamente ad essa.

In questo modo, va detto di passaggio, rientrano nella nuova disposizione anche gli abusivismi del c.d. "quarto periodo" o "quarta fascia" (cioé opere iniziate prima del 17 marzo 1985, data di entrata in vigore della legge 47/1985, ma non condonabili perché non ultimate entro il 1° ottobre 1983): si suggeriva in proposito, nella nota circolare bis del Consiglio nazionale del notariato sul condono edilizio, di applicare per analogia l'art. 17 della legge 47/1985. R

Va ricordato che la legge 47/1985 stabiliva, ai fini del completamento dell'opera da condonare, la data del 1° ottobre 1983.

4. Termine per la presentazione della domanda di condono. É stabilito, a pena di decadenza, al 15 dicembre 1994 (art. 1, quinto comma; é stata così sostituita la data del 31 ottobre 1994, indicata nel precedente decreto-legge).

Il termine del 15 dicembre 1994 va inteso come termine entro il quale chi ha commesso l'abuso edilizio deve chiedere di condonarlo, ripetesi a pena di decadenza dal condono. Il termine, cioé, si riferisce al soggetto interessato ai fini dell'attivazione della pratica di condono. Esso non riguarda minimamente la commerciabilità del bene, che segue la sua strada: nel senso che non può affermarsi (come qualcuno nella prima interpretazione ha ipotizzato) che detto termine off

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B) Precedente condono edilizio

1. Procedura di condono "ex-lege" 47 non definita. É questo il punto che ha destato le più ampie perplessità da parte dei primi commentatori del nuovo decreto-legge. Questo stabilisce che se l'oblazione prevista dalla legge 47 non é stata interamente corrisposta, la somma ancora dovuta va triplicata nella misura (art. 1, comma ottavo), "a pena d'improcedibilità della domanda"; ed aggiunge che le domande "non definite" debbono essere integrate dal versamento del contributo di concessione, ancorché calcolato in misura inferiore a quella prevista per il nuovo condono (art. 2, comma secondo). Il problema é il seguente: che cosa deve intendersi con l'espressione "domande non definite"?

É da escludere, in primo luogo, che questa espressione intenda significare soltanto un provvedimento di concessione edilizia formalmente rilasciato dal Comune, cioé un provvedimento formale in positivo. Se fosse questa l'esatta interpretazione, con essa si finirebbe per stravolgere completamente tutta la disciplina della legge 47/1985R fondata sul silenzio-assenso: cioé, proprio quando il decreto-legge stabilisce un silenzio-assenso dai termini più brevi, e proprio quando lo stesso decreto-legge converte il silenzio-rifiuto (stabilito dalla legge 47 per i vincoli) in silenzio-assenso, e quindi proprio quando il legislatore del 1994 appare in materia più aperto alle esigenze dei cittadini, si finirebbe, con la criticata interpretazione, per annullare del tutto il silenzio-assenso stabilito dalla legge 47. Con la seguente ulteriore riflessione: mentre resterebbe ferma la concessione edilizia positiva, caratterizzata dalla solerzia della pubblica amministrazione, il cittadino verrebbe ad essere penalizzato nelle sole ipotesi in cui la mancata emanazione del provvedimento concessorio é da attribuire all'inerzia della P.A.; in questo modo si finirebbe per punire il cittadino per un atteggiamento d'inerzia dell'autorità pubblica.

Pertanto é da ritenersi che l'espressione "domande non definite" debba intendersi come riferita sia alla procedura che non si é conclusa con provvedimento formale dell'Amministrazione, sia a quella che non si é conclusa con il silenzio-assenso. La giurisprudenza ha infatti chiarito che l'istituto del silenzio-assenso non modifica la sostanza del provvedimento concessorio, in quanto la concessione edilizia é sostanzialmente identica sia se conseguita mediante il silenzio-accoglimento sia se conseguita attraverso un provvedimento esplicito, sottolineandosi che il silenzio-assenso svolge la funzione di imprimere una accelerazione alla trattazione delle pratiche edilizie, evitando l'arbitrio delle amministrazioni locali competenti (TAR Veneto, 10 dicembre 1991, n. 1055, in Tribunali amministrativi regionali, 1992, I, 624). Tant'é che si afferma che, decorso il termine di realizzazione del silenzio-assenso, l'autorità comunale non possa più disporre un provvedimento tardivo, né in senso positivo (che sarebbe inutile, salvo la valenza di strumento ripetitivo ai fini della chiarezza documentale), né in senso negativo (che sarebbe in contrasto con lo strumento del silenzio-assenso già realizzato) (v. in questo senso Baralis-Marmocchi, "Silenzio-assenso e formalità negoziali nella legge 47/85", in Consiglio Nazionale del Notariato, Tre studi sul condono edilizio, 1988, pag. 31).

Che il silenzio-assenso abbia natura provvedimentale é sostanzialmente affermato dalla dottrina che si é occupata del problema (così Baralis-Marmocchi, "Silenzio-assenso", cit., pag. 19; v. anche, in termini più generali, ma anche con riferimento alla legge 47/1985, Manganaro, "Riflessioni sulla natura giuridica del silenzio-assenso", in Tribunali amministrativi regionali, 1985, II, 327 e segg.), la quale perviene alla conclusione che, concretizzatosi il silenzio-assenso, la pubblica Amministrazione ha il potere di valutarne la legittimità e di impugnarlo in conseguenza, alla stessa stregua di qualsiasi provvedimento amministrativo.

Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha affermato che l'avere ultimato le opere abusive dopo il 1° ottobre 1983 non é condizione che impedisca il concretizzarsi del silenzio-assenso, poiché la legge 47/1985 non menziona detta circostanza come condizione strutturale per l'insorgere del silenzio-assenso (Cons. Stato, 14 aprile 1993, n. 496, in Giust. civ., 1993, I, 2549); tuttavia detta sentenza appare in contrasto con una logica interpretativa basata sulla circostanza ch

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