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Delib. Min. LL.PP. 04/02/1977

Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui all'art. 2, lettere b), d) ed e), della L. 10 maggio 1976, n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento.
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[Premessa]


IL COMITATO DEI MINISTRI PER LA TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO

Vista la legge 10 maggio 1976, n. 319 R=L3191976], recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento;

Vista la legge 8 ottobre 1976, n. 690R, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;

Considerato che, a termini del combinato disposto degli articoli 2 e 3 della citata legge n. 319, occorre provvedere:

alla predisposizione dei criteri generali e delle metodologie per il rilevamento delle

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Allegato 1 - Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici e per la formazione del catasto degli scarichi


Cap. I - Criteri generali per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici

La legge 10 maggio 1976, n. 319 R, recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento, affida, tra l'altro, allo Stato il compito di fissare i criteri generali e le metodologie per il rilevamento dei "corpi idrici superficiali e sotterranei".

In proposito devesi subito evidenziale che per la dizione "corpo idrico" non esiste nella nomenclatura tecnica una precisa definizione, per quanto espressioni simili siano universalmente accettate anche in campo internazionale; comunque, per"corpo idrico" deve intendersi "qualsiasi massa d'acqua che, indipendentemente dalla sua entità, presenti propriecaratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche, biologiche, e sia, o possa essere, suscettibile di uno o più impieghi".

A tale riguardo le acque che debbono essere protette dai danni derivanti da una degradazione della qualità, possono configurarsi in quelle relative ai seguenti impieghi, peraltro non necessariamente limitativi:

1) utilizzazione a scopo potabile;

2) utilizzazione per usi agricoli;

3) utilizzazione per usi industriali;

4) mantenimento della vita acquatica;

5) attività ricreativa;

6) navigazione.

Una definizione come quella sopracitata sembra la più aderente allo spirito delle norme contenute nella legge di cui trattasi, ma per la sua genericità mal si presta ad una pratica applicazione proprio laddove la legge stessa, all'articolo 7, prevede il rilevamento - per tutto il territorio nazionale - delle caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche e biologiche dei corpi idrici ed il loro andamento nel tempo.In tale situazione, tenendo presenti le finalità della legge è parso opportuno fissare, in sede preliminare, alcuni criteri generali per dare l'immediato avvio ai rilevamenti di cui all'art. 7 precedentemente richiamato.

Ciò ha portato, come logica conseguenza, a individuare in modo più realistico i "corpi idrici", allo scopo di poter eseguire - sulla base delle metodologie che verranno successivamente indicate i rilevamenti di cui sopra.

Essi sono così distinti:

a) laghi e serbatoio;

b) corsi d'acqua naturali e artificiali;

c) acque di transizione;

d) acque costiere;

e) falde acquifere sotterranee.

A ciascun tipo di corpo idrico (all'atto del rilevamento delle caratteristiche qualitative e quantitative) corrisponderà una specifica metodologia previa precisazione dei criteri in base ai quali il "corpo idrico" è stato incluso in una determinata classe.

L'indagine sarà completata con tutte le notizie riguardanti gli scarichi, sia pubblici che privati, interessanti il corpo idrico ed acquisiti attraverso il "catasto degli scarichi" che dovrà essere avviato contemporaneamente al rilevamento suddetto.

Inoltre per la redazione del piano nazionale di risanamento tutti i dati dovranno essere riportati su schede-tipo, seguendo un codice standard.


1) Laghi e serbatoi

Si denominano "laghi" le raccolte di acque stagnanti, non temporanee. Essi possono essere del tipo: naturali aperti o chiusi a seconda che esista o meno un emissario, naturali ampliati e/o regolati se provvisti all'incile di opere di regolazione idrauliche, e artificiali se realizzati mediante manufatti di sbarramento.Rimangono esclusi i laghi salmastri costieri, che verranno considerati nelle acque di transizione.L'unità fisiografica lacustre è rappresentata dallo specchio d'acqua dell'areale emerso e dalle acque sotterranee che contribuiscono alla formazione dello specchio lacustre.

Ai fini dell'applicazione della legge dovranno essere presi in considerazione i corpi idrici lacustri aventi superficie dello specchio liquido pari a km² 0,2, o superiore nel periodo di massimo invaso, nonché altri aventi una superficie inferiore ma che presentino specifici interessi (approvvigionamento potabile, interesse paesaggistico, naturalistico,ecc.).Per ogni corpo idrico dovrà essere indicato il tipo e dovranno essere precisate le caratteristiche geografiche e topografiche, estendendo la ricerca - oltre che al lago - anche al bacino imbrifero in cui il lago stesso si trova.

Tra gli elementi caratteristici saranno da evidenziare (con riferimento a specifici livelli idrici) l'area del lago, lo sviluppo delle sponde, la profondità ed il volume di invaso.Per quanto concerne il bacino imbrifero di alimentazione andranno precisate le caratteristiche morfologiche del bacino stesso e del reticolo idrografico, con particolare riferimento agli immissari ed all'emissario.

Per ciascun corpo dovranno inoltre essere fornite informazioni relative alle utilizzazioni prevalenti, che possono essere così identificate: uso potabile, uso industriale, produzione di energia elettrica, uso agricolo, esercizio della pesca, utilizzazione per balneazione ed attività ricreative e navigazione di linea. Particolare cura dovrà poi essere posta nella indicazione delle caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche e biologiche del corpo idrico.

La ricerca di tali elementi non può essere limitata al lago considerato isolatamente, ma va inquadrata nei caratteri geo-idromorfologici di tutto il bacino imbrifero. La conoscenza della geologia del bacino e delle condizioni geomorfologiche della rete idrografica completano, infatti il quadro dei fattori fisici da cui dipende il regime del lago stesso.

Particolare rilievo, ai fini del bilancio idrologico del bacino, assumono le caratteristiche idrologiche degli immissari, dell'emissario e dello stesso specchio liquido. È noto inoltre che in relazione al tempo di ricambio, ai processi chimici e biologici che si verificano nel lago ed alle torbide immesse dagli immissari, variano le qualità delle acque sia dal punto di vista chimico (concentrazione di sostanze disciolte o sospese) che da quello fisico (trasparenza, che influisce sullo spessore dello strato d'acqua ove si svolge la fotosintesi), nonché da quello biologico.

Le indagini di carattere idrologico, fisico, chimico e biologico risultano quindi assai complesse e lunghe. Comunque in una prima fase del censimento sarà sufficiente limitare le ricerche a pochi parametri, quali: portata dell'emissario per i laghi naturali o assimilati, portata derivata per i vari usi per i serbatoi artificiali, livelli del lago, temperatura, trasparenza, ossigeno disciolto, sostanze nutritive e conducibilità elettrica.

Ove siano note alterazioni coinvolgenti l'intero corpo idrico lacustre dovute a metalli, sostanze sospese, temperatura, ecc., queste dovranno essere descritte e segnalate.


2) Corsi d'acqua

Con la denominazione "corsi d'acqua" si identificano sia i corsi d'acqua naturali (come i fiumi, i torrenti, i rii, ecc.), che quelli artificiali (come i canali irrigui, industriali, navigabili, reti di scolo, ecc.), fatta però esclusione dei canali appositamente costruiti per lo smaltimento di liquami e di acque reflue industriali.

Per i corsi d'acqua che sfociano in mare il limite delle acque correnti interne coincide con l'inizio della zona di foce (paragrafo 3).

Ai fini dell'applicazione della legge debbono essere presi in considerazione:

a) tutti i corsi d'acqua naturali il cui bacino imbrifero, allo sfocio a mare o alla confluenza, sia uguale o superiore a km2 100;

b) tutti i corsi d'acqua artificiali con portata di esercizio di 1 mc/s o superiore;

c) tutti i corsi d'acqua naturali e artificiali non rientranti nelle precedenti voci, ma che rivestono specifici interessi (uso potabile, paesaggistico, naturalistico, inquinamento, rapporti diretti con acque sotterranee, ecc.).

La caratterizzazione geografica e topografica dei corsi d'acqua va eseguita nell'ambito del bacino imbrifero di appartenenza, del quale pertanto dovranno essere preliminarmente noti o accertati - secondo la naturale e progressiva ripartizione della rete idrografica - gli elementi areali ed altimetrici.

Per ogni corpo idrico si renderanno poi necessarie ulteriori indagini (più o meno approfondite a seconda della importanza del corso d'acqua) per la delimitazione dell'alveo, per il rilievo di sezioni trasversali e per il tracciamento del profilo longitudinale.

Comunque, in via indicativa, sarà sufficiente indicare, in una prima fase dell'indagine, in corrispondenza di ogni sezione prescelta - oltre agli elementi geografici di identificazione territoriale del corpo idrico (località, comune, provincia) - il bacino principale di appartenenza e i vari sottobacini nonché i bacini allacciati, l'area del bacino sotteso e la distanza della sezione dalla confluenza o dal mare.

Altre notizie riguarderanno le attuali prevalenti utilizzazioni idriche, secondo la suddivisione già indicata per i laghi.

Infine dovranno definirsi - sempre per ogni corpo idrico - le caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche e biologiche del corpo idrico.

Per quanto concerne le caratteristiche idrologiche sarà opportuno che in corrispondenza di ogni sezione prescelta venga istituita (qualora già non lo sia) una regolare stazione di misura delle portate liquide e torbide in modo di rilevare - quanto meno - i periodi di magra, di particolare importanza nelle indagini sull'inquinamento delle acque. Comunque, per sezioni idriche di scarso rilievo l'accertamento potrà essere limitato a saltuarie misure di portata, in modo da dedurre valori abbastanza attendibili sia della portata media che di quella minima.

In merito poi alle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche delle acque, la ricerca dovrà avere principalmente per oggetto i seguenti fattori: solidi sospesi, ossigeno disciolto, temperatura, BOD5, N ammoniacale, metalli, indici batteriologici, ecc.


3) Acque di transizione

Si identificano nelle "acque di transizione" i seguenti corpi idrici: laghi e stagni salmastri, lagune e zone di foce.

Per "zona di foce" deve intendersi il tratto terminale del flusso di acqua compreso tra la sua bocca e il limite delle acque dolci, corrispondente quest'ultimo alla sezione del corso di acqua più lontana dalla foce, in cui con bassa marea e in periodo di magra si riscontra - in uno qualsiasi dei suoi punti - un sensibile aumento del grado di salinità dovuto alla presenza di acqua marina.

La caratterizzazione geografica e topografica delle acque di transizione andrà eseguita, a seconda del caso, con le medesime modalità già indicate per i laghi e i corsi d'acqua.

Anche per tali acque si forniranno notizie sulle prevalenti utilizzazioni idriche, quali l'uso industriale, l'esercizio della pesca, l'utilizzazione per balneazione ed attività ricreative e la navigazione.

In merito poi alle caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche e biologiche del corpo idrico, le relative indagini dovranno avvenire assimilando i laghi e gli stagni salmastri, ai laghi e serbatoi (paragrafo 1), le lagune alle acque costiere (paragrafo 4) e le zone di foce ai corsi di acqua (paragrafo 2), inserendo però sempre la conducibilità tra i parametri già indicati.


4) Acque costiere

L'identificazione delle "acque costiere", in una prima fase dell'indagine, dovrà avvenire prendendo in considerazione le acque comprese entro una fascia di circa 100 metri dalla costa.

Al fine della caratterizzazione geografica e topografica del corpo idrico dovranno essere precisati gli elementi geografici di delimitazione ed indicata l'esistenza di eventuali rilievi batimetrici riferiti al medio mare, che consentano la precisa identificazione dei fondali.

Inoltre per ciascun tratto costiero dovranno essere fornite notizie sulle attuali prevalenti utilizzazioni, quali la balneazione, la pesca, la miticoltura e la navigazione.

Data la particolare natura del corpo idrico in questione, non appare necessario il rilevamento di specifiche caratteristiche idrologiche connesse con gli scopi che la legge si prefigge, mentre per quanto si riferisce alle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche delle acque il numero minimo dei parametri da determinare dovrà riguardare: la trasparenza, le sostanze nutritive, gli olii minerali e gli indici batteriologici.


5) Falde acquifere sotterranee

Si identificano come "acque sotterranee" tutti gli accumuli d'acqua nel sottosuolo, permanenti o non permanenti, in quantità tali da essere oggetto di utilizzazione, anche stagionale.

Fra essi ricadono le falde freatiche e quelle profonde (in pressione o no) contenute in formazioni rocciose filtranti o fratturate, e, in via subordinata, i corpi d'acqua intrappolati entro formazioni rocciose profonde e praticamente immobili. Pure le manifest

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Allegato 2 - Criteri generali per il corretto e razionale uso dell'acqua


Premessa

Si intenderà corretto e razionale un uso dell'acqua commisurato alle reali disponibilità della risorsa idrica, valutate nel tempo e nello spazio, e proporzionato al buon funzionamento degli impianti di utilizzo, secondo criteri di massimo rendimento nei confronti della quantità e della qualità dell'acqua.

Nello specifico contesto della tutela delle acque contro l'inquinamento, si dovrà tenere conto degli effetti che un uso dell'acqua determina sui quantitativi prelevati, su quelli scaricati ed eventualmente su quelli lasciati nei corpi idrici dopo il prelievo. Tali effetti in particolare riguardano l'alterazione delle qualità originali, a seguito di uno scarico di acque contenenti sostanze indesiderabili in misura superiore quanto ritenuto compatibile per le utilizzazioni attuali o prevedibili, oppure a seguito di una non accettabile concentrazione di siffatte sostanze nel corpo idrico.

Nel contesto della legge n. 319/1976 Rsi dovrà particolarmente tener presente il fatto che gli usi possano esplicarsi completamente (per la disponibilità di acqua in quantità e qualità) giusta la elaborazione di un concetto relativo di "inquinamento idrico", da intendersi come l' impossibilità di utilizzare acqua per un determinato scopo a causa di aspetti qualitativi "non conformi alle esigenze imposte dall'uso medesimo", salve restando, ovviamente, le esigenze di carattere ambientale ed estetico.

Conseguenza di quanto sopra esposto è la necessità di un esame accurato di tutte le possibilità di utilizzare l'acqua in maniera "concatenata" da un uso all'altro ed in maniera "concorrenziale",con prelievo od intervento simultaneo nella stessa risorsa, evidenziando per ogni uso le caratteristiche tecniche di massimo rendimento, quelle economiche di massima redditività e la compatibilità degli usi.

Ciò contribuisce quindi ad evidenziare la necessità della pianificazione delle risorse idriche, considerata in tutta la sua più vasta problematica, di cui la protezione delle acque dall'inquinamento costituisce solo una parte, sia pure importante.Comunque nel contesto e nello spirito di questa normativa, tra i molteplici aspetti dell'utilizzo delle risorse idriche si dovranno prendere in considerazione principalmente quelli che hanno più diretta attinenza con la tutela delle acque dall'inquinamento.

I servizi di acquedotto non hanno di norma una diretta interferenza sull'andamento qualitativo dei corpi idrici, salvo quanto può avvenire in seguito alla sottrazione d'acqua da sorgenti, laghi o fiumi, con conseguente diminuzione delle capacità di autodepurazione di quest'ultimi. Si deve, però, ricordare come l'esercizio di una rete fognante urbana e di un impianto di depurazione sia condizionato dal buon funzionamento di una rete idrica d'alimentazione. Infatti la portata da convogliare e trattare è funzione di quella distribuita inizialmente al complesso degli utenti; inoltre la composizione e la concentrazione dei liquami in arrivo agli impianti di depurazione possono subire periodiche alterazioni a seguito di drenaggi locali in zone alimentate da perdite della rete idrica di distribuzione.

A seguito, quindi, dell'indirizzo interpretativo assunto, si indicano appresso alcuni criteri di massima attinenti alle utilizzazioni in generale alle caratteristiche del prelievo idrico, e, particolarmente, ad alcune caratteristiche per i diversi usi; con i richiami frequenti (anche se soltanto accennati) alla pianificazione delle risorse idriche si intende porre all'attenzione che, in quella sede, si potranno effettuare le scelte in modo congruente con le esigenze di tutela delle acque dall'inquinamento previste nella legge n. 319/1976: in tal senso si potrà operare anche sul risparmio dell'acqua.

Ci si deve, infatti, riferire con questa dizione non solo al minor impegno di acqua per ottenere una determinata efficacia in un singolo episodio (tecnologia dell'uso), ma anche alla maggiore efficacia complessiva che può risultare dall'impegno di un gruppo di risorse idriche, adeguatamente complementari fra loro, nel concorrere alla saturazione di necessità variabili nel tempo per i diversi usi (programmazione degli usi e delle risorse).


1. Utilizzazioni idriche in generale

1.1. Caratteristiche generali delle utilizzazioni.

L'utilizzazione razionale delle risorse idriche per le varie finalità comporta il prelevamento di appropriati quantitativi di acqua strettamente legati alle tipologie degli usi (irriguo, industriale e civile) all'entità ed al livello tecnologico delle strutture di utilizzo, tenuto conto dell'entità e della qualità delle risorse già utilizzate e di quelle disponibili. Tale quantitativo viene definito come prelievo e viene generalmente espresso in termini volumetrici in un determinato tempo di riferimento.

Nel caso in cui, nell'ambito di un complesso industriale, venga attuato un riciclo parziale o totale dell'acqua, è necessario indicare distintamente sia il quantitativo prelevato, che quello effettivamente utilizzato.

Questi elementi possono fornire valutazioni diversamente efficaci sulla produttività dell'acqua e facilitano quindi la formulazione di parametri utili per la pianificazione.

Nel caso di attività agricole, il prelievo va riferito agli specifici impieghi aziendali (quali l'irrigazione e lo zootecnia) in ragione della struttura degli impianti della singola azienda. Nel caso di un servizio di acquedotto, il prelievo va riferito alla popolazione servita, presente o futura, tenendo conto anche di valori stagionali e di punta.

Associato al prelievo è lo scarico, ovvero il quantitativo di acqua restituito ai corpi idrici dopo l'uso: è questo il quantitativo che interessa più da vicino la protezione dei corpi idrici contro l'inquinamento. Anche lo scarico viene misurato in volumi per determinate unità di tempo.

La differenza tra prelievo e scarico costituisce il consumo (non ritorno) cioè il quantitativo d'acqua che viene disperso, o trasformato e fissato nel prodotto finale, oppure ancora, come nel caso di un servizio d'acquedotto, consumato per le vitali necessità delle popolazioni interessate.

È evidente come il consumo rappresenti una riduzione diretta della risorsa e vada quindi contenuto nei limiti del possibile.

Per quanto concerne l'utilizzazione irrigua delle acque, il concetto di scarico e dispersione va puntualizzato: la quota parte del fabbisogno non consumata è, infatti, restituita all'ambiente attraverso la percolazione diffusa nel terreno direttamente o tramite reti di scolo in diretto rapporto con le falde sotterranee, che vengono così ravvenate e alimentate attraverso processi depurativi naturali che ricostituiscono, e spesso migliorano, le qualità originarie delle acque immesse nel processo irriguo.


1.2. Caratteristiche e raccomandazioni per i prelievi.

I prelievi per i vari usi vengono effettuati generalmente:

a) da sorgenti;

b) da falde sotterranee, freatiche ed artesiane, attraverso pozzi o gallerie filtranti;

c) da acque superficiali, quali laghi o fiumi, in questo ultimo caso con il ricorso o meno a serbatoi artificiali.

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Allegato 3 - Norme tecniche generali per la regolamentazione dell'installazione e dell'esercizio degli impianti di acquedotto


1. Generalità

1.1. Campo di applicazione.

Le presenti norme si applicano alla installazione ed all'esercizio degli impianti di approvvigionamento idrico per uso potabile, o per scopi multipli comprendenti detto uso. Essi definiscono i requisiti tecnici cui debbono corrispondere gli impianti medesimi nella loro installazione, le modalità per il relativo esercizio, i provvedimenti amministrativi, necessari, nel loro insieme, per tutelare dall'inquinamento le acque utilizzate negli acquedotti ed i corpi idrici ricettori delle acque da essi scaricate.

Tali norme devono essere rispettate nella installazione e nell'esercizio dei nuovi acquedotti e nell'ammodernamento ed ampliamento di quelli esistenti nonché, per quanto possibile, nell'esercizio di questi ultimi.

Gli impianti esistenti saranno adeguati ad esse gradualmente.

Le norme stesse presuppongono il rispetto delle normative e regolamentazioni tecniche vigenti, relative alla progettazione ed alla esecuzione di tutte le parti che costituiscono gli impianti.


1.2. Definizioni.

Per acquedotto si intende il complesso degli impianti di attingimento, di trattamento, di trasporto e di distribuzione.

Per impianto di attingimento si intende il complesso delle opere occorrenti per la raccolta, la regolazione e la derivazione di acque sotteranee o superficiali. Nell'impianto di attingimento si intendono comprese tutte le opere occorrenti per proteggere e conservare la disponibilità e la qualità delle acque medesime.

Per impianto di trattamento si intende il complesso delle opere occorrenti per conferire alle acque attinte le particolari caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, richieste dalla loro destinazione.

L'impianto di trattamento può essere costituito dalle sole apparecchiature destinate alla disinfezione delle acque.

Per impianto di trasporto si intende il complesso delle opere occorrenti per convogliare le acque dagli impianti di attingimento agli impianti di distribuzione.

Per impianto di distribuzione si intende il complesso dei serbatoi, della rete di distribuzione e delle relative diramazioni fino al punto di consegna agli utenti.


1.3. Qualità delle acque e dei materiali.

La qualità delle acque destinate all'uso potabile, la natura dei materiali a contatto con le acque medesime, e in particolare quella dei materiali dei condotti, nonché le caratteristiche degli additivi,devono essere conformi a quanto previsto da norme e disposizioni vigenti. In ogni caso i materiali suddetti devono essere tali da non alterare apprezzabilmente le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche ed organolettiche delle acque convogliate.


2. Installazione

2.1. Impianti di attingimento.

2.1.1. Acque sotterranee. - In questo paragrafo si considerano quelle acque circolanti in acquiferi profondi, limitati superiormente da una formazione impermeabile, di spessore ed estensione tali da garantire una adeguata protezione da eventuale inquinamento. Tali acque possono anche affiorare spontaneamente in superficie, dando origine a sorgenti.

Fra le dette acque si comprendono quelle contenute in acquiferi sprovvisti di formazione impermeabile superiore, le quali abbiano la loro superficie libera a notevole profondità rispetto alla superficie del suolo e quest'ultimo possa essere adeguatamente protetto mediante i provvedimenti di cui appresso.

Le acque di cui sopra potranno essere utilizzate per scopi potabili senza trattamento, a condizione che le loro caratteristiche rispondano constantemente ai requisiti di cui al punto 1.3. La costanza nel tempo di tali caratteristiche dovrà essere garantita mediante l'adozione di provvedimenti amministrativi e l'esecuzione di opere di protezione, essa dovrà essere continuamente controllata mediante accertamenti in punti dell'acquifero opportunamente predisposti.

Tali interventi saranno definiti in base ai risultati di accurate indagini intese ad individuare il bacino idrogeologico, le caratteristiche delle formazioni interessate dall'acquifero e di quelle dei terreni sovrastanti, il regime della falda e la direzione generale del moto, nonché fonti di inquinamento attuali o potenziali.

I provvedimenti amministrativi, destinati alla protezione dell'acquifero da ogni possibile inquinamento, saranno definiti in base all'importanza dell'acquifero medesimo e alla sua proteziona naturale. Essi riguarderanno, più specificamente: la destinazione del territorio interessato e la eventuale limitazione generale di insediamenti ed attività, nonché gli eventuali interventi restrittivi o integrativi sugli scarichi, così come previsto dall'art. 26 della legge n. 319; e ciò, in particolare, per quanto concerne il disperdimento nel sottosuolo.

Da parte delle autorità competenti si provvederà ad assoggettare alla tutela della pubblica amministrazione (ai sensi dell'art. 94 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775), i territori in cui hanno sede gli acquiferi utilizzati e, di conseguenza, tutti gli eventuali attingimenti saranno eseguiti e gestiti con appropriate cautele igienico-sanitarie, ivi comprese quelle di cui al successivo paragrafo b).

Nelle zone nelle quali è indispensabile una particolare protezione, si procederà all'esproprio o all'imposizione di servitù dando alle aree destinazioni da stabilire di volta in volta in relazione alle situazioni locali. In ogni caso saranno assoggettate ad esproprio e recinzione le zone circostanti le opere di attingimento, per una estensione da stabilire soprattutto in relazione alla situazione geologica locale.

Le opere di protezione dovranno eliminare ogni possibile inquinamento localizzato, attraverso nuovi interventi o modifiche di installazioni preesistenti. Saranno comprese fra tali opere le sistemazioni idrogeologiche locali, più direttamente interessanti le opere di attingimento ivi comprese le opere di allontanamento delle acque esterne, nonché quelle opere necessarie per la eliminazione di qualsiasi fonte di inquinamento determinata da insediamenti, corsi d'acqua, depositi di materiali inquinanti.

I controlli delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche dovranno effettuarsi mediante prelievi (alcuni continui, altri periodici) in corrispondenza delle opere di attingimento e degli eventuali pozzi destinati al controllo del regime idrologico della falda, in dipendenza delle diverse condizioni.

Dispositivi torbidimetrici e conduttometrici segnaleranno situazioni anormali.

a) Opere di captazione delle sorgenti.

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Allegato 4 - Norme tecniche generali per la regolamentazione dell'installazione e dell'esercizio degli impianti di fognatura e depurazione

Premessa

Le norme si riferiscono agli impianti di fognatura e depurazione che verranno costruiti dopo la data di entrata in vigore delle norme stesse. Per gli impianti esistenti dovranno essere gradualmente adottate misure correttive, tendenti al allinearli alla normativa richiesta per i nuovi impianti.

Tale gradualità verrà definita dalle regioni nel quadro dei compiti ad esse attribuiti dall'art. 4 della legge n. 319.

Le norme si applicano anche all'ampliamento di impianti esistenti e nell'esercizio di questi ultimi.

Impianti di fognatura


Definizioni

Per impianto di fognatura si intende il complesso di canalizzazioni, generalmente sotterranee, atte a raccogliere ed allontanare da insediamenti civili e/o produttivi le acque superficiali (meteoriche, di lavaggio, ecc.) e quelle reflue provenienti dalle attività umane in generale. Le canalizzazioni funzionano a pelo libero; in tratti particolari il loro funzionamento può essere in pressione (condotte di mandata da stazioni di sollevamento, attraversamenti in sifoni, ecc.).

Una rete di fognatura può essere a sistema misto quando raccoglie nella stessa canalizzazione sia le acque di tempo asciutto, che quelle di pioggia, ed a sistema separato se le acque reflue vengono raccolte in una apposita rete distinta da quella che raccoglie le acque superficiali.

Le canalizzazioni, in funzione del ruolo che svolgono nella rete fognaria, sono distinte secondo la seguente terminologia:

fogne: canalizzazioni elementari che raccolgono le acque provenienti da fognoli di allacciamento e/o da caditoie, convogliandole ai collettori; collettori: canalizzazioni costituenti l'ossatura principale della rete che raccolgono le acque provenienti dalle fogne e, allorché conveniente, quelle ad essi direttamente addotte da fognoli e/o caditoie. I collettori a loro volta confluiscono in un emissario:emissario: canale che, partendo dal termine della rete, adduce le acque raccolte al recapito finale.

1) Le canalizzazioni fognarie e le Opere d'arte connesse devono essere impermeabili alla penetrazione di acque dall'esterno e alla fuoriuscita di liquami dal loro interno nelle previste condizioni di esercizio.Le sezioni prefabbricate devono assicurare la impermeabilità dei giunti di collegamento e la linearità del piano di scorrimento.La impermeabilità del sistema fognario deve essere attestata da appositi certificati di collaudo.

2) Le canalizzazioni e le opere d'arte connesse devono resistere alle azioni di tipo fisico, chimico e biologico eventualmente provocate dalle acque reflue e/o superficiali correnti in esse. Tale resistenza potrà essere assicurata sia dal materiale costituente le canalizzazioni, che da idonei rivestimenti. L'impiego del materiale di rivestimento e delle sezioni prefabbricate è ammesso solo su presentazione di apposita dichiarazione di garanzia debitamente documentata, della ditta di fabbricazione. Le canalizzazioni costituite da materiali metallici devono, inoltre, risultare idoneamente protette da eventuali azioni aggressive provenienti sia dall'esterno, che dall'interno delle canalizzazioni stesse. Il regime delle velocità delle acque nelle canalizzazioni deve essere tale da evitare sia la formazione di depositi di materiali, che l'abrasione delle superfici interne. I tempi di permanenza delle acque nelle canalizzazioni non devono dar luogo a fenomeni di settizzazioni delle acque stesse.

3) Manufatti di ispezione devono di norma essere previste ad ogni confluenza di canalizzazione in un'altra, ad ogni variazione planimetrica tra due tronchi rettilinei, ad ogni variazione di livelletta ed in corrispondenza di ogni opera d'arte particolare. Il piano di scorrimento nei manufatti deve rispettare la linearità della livelletta della canalizzazione in uscita dai manufatti stessi. I manufatti di cui sopra devono avere dimensioni tali da considerare l'agevole accesso al personale addetto alle operazioni di manutenzione e controllo.Lungo le canalizzazioni, al fine di assicurare la possibilità di ispezione e manutenzione, devono disporsi manufatti a distanza mutua tale da permettere l'agevole intervento del personale addetto.

4) Le caditoie devono essere munite di dispositivi idonei ad impedire l'uscita dalle canalizzazioni di animali vettori e/o di esalazioni moleste. Esse devono essere disposte a distanza mutua, tale da consentire la veloce evacuazione nella rete di fognatura delle acque di pioggia e comunque in maniera da evitare ristagni di acque sulle sedi stradali o sul piano di campagna.

5) Tutti gli allacciamenti previsti alle reti pubbliche devono essere muniti di idonei manufatti, le cui dimensioni ed ubicazione devono permettere una agevole ispezionabilità al personale addetto alle operazioni di manutenzione e controllo.

6) Gli scaricatori di piena da reti di tipo misto devono essere dimensionati in modo tale da assicurare che le acque scaricate presentino una diluizione compatibile con le caratteristiche e con l'uso del ricettore. I rapporti di diluizione e le modalità di scarico verranno stabiliti dagli Enti competenti alla autorizzazione allo scarico.

7) Le stazioni di sollevamento devono essere sempre munite di un numero di macchine tale da assicurare una adeguata riserva.

I tempi di attacco e stacco delle macchine devono consentire la loro utilizzazione al meglio delle curve di ren

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Allegato 5 - Norme tecniche generali

Per la regolamentazione dello smaltimento dei liquami sul suolo e nel sottosuolo;

Per la regolamentazione dello smaltimento dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione;

Sulla natura e consistenza degli impianti di smaltimento sul suolo o in sottosuolo di insediamenti civili di consistenza inferiore a 50 vani, o a 5.000 MC.

Norme tecniche generali per la regolamentazione dello smaltimento dei liquami sul suolo, anche adibito ad usi agricoli, purché le immissioni siano direttamente utili alla produzione, e nel sottosuolo, esclusi i casi nei quali possono essere danneggiate le falde acquifere.


1. Generalità

La presente normativa, relativa allo smaltimento dei liquami sul suolo e nel sottosuolo, riguarda gli scarichi degli insediamenti civili e degli insediamenti produttivi, siano essi effettuati mediante propria fognatura o fognatura pubblica.

Lo smaltimento di liquami provenienti da insediamenti di qualsiasi natura che non recapitano in acque superficiali è ammesso solo nei seguenti recapiti:

sul suolo e negli strati superficiali del suolo;

nel sottosuolo, limitatamente ad immissioni in unità geologiche profonde.

Per gli scarichi provenienti da insediamenti civili inferiori a 50 vani o a 5000 metri cubi valgono le disposizioni previste al capo corrispondente delle presenti norme.

Con il primo sistema si tende ad operare la depurazione degli effluenti sfruttando i naturali processi biologici, chimici e fisici che accompagnano i moti di filtrazione e percolazione dei liquami scaricati e le conseguenti ridistribuzioni di umidità nel suolo. Gli scarichi liquidi restano a contatto con la biosfera, la loro dannosità viene progressivamente a ridursi e deve essere in ogni caso inferiore a quella ammissibile sotto il profilo ecologico generale.

Con il secondo sistema, consistente nella immissione in unità geologiche profonde, si tende a conferire agli scarichi il massimo possibile confinamento, bloccandoli entro strutture porose, di adeguata capacità, isolate dalla circolazione idrica sotterranea mediante appropriate barriere geologiche impermeabili. Gli scarichi vengono accuratamente isolati dalla biosfera così che la probabilità di rientro naturale nel ciclo delle sostanze pericolose in esse contenute sia prossima allo zero.

L'applicazione di questo sistema è subordinata al rispetto assoluto di evitare qualsiasi danneggiamento alla circolazione idrica sotterranea.

Lo scarico sul suolo e negli strati superficiali del suolo deve essere limitato a quegli scarichi che per le loro caratteristiche sono suscettibili di depurazione naturale, mentre la immissione in unità geologiche profonde può essere ammessa per quegli scarichi che contengono inquinanti pericolosi particolarmente difficili da trattare.

Il lagunaggio, inteso come accumulo o trattamento di liquami su suolo impermeabile o reso tale, non rientra nelle presenti norme che regolano lo smaltimento dei liquami sul suolo.

Per i liquami contenenti sostanze radioattive naturali o artificiali devono essere osservate le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185e successive integrazioni e modificazioni.


2. Scarichi sul suolo

Lo smaltimento dei liquami sul suolo è ammesso non come semplice mezzo di scarico di acque usate, ma come mezzo di trattamento che assicuri, nel caso di suolo ad uso agricolo un utile alla produzione ed in ogni caso una idonea dispersione ed innocuizzazione degli scarichi liquidi stessi, in modo che le acque sotterranee, le acque superficiali, il suolo, la vegetazione non subiscano degradazione o danno.

Lo smaltimento inoltre non deve produrre inconvenienti ambientali, come rischi per la salute pubblica, sviluppo di odori, diffusione di aerosoli.

Per suolo adibito ad uso agricolo deve intendersi qualsiasi superficie la cui produzione vegetale, direttamente o indirettamente, è utilizzata per l'alimentazione animale o umana, ovvero nei processi di trasformazione industriale o comunque è oggetto di commercio.

Per suolo non adibito ad uso agricolo deve intendersi qualsiasi superficie esclusa dalla definizione precedente, fatte salve le destinazioni che potranno essere stabilite dalla programmazione agricola del territorio.


2.1. Caratteristiche del sito.

Le località prescelte saranno definite in relazione alle caratteristiche topografiche, morfologiche, geologiche, climatiche, pedologiche, idrologiche ed idrografiche.

Elementi di valutazione saranno in particolare l'andamento delle temperature e delle precipitazioni, l'umidità, la velocità e la direzione dei venti, il tipo di vegetazione presente e la relativa evapotraspirazione.

Nelle zone di smaltimento indagini pedologiche saranno sviluppate con dettaglio adeguato in relazione alla eterogeneità ed alla ampiezza della zona.

Dovranno altresì esserne note natura e strutture delle unità geologiche sottostanti con particolare riguardo alle eventuali condizioni di permeabilità per fratturazione.

Per quanto concerne il suolo dovrà essere valutata la profondità, il profilo, la struttura, la tessitura, la conducibilità idrica.

La profondità del suolo, intesa come spessore dello strato superficiale, affinché possa completarsi la maggior parte dei necessari fenomeni di depurazione, di norma, non dovrà essere inferiore a m 1.50.

Inoltre dovranno essere valutati i dati relativi ai parametri PH, conducibilità elettrica, salinità, indice SAR sull'estratto acquoso, capacità di scambio cationico.

La salinità del suolo non deve essere tale da influire nelle condizioni di applicazione dello scarico sulla salinità del recapito finale.

Il rigonfiamento del terreno a seguito delle ap plicazioni dello scarico non deve portare a degradamento della sua struttura.

Il sito deve essere tale da consentire l'impiego dei sistemi di smaltimento e relativi macchinari prescelti.

Nelle zone adibite ad uso agricolo adeguate sistemazioni idraulico-agrarie dovranno evitare ogni fenomeno di ruscellamento all'atto della somministrazione del liquame.

Allo stesso scopo, nelle zone non interessate da interventi sistematori la massima pendenza del suolo ammissibile sarà riferita alle caratteristiche fisico-meccaniche dello strato superficiale, alla tecnica agronomica ed alle modalità di smaltimento del liquame; in ogni caso la pendenza non dovrà essere superiore al 15 per cento.

Per le zone adibite ad uso agricolo alla stregua dei risultati delle varie indagini, saranno sinteticamente precisati gli interventi ordinari e speciali che si ritengono necessari, i gruppi di colture ritenute più idonee e più valide tecnicamente ed economicamente, le limitazioni agronomiche che potranno derivare in relazione ai tipi di suolo e per caratteristiche particolari dei liquami da smaltire.

Relativamente ai suoli non adibiti ad uso agricolo verranno indicate le zone in cui esigenze di conservazione del suolo rendano necessarie la salvaguardia o la diffusione di particolari essenze, anche appartenenti alla vegetazione spontanea.

Indipendentemente dall'uso del suolo, sarà istituito apposito catasto di tutti gli scarichi autorizzati, con indicazione dei terreni impegnati e del tipo di scarico praticato.

La conoscenza del sito andrà infine completata con lo studio delle falde acquifere presenti e la precisazione delle loro interferenze con le altre acque sotterranee, le quali, per gli apporti dovuti a somministrazione di liquame e quelli conseguenti a precipitazioni meteoriche, possono costituire vettore di trasporto e di dispersione di inquinamento nello spazio e nel tempo nei successivi momenti del circuito sotterraneo: moto negli acquiferi e riaffioramento alla superficie.

Nella necessità di evitare il danneggiamento delle caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche delle acque di falda, nonché delle caratteristiche fisiche delle rocce interessate, ogni delimitazione di zona utilizzabile per lo smaltimento dei liquami dovrà basarsi sulla conoscenza dettagliata, ottenuto con studi adeguati e coordinati, delle circolazioni idriche sotterranee della zona, estesa ai relativi bacini idrogeologici.

In particolare, per le circolazioni interessate dallo smaltimento sul suolo, il relativo studio idrologico si riferirà ad un periodo di adeguata durata, alla stregua dei dati disponibili presso il servizio idrografico e gli enti che operano nei bacini interessati, integrati per quanto necessario. Resteranno così definiti i regimi delle varie circolazioni, in particolare le effluenze e i livelli piezometrici nelle zone di smaltimento, nonché individuati gli atteggiamenti nelle zone limitrofe.

Peraltro saranno acquisiti tutti gli elementi disponibili, specie per quanto attiene alle caratteristiche delle acque, per una migliore conoscenza della circolazione di insieme delle falde considerate.

Attraverso i precedenti studi sarà altresì precisata la localizzazione dei punti in cui è indispensabile sviluppare osservazioni e rilievi sistematici dei livelli e delle caratteristiche delle acque ai fini di un controllo della efficacia delle iniziative di tutela intraprese.

Il controllo delle falde sarà effettuato dall'Amministrazione competente anche al di fuori della zona di smaltimento tenendo conto della distribuzione sul territorio di insediamenti o impianti particolarmente importanti in relazione alla tutela delle circolazioni considerate: urbani, industriali, agricoli, discariche controllate.

Per le circolazioni interessate dovranno essere altresì noti gli impieghi che derivano dagli strumenti di pianificazione regionale e statale relativi all'uso del territorio come alla gestione integrata delle risorse idriche.

Nella definizione del sito l'approfondimento delle indagini locali sarà riferito alla natura ed all'entità dell'apporto.

La zona di applicazione degli scarichi deve essere sufficientemente distante dai corpi idrici in modo che le caratteristiche degli effluenti che ad essi possono pervenire siano conformi alle norme vigenti.

D'altra parte, opportune sistemazioni dovranno proteggere il sito da eventuali apporti dalle aree adiacenti.

Attorno a tale zona dovrà essere prevista una fascia di rispetto di almeno 80 m nella quale non è ammessa la presenza di abitazioni e di strade statali e provinciali; nel caso di aziende agricole con smaltimento di soli liquami zootecnici tale distanza potrà essere variata in più o in meno in relazione al tipo di allevamento, alla sua consistenza numerica, tenendo conto delle modalità di spandimento degli scarichi liquidi delle condizioni meteorologiche e delle situazioni locali.

L'accessibilità al sito dovrà essere controllata in relazione al tipo di liquame smaltito.

La zona sarà segnalata mediante appositi cartelli che evidenziano eventuale rischio igienico.


2.2. Caratteristiche delle acque di scarico.

Le caratteristiche qualitative e quantitative degli scarichi devono essere adeguatamente conosciute; in particolare, dovranno essere noti i valori massimi e medi mensili delle portate, dei parametri più significativi, delle concentrazioni e degli apporti delle sostanze scaricate sul suolo.

I parametri più significativi saranno scelti tra quelli indicati nella tabella A della legge che di volta in volta possono essere presi in considerazione per una idonea caratterizzazione dello scarico. A tali parametri ne dovranno essere aggiunti o sostituiti altri che siano in grado di completare la caratterizzazione degli scarichi come la conducibilità, l'indice o rapporto.


(concentrazioni espresse in milliequivalenti per litro)


L'indice di SAR di norma non dovrà superare il valore 10 ed in ogni caso non dovrà essere inferiore a 15.

Lo scarico non dovrà contenere sostanze che possano causare modificazioni irreversibili alla struttura del suolo, particolarmente per quanto concerne le caratteristiche di conducibilità idrica e di aerazione; non dovrà contenere materiali in sospensione in quantità tali da produrre, alla portata di applicazione, intasamento del suolo.

Lo scarico dovrà essere sottoposto ai pretrattamenti necessari per ottenere il positivo risultato del medoto di applicazione prescelto.

Si dovrà evitare che i materiali in sospensione dello scarico od eventuali combinazioni fra le sostanze contenute nello scarico ed il terreno diminuiscano la aerabilità e degradino la tessitura del suolo; la quantità di sostanza organica applicata non deve superare la capacità depuratrice del suolo.

I pretrattamenti cui sottoporre gli scarichi sono in funzione sia del tipo di liquame che del tipo di terreno cui sono applicati e dei metodi di applicazione prescelti; in ogni caso non deve essere degradato l'ecosistema interessato.


2.3. Smaltimento sul suolo adibito ad uso agricolo.

Fermo restando che gli scarichi liquidi possono essere applicati sul suolo adibito ad uso agricolo soltanto se apportano sostanze direttamente utili alla produzione, essi devono essere privi di sostanza organica di difficile biodegradabilità. Sostanze biologicamente attive capaci di influenzare in maniera specifica o negativa le diverse funzioni degli organismi viventi devono essere assenti o in concentrazione tollerabile.

Delle sostanze tossiche e/o persistenti e/o bioaccumulabili devono essere attentamente valutate la concentrazione di applicazione, la quantità annua applicabile e la quantità totale massima compatibile con il suolo e le colture agrarie e forestali esistenti e previste.

Si precisa che per As, B, Cd, Cr totale, Hg, Pb, Se, Ni, Cu, Zn, le concentrazioni ammissibili, isolatamente e nella loro somma, indicate nella tabella A della legge, non essendovi diluizione, non sono sempre cautelative. I volumi di liquame che potranno essere applicati non dovranno essere superiori a quelli normalmente adottati nella corretta pratica irrigua.

Per gli altri elementi pericolosi le quantità massime assolute ammissibili saranno definite anche con riferimento alla capacità di scambio. In questa valutazione sarà considerato impegnato dal fenomeno di accumulo il suolo direttamente interessato dal processo di infiltrazione, con riferimento ad uno strato superficiale il cui spessore sarà funzione della profondità raggiungibile dall'apparato radicale della vegetazione presente o prevista. Maggiori spessori potranno essere riferiti alla profondità delle lavorazioni annuali.

2.3.1. Scarichi urbani o comunque contenenti microrganismi patogeni. - Nel caso siano interessati raccolti destinati ad essere consumati crudi dall'uomo occorre sottoporre gli scarichi ad un trattamento primario e secondario o equivalente e se ritenuto opportuno anche alla filtrazione o ad altro metodo di trattamento spinto; inoltre gli scarichi devono essere sottoposti ad un trattamento adeguato di disinfezione, in modo che il MPN di colibatteri sia inferiore a 2 per 100 ml (il valore dell'MPN è la media delle misurazioni eseguite per sette giorni consecutivi); negli scarichi poi non deve esservi presenza di prodotti chimici che possono lasciare residui indesiderabili nei raccolti.

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