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Sent.C. Cass. 04/11/1987, n. 8087

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1. Appalti - Pagamenti - Ritardo - Debito di valuta - Maggior danno da svalutazione monetaria - Prova del creditore imprenditore - Mancato impiego del denaro o prestito bancario.
1. Nelle obbligazioni pecuniarie il danno da svalutazione monetaria non si identifica col fenomeno inflattivo in sé, ma deve essere accertato in concreto attraverso l'allegazione e la dimostrazione, da fornirsi dal creditore, degli effetti pregiudizievoli del mancato pagamento alla scadenza, assumendo rilievo a tal fine le presunzioni desumibili dall'appartenenza del creditore stesso a categorie economiche socialmente significative; in particolare, e sempre nei limiti degli elementi forniti dal danneggiato, il suddetto principio può comportare, in favore del creditore esercente attività imprenditoriale, la considerazione del mancato impiego del danaro, ovvero della necessità di avvalersi del prestito bancario.

1. Conf. alla Cass. S.U. 5 aprile 1986 n. 2368,R la quale ha ribadito l'orientamento già espresso dalla stessa Corte suprema a sezioni unite (Cass. S.U. 25 ottobre 1979 n. 5572[R=W25O795572] e S.U. 4 luglio 1979 n. 3776[R=W4L793776]) e giudicato positivamente dalla Corte costituzionale (C. Cost. 26 maggio 1981 n. 76)[R=WCC26MA8176], riguardo al riconoscimento del maggior danno da svalutazione monetaria dimostrato dal creditore ai sensi dell'art. 1224, 2°c., C.c.; la Cass. S.U. 1986 n. 2368 ha espressamente affermato che non possono condividersi le tesi sostenute dalle Cass. I 5 giugno 1985 n. 3356,[R=W5G853356] III 27 gennaio 1984 n. 651[R=W27GE84651] e III 7 gennaio 1983 n. 123,[R=W7GE83123] discostatesi motivatamente dall'indirizzo delle 2 sentenze Cass. S.U. del 1979 sopra citate secondo il quale deve escludersi ogni generalizzato automatismo risarcitorio in dipendenza del semplice fatto della svalutazione, che può assumere rilievo, invece, solo come fonte di danno ulteriore non coperto dagli interessi, ai sensi dell'art. 1224, 2° c., C.c.

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