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Sent. C. Stato Ad. Plen. 13/11/2015, n. 10

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Appalti e contratti pubblici - Gara - Offerta - Discordanza fra prezzo offerto indicato in lettere e quello in cifre - Prevalenza del prezzo indicato in lettere.

Ai fini di attribuire rilevanza, in presenza di discordanze, all’offerta espressa in lettere, va applicato il criterio di cui all’

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SENTENZA

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) ha pronunciato la p

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FATTO

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Sicilia e Calabria, in data 6 dicembre 2013, pubblicava un bando avente ad oggetto una procedura aperta per l’affidamento dei lavori di messa in sicurezza e per il risanamento ed il consolidamento strutturale dei locali del piano cantinato in corrispondenza della rampa di accesso all’ingresso principale del Palazzo di Giustizia di Palermo. Il criterio di aggiudicazione dei lavori, ai sensi del punto 20 del bando, era quello del prezzo più basso, determinato mediante ribasso sull’elenco prezzi posto a base di gara, al netto degli oneri di sicurezza, con le modalità di cui all’art. 86 comma 1 e art. 122 comma 9 del d.lgs n. 163 del 2006 come previsto dall’art. 253 comma 20-bis dello stesso d.lgs..

La commissione aggiudicatrice, in virtù di quanto stabilito nel disciplinare di gara, prendeva in considerazione, per le offerte presentate da ogni singolo concorrente, soltanto le prime tre cifre decimali successive alla virgola e, al fine di dirimere le discrasie tra le offerte espresse in cifre e quelle in lettere, dava prevalenza a queste ultime, “in conformità a quanto previsto dal Regolamento”, come affermato nel verbale della commissione del 27 dicembre 2013.

La P. Appalti s.r.l. partecipava alla gara presentando, sull’importo a base d’asta, un ribasso percentuale del “32,1288 % diconsi trentaduevirgolamilleduecentoventotto”, con una formula che palesava una discordanza tra l’offerta espressa in cifre e quella in lettere: pertanto, in applicazione dei richiamati criteri di risoluzione delle discrasie e parallelamente a quanto effettuato anche nei confronti di altre quattro concorrenti, la commissione considerava valida, fra quelle contrastanti, l’offerta della ditta P. che esprimeva di un minor ribasso percentuale.

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DIRITTO

1. La questione sottoposta all’esame di questa Adunanza Plenaria concerne l’esatta individuazione del criterio utile a dirimere le incertezze derivanti dall’emersione di discordanze fra le offerte espresse in lettere e quelle espresse in cifre, in sede di esame delle offerte presentate dagli operatori partecipanti ad una gara finalizzata all’affidamento di un contratto pubblico di lavori, servizi o forniture.

La problematica sorge in conseguenza dell’eventuale sovrapposizione della disciplina contenuta, da un lato, nell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 e, dall’altro lato, nell’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010.

La prima delle disposizioni citate sancisce che “quando in una offerta all’asta vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l’indicazione più vantaggiosa per l’amministrazione”.

Diversamente, l’art. 119 d.P.R. n. 207 del 2010 prevede al comma 2 che “il prezzo complessivo offerto, rappresentato dalla somma di tali prodotti, è indicato dal concorrente in calce al modulo stesso, unitamente al conseguente ribasso percentuale rispetto al prezzo complessivo posto a base di gara. Il prezzo complessivo ed il ribasso sono indicati in cifre ed in lettere. In caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere”. Al comma 3 dello stesso art. 119, si ribadisce che “nel caso di discordanza dei prezzi unitari offerti prevale il prezzo indicato in lettere”.

Il conflitto tra le disposizioni, dunque, potrebbe sorgere qualora, come nel caso di specie, l’operatore economico proponesse un’offerta in lettere discordante rispetto all’offerta in cifre e quest’ultima fosse maggiormente vantaggiosa per l’Amministrazione.

1.1 Ciò posto, ed in via preliminare rispetto all’esame delle specifica questione sottoposta al vaglio di questa Adunanza, va affermata l’attualità del potenziale conflitto fra le disposizioni, stante la indubbia vigenza dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924.

In effetti, non è dato rilevare alcun motivo idoneo a revocare in dubbio tale assunto: l’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006, nell’elencare le disposizioni abrogate in seguito all’entrata in vigore del Codice dei contratti, non cita espressamente l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924. Tale ultima disposizione, in applicazione dei principi regolatori della successione tra norme, dunque, non può essere oggetto di una interpretazione abrogante, come correttamente evidenziato nell’ordinanza di rimessione e dalla giurisprudenza in essa richiamata.

1.2 Il secondo presupposto da cui il Collegio ritiene di dover prendere le mosse, riguarda l’ammissibilità nonché l’esatta delimitazione dell’ambito applicativo del principio di correzione delle offerte eseguito dalla commissione aggiudicatrice in sede di esame delle stesse. A ben vedere, per un verso, è pacificamente consentito il superamento di un contrasto fra la proposta espressa in cifre e quella espressa in lettere, in caso di errore materiale facilmente riconoscibile: al ricorrere di tale circostanza, infatti, il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio consente di attribuire rilievo agli elementi “diretti ed univoci” tali da configurare un errore meramente materiale o di scritturazione, permettendo alla commissione aggiudicatrice di emendarlo, tramite la priorità conferita all’effettivo valore dell’offerta.

Diverso è il caso in cui, come espresso nell’ordinanza di rimessione, “la discordanza sia tutt’altro che macroscopica ed anzi obiettivamente marginale, di talché non è dato a priori riconoscere con sicurezza quale delle due diverse indicazio

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P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe pro

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