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Sent. C. Stato 28/11/2013, n. 5700

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Edilizia e immobili - Attività edilizia - Altezza degli edifici - I limiti alle altezze degli edifici previsti dagli strumenti urbanistici non possono variare a seconda della sistemazione del piano di campagna circostante.

In materia di altezza degli edifici la c.d. «quota zero» corrisponde al livello del terreno privo di ogni intervento umano; pertanto, i limiti a

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SENTENZA

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la pres

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FATTO

Con i riuniti ricorsi in appello il comune di Cassano delle Murge ha gravato la sentenza parziale del T.A.R. della Puglia, Sezione Terza, nr. 2106/2007 (ricorso nr. 2449 del 2008) e la sentenza del T.A.R. della Puglia, Sezione III, nr. 2017/2008 (ricorso nr. 9880 del 2008) con la quale è stato accolto definitivamente il ricorso proposto dalla società appellata.

La complessa vicenda processuale può essere così sintetizzata.

La Segeco srl, odierna appellata, aveva gravato in giudizio la nota prot. 18526 nr. 4\2006 del 1 dicembre 2006 settore SAT del Comune di Cassano delle Murge con cui era stato disposto l’annullamento parziale della DIA presentata l’11 ottobre 2006 e integrata il 24 novembre 2006, integrativa dei grafici della concessione edilizia nr. 81\02 e la demolizione di parte del corpo di fabbrica, riservandosi la determinazione della sanzione pecuniaria e, successivamente, il provvedimento prot. nr. 1251 del 24 gennaio 2007 con cui il Responsabile dell’Area Tecnica SAT del Comune di Cassano delle Murge, a scioglimento della riserva, aveva determinato la sanzione pecuniaria per parziale difformità relativa a maggiore altezza dell’edificio.

L’odierna appellata, quale avente causa della società S.I.L.CO. S.r.l., aveva fatto presente di essere subentrata nella titolarità della concessione edilizia n. 81/02 rilasciata l’8 aprile 2003, relativa alla realizzazione di un fabbricato per civili abitazioni, composto di quattro corpi di fabbrica con distinte scale (A, B, C, D) in Cassano delle Murge, traversa di Viale della Repubblica, in catasto a foglio 38 particella n. 2117.

Con successiva denuncia d’inizio attività n. 156/067/D dell’11 ottobre 2006, la Se.Ge.Co. aveva presentato variante alla concessione edilizia.

Tuttavia, a seguito di contenzioso sorto con la parte proprietaria del suolo confinante, con ordinanze dirigenziali n. 2 e 3 del 2006 era stata disposta la sospensione dei lavori e la comunicazione d’avvio del procedimento di annullamento della d.i.a., anche in esito a sopralluogo presso il cantiere svolto il 3 novembre 2006.

Con determinazione del dirigente il servizio assetto del territorio n. 18256 di prot. O.D. S.A.T. n. 4/2006 del 1° dicembre 2006, rilevata la difformità dell’altezza del piano interrato (a garage) posto al confine nord e una maggior altezza dell’edificio di cui alla lettera D, era stata disposta la demolizione del solaio sovrastante la corsia di accesso e manovra al piano seminterrato e del muro perimetrale di delimitazione della corsia posto sul confine nord del suolo di proprietà aliena e l’annullamento parziale della d.i.a., con riserva di determinare la sanzione pecuniaria ex art. 34 del d.P.R. n. 380/2001.

Essa era insorta prospettando plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Aveva poi gravato il provvedimento determinativo della sanzione, per invalidità derivata, riproponendo il terzo motivo di censura articolato avverso la determinazione “genetica”.

L’amministrazione comunale odierna appellante e la controinteressata Varvara srl proprietaria del suolo posto sul confine nord interessata all’esecuzione del provvedimento dirigenziale repressivo avevano chiesto di respingere i ricorsi in quanto infondati in fatto.

L’amministrazione comunale, infatti, aveva fatto presente che il muro realizzato dall’appellata al confine con la proprietà aliena presentava altezze variabili da 3,60 a 5,00 metri su fronte ininterrotto di circa 65 metri, rispetto alla quota sottoposta del fondo confinante, e tale parte emergente del piano c.d. cantinato destinato a garage rappresentava pertanto volume edilizio, in contrasto con il progetto (e neppure sanabile alla stregua delle sopravvenute prescrizioni del P.R.G), mentre, per altro verso, sussisteva la maggior altezza del corpo D.

La controinteressata Varvara, S.r.l., dal canto proprio, aveva rimarcato che il muro realizzato sul confine, per dimensioni e caratteristiche strutturali (con asserite altezze variabili sino addirittura a un massimo di otto metri) non presentava la natura di muro di cinta ma di manufatto costruito in violazione della distanza minima dal confine.

Essa aveva poi negato l’avvenuta effettuazione di qualsivoglia movimento di terra e/o sistemazioni del proprio piano di campagna nonché la preesistenza di muro a secco sul confine, depositando una perizia giurata di parte esplicativa.

Il primo giudice, con la sentenza parziale n. 2106/2007 ha esaminato la terza censura del mezzo principale (e la connessa censura del ricorso per motivi aggiunti) ed ha disposto incombenti istruttori quanto alle ulteriori doglianze.

In particolare, ha scrutinato, ed accolto, il mezzo incentrato sulla asserita insussistenza di alcuna violazione relativa all’altezza massima del corpo D.

L’appellata, aveva in proposito sostenuto che, a cagione della circostanza che trattavasi di unico edificio con autonomi corpi scala, l’altezza massima doveva essere calcolata, (ex art. 7 N.T.A. del previgente P.d.F), in funzione della media di tutte le altezze medie dei vari fronti dell’edificio.

La tesi del comune, in ogni caso, era errata in quanto dall’altezza massima del corpo D pari a ml. 11,13 doveva essere detratto lo spessore dei solai intermedi per la parte eccedente 30 cm. Posto che i quattro solai intermedi avevano spessore di 39 cm., il calcolo aritmetico dimostrava il rispetto dell’altezza massima (4x9= 36 cm.; 11,13-0,36= 10,77 inferiore a ml. 11,00).

Per altro verso, anche considerando la semisomma algebrica delle altezze agli estremi fuori terra del corpo D si otteneva un valore inferiore a ml. 11,00 (10,60+11,70=22,30:2=11,15-0,36=10,79).

Il primo giudice ha disatteso la prima parte della censura dell’odierna appellata, pervenendo al convincimento per cui la determinazione dell’altezza del corpo di fabbrica D doveva essere calcolata tenendo conto delle sole altezze del medesimo.

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DIRITTO

I riuniti appelli (la riunione è già stata disposta con la ordinanza che ha disposto l’incombente istruttorio) devono essere accolti, con conseguente riforma delle gravate decisioni e reiezione dei ricorsi di primo grado.

1. In via preliminare rileva il Collegio - al fine di perimetrare il materiale cognitivo esaminabile - che gli unici argomenti di critica da sottoporre a scrutinio sono quelli prospettati dall’appellante amministrazione comunale: parte appellata infatti, si è costituita con memoria di stile, e soltanto successivamente ha depositato memorie esplicative delle proprie difese. Premesso che l’intera vicenda processuale risulta governata, ratione temporis dalle disposizione antevigenti rispetto all’entrata in vigore del c.p.a., si deve fare applicazione del consolidato principio secondo il quale (Cons. Stato Sez. IV, 10-08-2011, n. 4766) “in applicazione estensiva dell'art. 346 c.p.c. che, nel processo amministrativo, si afferma il principio della riproponibilità dei motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria, così semplificando gli oneri dell'appellante incidentale (proprio), esentandolo dalla necessità di notificazione dell'atto. Peraltro, se pure si consente la riproposizione dei motivi per il tramite di memoria e non di appello incidentale (accordando prevalenza all'art.346 c.p.c. sull'art. 37 R.D. n. 1054/1924), non si può escludere che detta memoria debba essere comunque depositata entro il termine previsto dal citato art. 37. E ciò a maggior ragione vista l'assenza di diversa previsione nell'art. 346 c.p.c.”.

Nel caso di specie posto che il termine di cui all'art. 37 R.D. n. 1054/1924 non è stato rispettato, non sarebbe esaminabile alcun motivo assorbito, né alcuna censura incidentalmente riproposta da parte appellata.

1.1. Ciò premesso, il Collegio ha sintetizzato – nella parte in fatto della presente decisione – lo sviluppo del contenzioso di primo grado, le censure mosse dal comune odierno appellante alle motivazioni contenute nelle gravate decisioni, e da tale esposizione può agevolmente ricavarsi la ratio sottesa alla ordinanza collegiale istruttoria n. 4927/2012 del 10 luglio 2012.

In data 28 maggio 2013 è stato depositato l’elaborato di verificazione mercé il quale è stata data risposta ai tre macroquesiti sviluppati nell’ordinanza collegiale.

È utile rammentare che il primo dei detti quesiti incideva sulle statuizioni contenute nella sentenza parziale nr. 2106/2007 gravata nell’ambito del ricorso nr. 2449 del 2008 mentre gli ulteriori due quesiti facevano riferimento alle statuizioni contenute nella sentenza definitiva del TA.R. della Puglia, Sezione III, nr. 2017/2008 gravata nell’ambito del ricorso nr. 9880 del 2008.

In particolare, il primo quesito faceva riferimento alla questione della (contestata nel mezzo di primo grado ed esclusa nella sentenza parziale 2106/2007) maggior altezza del corpo di fabbrica di cui alla scala D come rilevata nell’ordinanza dirigenziale del 1° dicembre 2006 e sanzionata in via pecuniaria con la determinazione dirigenziale del 14 gennaio 2007 entrambe gravate vittoriosamente in primo grado (la suindicata sentenza aveva annullato la determinazione dirigenziale n. 1251 del 14 gennaio 2007).

La verificazione ha fornito in proposito un esito univoco, essendosi ivi accertato che l’altezza media del corpo di fabbrica di cui alla scala “D” dell’immobile oggetto della concessione Edilizia nr. 81/02 dell’8 aprile 2003, rilasciata dal Comune di Cassano delle Murge in favore della S.I.L.CO. srl (poi sostituita dalla Se.Ge.Co. srl) e dalla successiva DIA in variante dell’11 ottobre 2006 risultava pari a 12.02 metri (12.38-[4x(0.39-0.30)] = 12.02 metri) e pertanto superiore ai m.11.00 ammessi dal vigente PdF (dato, quest’ultimo, rimasto pacifico ed incontestato dalle parti durante tutto lo svolgimento del giudizio di primo grado).

Quanto agli ulteriori due quesiti, già riportati per esteso nella parte in fatto della presente decisione, ma che appare utile per comodità espositiva ritrascrivere di seguito: (“Accertamento della conformità tra quanto eseguito e quanto progettato in relazione al muro sul confine nord ed al solaio di copertura della rampa di accesso al piano cantinato destinato a garage sul medesimo immobile, interessati dall’ingiunzione di demolizione nr. 18256 del 1 dicembre 2006;

In particolare, individuazione delle quote sul confine nord prima e dopo l’intervento edilizio, dell’altezza effettiva del corpo di fabbrica a confine e dell’eventuale esubero volumetrico fuori terra, nonché della relazione tra il solaio di copertura della rampa di accesso al garage, il solaio dello stesso garage e gli altri solai e parti strutturali fuori terra dei vari corpi di fabbrica.”) anche in tale caso la verificazione ha fornito esito univoco.

Ivi infatti è stato affermato che, quanto al primo profilo, “si rileva una mancata conformità tr

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P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sui riuniti appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l&rsquo

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