3 - Il primo motivo di ricorso (n. 2,1) non può essere accolto. Nel capo di imputazione era contestata l'abusiva esecuzione di lavori edili di ristrutturazione nel complesso immobiliare "San Quirico alla Felice", costituito da una chiesa, una canonica e un annesso, lavori eseguiti "in particolare" in una porzione della canonica e dettagliatamente descritti nel verbale di accertamento stilato dalla polizia municipale. Orbene, nel suddetto verbale di accertamento erano descritti come abusivi, tra gli altri, la realizzazione di un bagno in un locale facente parte della sacrestia, nonché numerosi interventi nel piano terreno e nel primo piano della canonica. Poiché la locuzione avverbiale "in particolare" non ha valore di esclusione, ma di specificazione, si deve concludere che nei lavori abusivi contestati rientravano sia quelli eseguiti nella canonica sia quelli eseguiti nella chiesa, e quindi nella sacrestia. Tanto chiarito e premesso, si deve disattendere la tesi difensiva secondo cui i lavori de quibus non potevano configurare il reato di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 118 (ora D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 169), perché non erano concretamente idonei a offendere il bene penalmente tutelato.
Al riguardo, occorre svolgere alcune brevi considerazioni in ordine alla offensività del reato, la cui sinteticità è imposta dalla sede, ma non intende sottovalutare la complessità di un tema che ha travagliato a lungo dottrina e giurisprudenza.
Il principio di offensività nel diritto penale, secondo cui non sussiste reato senza una effettiva offesa (sotto forma di lesione o di messa in pericolo) del bene protetto, è fondato su una precisa interpretazione dell'art. 49 c.p., comma 2, e confermato dai principi consacrati nell'art. 25 Cost., comma 2, e art. 27 Cost., commi 1 e 3. Come tale, esso è ormai espressamente riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale ed è applicato - anche se non sempre tematizzato - dalla giurisprudenza di legittimità. L'applicazione del principio in questione, tuttavia, presuppone l'esatta individuazione del bene tutelato dalla norma incriminatrice. Nei reati formali, come quello urbanistico di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, o quello paesaggistico di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, il bene tutelato è l'interesse della pubblica amministrazione competente a controllare preventivamente che la trasformazione dell'assetto territorial