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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Sent. C. Cass. S.U. civ. 11/11/2009, n. 23825
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SENTENZALA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE |
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCANNAVÒ Alfio conveniva in giudizio Carmela D'Anna e D'Anna Angela, quali eredi della sorella D'Anna Angela, esponendo che il 18/1/1992 aveva stipulato con quest'ultima un contratto preliminare in virtù del quale la D'Anna si era impegnata a vendergli un immobile sito in Aci Castello per il corrispettivo di L. 400.000.000 di cui 100 milioni versati in contanti al momento della stipulazione del preliminare, a titolo di acconto prezzo e di caparra confirmatoria, 100 milioni pagati mediante restituzione di effetti cambiari rilasciati a favore di esso Cannavò da D'Anna Carmela ed Angela, 40 milioni in contanti dopo un mese dal preliminare, 60 milioni alla stipula del definitivo e 100 milioni imputando al detto prezzo l'equivalente ammontare dovuto ad esso attore da D'Anna Maria a titolo di corrispettivo dell'appalto riguardante la sistemazione di altro immobile di proprietà di D'Anna Carmela. Deduceva il Cannavò di aver adempiuto alle proprie obbligazioni mentre la D'Anna, contrattualmente obbligata a trasmettergli il possesso dell'immobile, l'aveva locato a terzi e gli aveva dichiarato che il bene era libero e franco da pesi ed oneri mentre sullo stesso gravava un sequestro conservativo per 100 milioni. Tanto Maria D'Anna che le convenute avevano ritardato il compimento dei lavori appaltati impedendogli di consegnare l'opera. L'attore chiedeva quindi che gli fosse trasferito in proprietà, ex art. 2932 c.c., l'immobile oggetto del compromesso con disposizione di immissione in possesso e con la condanna delle convenute, tra l'altro, alla restituzione dei fr |
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MOTIVI DELLA DECISIONEIl ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c.. Con il primo motivo del ricorso principale Carmela ed D'Anna Angela denunciano violazione della L. n. 47 del 1985, art. 17 e art. 40, commi 2 e 3, in relazione agli artt. 1418 e 2932 c.c. ed agli artt. 100, 112 e 345 c.p.c., nonché vizi di motivazione. Sostengono le ricorrenti principali che la dichiarazione giurata prodotta nel giudizio di appello, in quanto proveniente da soggetto diverso dal "proprietario o altro avente titolo, è stata erroneamente considerata idonea a rimuovere l'impedimento alla trasmissione del bene immobile in questione. La corte di appello è incorsa in un fraintendimento delle disposizioni di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 3 e 4, riferendosi genericamente al detto articolo laddove il Cannavò nell'atto di appello aveva fatto riferimento al quarto comma e all'istituto della conferma successiva unilaterale dell'atto nullo incompatibile con il giudizio ex art. 2932 c.c.. La dichiarazione de qua, non attiene poi alla sfera "probatoria" del giudizio, ma costituisce un requisito essenziale dell'atto di trasferimento e quindi della sentenza ex art. 2932 c.c., sicché la sua produzione tardiva in appello, integrando un presupposto necessario esterno per la validità dell'atto, determina una inammissibile domanda nuova in appello, rispetto a quella proposta in primo grado senza tale documento e quindi diversa. Il motivo non è fondato. Innanzitutto va rilevata l'infondatezza delle asserite violazioni degli artt. 112 e 345 c.p.c., per aver la corte di appello accolto la domanda del Cannavò per un motivo in diritto diverso da quello dedotto dall'appellante e per aver inoltre accolto una domanda nuova proposta per la prima volta in grado di appello. In proposito va evidenziato che dalla lettura degli atti processuali - attività consentita in questa sede di legittimità attesa la natura in procedendo del vizio denunciato - e, in particolare, dell'atto di appello così come articolato dal Cannavò risulta evidente che quest'ultimo con il detto atto di gravame non si limitò a chiedere la riforma della impugnata sentenza del tribunale facendo riferimento solo alla conferma successiva unilaterale dell'atto nullo e alla previsione normativa dettata "dalla L. n. 47 del 1985, art. 40" (non applicabile al giudizio promosso ex art. 2932 c.c.), ma espressamente dichiarò anche di produrre la documentazione relativa alla realizzazione dell'immobile oggetto di compravendita in data anteriore all'1/9/1967 in tal modo rimuovendo - indipendentemente da quanto disposto dal menzionato "della L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 4" - "l'impedimento che, secondo la sentenza impugnata avrebbe impedito il trasferimento ai sensi dell'art. 2932 c.c.". La corte di appello correttamente ha preso in esame la detta richiesta come formulata dal Cannavò e l'ha ritenuta fondata - per i motivi sopra riportati - in tal modo pronunciando su una domanda ritualmente proposta senza andare oltre i limiti di essa e senza quindi violare i principi di cui all'art. 112 c.p.c.. Patimenti destituita di fondamento è la tesi delle D'Anna secondo cui "in dichiarazione de qua costituisce un requisito essenziale dell'atto di trasferimento e quindi della sentenza ex art. 2932 c.c., sicché la sua produzione tardiva in appello non vale a determinare una nuova prova (documentale) ma, integrando un presupposto necessario esterno per la validità dell'ano, determina una domanda nuova" rispetto a quella formulata in primo grado. Al riguardo è sufficiente osservare che - come puntualmente segnalato dal Cannavò nel controricorso - la sussistenza della dichiarazione in parola non costituisce un presupposto della domanda, ma una condizione non della domanda ma delibazione (che ben può intervenire, in quanto requisito di fondatezza della domanda, in corso di causa) per cui è necessario che il documento - da poter produrre anche in secondo grado - sia stato acquisito al momento della decisione della lite. La carenza di detto documento è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con la conseguenza che sia l'allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono avvenire anche nel corso del giudizio d'appello (purché prima della relativa decisione). Con la prima parte del motivo del ricorso principale in esame le D'Anna pongono la questione - ritenuta di particolare importanza dalla citata ordinanza delle secondo sezione civile di questa Corte - se, nell'ambito del giudizio di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita di immobile ex art. 2932 c.c., la prova della sussistenza della situazione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40, con riferimento all'ipotesi di costruzione iniziata prima dell'1/9/1967 possa essere fornita anche dal promissario acquirente oltre che dal promettente venditore. A detto quesito va data risposta positiva. Il quadro normativo di riferimento è il seguente: - L. n. 47 del 1985, art. 40, commi 2 e 3: Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui dell'art. 35, comma 6. Per le opere iniziate anteriormente al 1^ settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti della L. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 4, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1^ settembr |
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P.Q.M.La Corte riunisce i ricorsi e il rigetta; compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione. |
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