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Delib. G.R. Lombardia 31/10/2014, n. X/2591

Riordino dei reticoli idrici di Regione Lombardia e revisione dei canoni di polizia idraulica.

Con le modifiche introdotte da:
- Delib. G.R. 03/07/2015, n. X/3792

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[Premessa]



LA GIUNTA REGIONALE


Visto il r.d. 25 luglio 1904, n. 523 «Testo Unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie» e ss.mm.ii;

Vista la legge 5 gennaio 1994, n. 37 «Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche»;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59 «Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti Locali per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa»;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»;

Visto il d.p.c.m. 12 ottobre 2000 «Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di demanio idrico» con il quale è stato trasferito alla regione, dal 1 gennaio 2001, la gestione del demanio idrico di cui all’art. 86 del d.lgs. n. 112/1998;

Visto l’art. 2 del d.p.c.m. 12 ottobre 2000 che stabilisce che i proventi ricavati dall’utilizzazione del demanio idrico sono posti a compensazione della riduzione delle risorse finanziarie da trasferire alle regioni per l’esercizio delle funzioni di cui al Titolo «III» del d.lgs. n. 112/98;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali»;

Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale»;

Vista la legge regionale 14 agosto 1973, n. 34 - «Provvedimenti in materia di viabilità, opere igieniche ed altre opere pubbliche»;

Vista la legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 «Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione»;

Vista la legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 «Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale»;

Vista la legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1 «Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112»;

Vista la legge regionale 2 aprile 2002, n. 5 «Istituzione dell’Agenzia Interregionale per il fiume PO (AIPO)»;

Vista la legge regionale 14 luglio 2003, n. 10 «Riordino delle disposizioni legislative regionali in materia tributaria – Testo unico della disciplina dei tributi regionali» ed in particolare gli artt. da 26 a 29, che disciplinano l’imposta sulle concessioni per l’occupazione e l’uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello stato;

Visto l’art. 1 della legge regionale 27 dicembre 2006, n. 30, «Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2007» e s.m.i., con cui è stato istituito il Sistema regionale e sono stati definiti - negli allegati A1 ed A2 della legge medesima - i soggetti che lo costituiscono;

Visto l’art. 6 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 33 «Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - collegato 2008»;

Vista la legge regionale 27 giugno 2008, n. 19 «Riordino delle Comunità Mon

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Allegato A - Individuazione del reticolo idrico principale

Premesse

N2

Il presente elenco è stato redatto in applicazione dell’art. 3, comma 108, l.r. 1/2000 e s.m.i. e identifica i corsi d’

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Allegato B - Individuazione del reticolo idrico di competenza dell’agenzia interregionale del fiume Po


Premesse

N2

L’elenco in questione identifica i corsi d’acqua del reticolo idrico regionale di competenza di AIPO; per ciascuno di essi è indicata, laddove su

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Allegato C - Individuazione del reticolo idrico di competenza dei consorzi di bonifica


Premesse

N2

Il presente elenco è stato redatto in applicazione dell’art. 85 della l.r. 31/2008 e s.m.i. e identifica i corsi d’acqua facenti parte del “Reticolo Idrico di competenza dei consorzi di bonifica” (RIB); è composto da canali artificiali e corsi d’acqua naturali sui quali i Consorzi di Bonifica esercitano le funzioni di seguito indicate. L’inclusione di un corso d’acqua nel presente elenco non comporta modifiche delle sue caratteristiche artificiale o naturale. E’ suddiviso in linea generale sulla base degli ambiti di competenza dei Consorzi di Bonifica e dell’Associazione Irrigazione Est Sesia operanti sul territorio regionale alla data di approvazione della presente delibera.

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Allegato D - Criteri per l’esercizio dell’attività di polizia idraulica di competenza comunale


1. Premessa

Il presente documento, in attuazione della legge 1/2000, fornisce criteri e indirizzi ai comuni per la ricognizione del reticolo idraulico minore e per l’effettuazione dell’attività di polizia idraulica”, intesa come attività di controllo degli interventi di gestione e trasformazione del demanio idrico e del suolo in fregio ai corpi idrici.


2. Normativa di riferimento in materia di demanio idrico

La norma di riferimento in materia di individuazione ed assoggettamento al regime demaniale dei beni del demanio idrico è il Codice CivileR: l’art. 822 dispone che “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico […] i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia […]”.

La “legge in materia” è stata, fino al 1999, il T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775 “Approvazione del Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici” che all’articolo 1 disponeva “Sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, considerate sia isolatamente per la loro portata e per l’ampiezza del rispettivo bacino idrografico al quale appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico e generale interesse.” La disposizione poneva come requisito ai fini della demanialità che le acque avessero già o acquistassero l’attitudine ad usi di pubblico e generale interesse”. Tale definizione, già molto ampia di attribuzione alla proprietà pubblica (demaniale) delle acque, lasciava comunque aperta la possibilità dell’esistenza del dominio privato sulle acque qualora non fosse possibile accertare da parte della P.A. la sussistenza del requisito anzidetto.

In applicazione di tale normativa lo Stato ha iscritto in appositi elenchi le acque ritenute pubbliche sulla base dei requisiti di cui sopra. E’ interpretazione consolidata della giurisprudenza che gli elenchi delle acque pubbliche non facevano che constatare uno stato giuridico già esistente: l’acqua era da considerarsi pubblica non in ragione dell’iscrizione negli elenchi, ma proprio per le sue insite caratteristiche e qualità che erano meramente “accertate” dalla P.A.. L’iscrizione negli elenchi aveva quindi natura “dichiarativa” di uno status giuridico posseduto ab origine dall’acqua. Tale procedimento lasciava aperta la possibilità di ricorrere avverso l’iscrizione, al fine di accertare e dichiarare caso per caso il carattere privato dell’acqua.

L’art. 1 del T.U. 1775/1933 è stato abrogato dal D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238 R, Regolamento recante norme per l’attuazione di talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, che sanciva “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne.”.

Quest’ultima disposizione è stata successivamente superata dall’articolo 144 del d.lgs 3 aprile 2006, n. 152R “Norme in materia ambientale” che al comma 1 dispone: “Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.” Quest’ultima disposizione è quindi l’attuale “legge in materia” a cui rimanda l’articolo 822 del Codice Civile.

In sintesi è pertanto possibile affermare che appartengono al demanio dello Stato i fiumi, i torrenti, i laghi e tutte le acque superficiali e sotterranee ancorché non estratte dal sottosuolo. In tale complesso di beni costituenti la demanialità idrica sono, ovviamente, comprese anche tutte le acque già dichiarate pubbliche (demaniali) ai sensi della previgente disciplina ed iscritte negli appositi elenchi emanati fino al 1994.

Appare chiaro in modo inequivocabile che nell’ordinamento legislativo italiano degli ultimi 15 anni vi è stata una progressiva estensione della demanialità idrica a scapito del dominio privato sulle acque fino a giungere alla definizione netta contenuta della norma del 2006 ed alla sostanziale sparizione di fatto delle acque private.

Chiarito che le acque (tutte, non più solo quelle iscritte negli elenchi) appartengono al demanio dello Stato occorre definire l’estensione del complesso delle pertinenze dell’acqua demaniale, anch’esse demaniali. E’ infatti pacifico che i corsi d’acqua ed i laghi si compongono oltre che della massa liquida, anche dell’alveo e delle rive (o delle spiagge per le acque lacuali) ed il tutto forma il complesso della demanialità idrica.

Relativamente ai corsi d’acqua, l’alveo è formato dallo spazio di terreno scavato naturalmente dal deflusso delle acque o dall’opera dell’uomo e dalle stesse occupate durante il periodo di piena normale (ordinaria) e non eccezionale. Lo spazio di terreno che, nei corsi non arginati viene occupato dalla piena eccezionale, si chiama riva interna, o sponda, e la zona che ad essa è contigua, riva esterna. Gli argini sono invece quelle opere artificiali che vengono costruite contro le possibili piene. Sono senz’altro attribuibili al complesso demaniale idrico le rive interne, mentre gli argini, considerati elementi non essenziali del corso d’acqua, e più ancora le rive esterne, possono rimanere di proprietà privata dei comproprietari finitimi, seppure oberate di servitù pubblica. Se gli argini sono costruiti o espropriati dalla P.A. devono ritenersi anch’essi demaniali (pubblici) ancorché non facenti strettamente parte “ab origine” del complesso del demanio idrico ma acquisti al demanio per specifico procedimento amministrativo.

Sulla demanialità dei fiumi e torrenti, intesi come acque fluenti ed alveo pertinenziale annesso, non vi è alcun dubbio dato che il Codice Civile addirittura li menziona esplicitamente.

Per “le altre acque definite pubbliche” a cui fa riferimento il Codice Civile si devono intendere tutti gli altri corsi d’acqua formati da acque (pubbliche) naturalmente fluenti aventi una qualsivoglia denominazione locale (rivi, fossati, scolatori etc.) con portata perenne o con portata intermittente sia che costituiscono affluenti naturali di qualsivoglia ordine e grado di corsi d’acqua o bacini imbriferi più importanti sia che essi stessi si esauriscono o spaglino. Non è rilevante il fatto che essi siano o meno stati interessati nel corso del tempo dall’intervento di privati o della pubblica amministrazione.

Infatti, l’art. 93 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523 “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie” indica quale oggetto delle funzioni tecnico amministrative di polizia idraulica gli alvei “dei fiumi, torrenti, rivi, scolatori pubblici e canali di proprietà demaniale” ed inoltre specifica che “formano parte degli alvei i rami o canali, o diversivi dei fiumi, torrenti, rivi e scolatori pubblici, ancorché in alcuni tempi dell’anno rimangono asciutti.”

L’estensione dell’individuazione dei corsi d’acqua demaniali non può che comprendere le sorgenti, sia che si tratti di fiumi, torrenti o di altri corsi d’acqua diversamente denominati, in quanto ne costituiscono di fatto il loro caput fluminis.

Dalle suindicate definizioni, tese ad individuare il reticolo idrico demaniale, occorre invece distinguere i canali artificiali, interamente costruiti per opera dell’uomo, e tra essi distinguere quelli costruiti da privati o dalla pubblica amministrazione, quelli a scopo di bonifica o di irrigazione o entrambe.

Circa i canali costruiti da privati si deve fare riferimento al T.U. 1775/1933. Se i canali sono costruiti dai concessionari, in quanto opere necessarie all’esercizio delle utenze ottenute, sono da considerarsi in loro proprietà fino al termine del rapporto di concessione. L’acqua

pubblica, in essi immessa e che vi scorre, non perde la sua natura giuridica di bene demaniale: essa, infatti, è derivata (sottratta) per il tempo e secondo il modo disciplinato dalla concessione dal luogo ove naturalmente si trova per essere destinata ad un uso speciale in favore del concessionario, essendo stato ritenuto tale uso compatibile con il pubblico interesse. Al termine della concessione,

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Allegato E - Linee guida di polizia idraulica


Premesse

N2

L’appartenenza dei corsi d’acqua al Demanio dello Stato nasce dalla evidente utilità generale della risorsa e anche da altri aspetti, tra i quali le interazioni tra l’utilità generale e le attività umane, insediative e di sfruttamento territoriale.

Questa condizione, unita alla circostanza che la loro gestione, in senso ampio e generale del termine, costituisce pubblico generale interesse, impone che le attività umane interferenti con i corsi d’acqua debbano presentare caratteristiche di compatibilità tali da assicurare il bene pubblico.

L’art. 89 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112R ha trasferito alle Regioni la gestione del demanio idrico, in attuazione del processo di decentramento amministrativo di cui alla l. 15 marzo 1997, n. 59R, confermando comunque allo Stato la titolarità del demanio idrico.

In particolare, sono stati trasferiti a Regioni ed Enti Locali le funzione relative «ai compiti di polizia idraulica e di pronto intervento di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 e al regio decreto 9 dicembre 1937, n. 2669, ivi comprese l’imposizione di limitazioni e divieti all’esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell’area demaniale idrica, qualora questi siano in grado di influire anche indirettamente sul regime dei corsi d’acqua» e “alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative ………. nonché alla determinazione dei canoni di concessione e l’introito dei relativi proventi………….”; in tal senso sono da intendersi trasferiti anche i compiti di polizia idraulica definiti prima dal R.D. 8 maggio 1904, n. 368 ed oggi dal R.R. 3/2010 in forza della l.r. 31/2008.

Regione Lombardia, in applicazione dell’art. 3 del D.Lgs 112/1998, con l.r. 1/2000 ha stabilito, previa identificazione dei reticoli, di esercitare le competenze in materia di polizia idraulica sul Reticolo Idrico principale, delegando ai comuni la competenza sul Reticolo Idrico Minore. Sul reticolo consortile le attività di polizia idraulica sono esercitate dai Consorzi di Bonifica ai sensi del Regolamento Regionale 3/2010 ovvero dai regolamenti consortili approvati dalla Giunta ai sensi della L.R. 31/2008 e s.mi.. Le indicazioni sopracitate sono da intendersi di carattere generale; nel successivo punto 4 e nelle premesse agli allegati A, B e C sono identificati in modo specifico i compiti dell’Autorità Idraulica competente per ciascun reticolo idrico e le relative attività di polizia idraulica.

Le linee guida e i suggerimenti contenuti nel presente documento si propongono di avvicinare le prassi amministrative e di accompagnare gli operatori regionali e del territorio locale nell’applicazione della normativa di polizia idraulica al demanio idrico compreso nel territorio della Regione Lombardia.

A tale proposito l’art. 56 del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che «l’attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi» volti ad «assicurare la tutela, il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni di rischio e la lotta alla desertificazione» (art. 53) non possono essere disgiunti dallo svolgimento di varie attività, fra le quali, in particolare al punto i) troviamo «lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonché della gestione dei relativi impianti».

Il secondo comma del suddetto articolo precisa che dette attività sono svolte secondo criteri, metodi e standard finalizzati a garantire:

a) «condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;

b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.»

Nel testo della legge 11 dicembre 2000, n. 365 “conversione in legge con modifica del decreto legge 12 ottobre 2000”, n. 279 «recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile..», all’art. 2 dell’allegato, viene data particolare importanza, oltre agli interventi di ripristino, ad «una attività straordinaria di sorveglianza e ricognizione lungo i corsi d’acqua e le relative pertinenze, nonché nelle aree demaniali, attraverso sopralluoghi finalizzati a rilevare le situazioni che possono determinare maggiore pericolo, incombente e potenziale, per le persone e le cose ..».

Il secondo comma dello stesso art. 2 prevede che l’attività venga svolta ponendo particolare attenzione a:

a) le opere e gli insediamenti presenti in alveo e nelle relative pertinenze;

b) gli invasi artificiali, in base ai dati resisi disponibili dal servizio dighe;

c) i restringimenti nelle sezioni di deflusso prodotti dagli attraversamenti o da altre opere esistenti;

d) le situazioni di impedimento al regolare deflusso delle acque, con particolare riferimento all’accumulo di inerti e relative opere di dragaggio;

e) l’apertura di cave ed il prelievo di materiale litoide;

f) le situazioni di dissesto, in atto o potenziale, delle sponde e degli argini;

g) l’efficienza e la funzionalità delle opere idrauliche esistenti, il loro stato di conservazione;

h) qualsiasi altro elemento che possa dar luogo a situazione di allarme».

Dal punto di vista del governo del territorio, una corretta gestione del demanio idrico può incidere in modo fortemente positivo sulla tutela e valorizzazione dell’ambiente e sull’equilibrio idraulico, con risvolti importanti sugli aspetti della sicurezza.

In particolare, l’attività di difesa del suolo nell’area lombarda è fortemente condizionata dai seguenti aspetti specifici:

1. situazione delle aree fortemente antropizzate della pianura e dei fondovalle montani, dove l’alta densità urbana ha portato al graduale restringimento degli alvei naturali e alla progressiva eliminazione delle aree di laminazione delle piene, portando a elevate criticità sotto il profilo idraulico, aggravate dal graduale aumento delle portate di piena legato a fattori climatici e antropici;

2. elevata compromissione delle fasce fluviali principali, ivi compresa la fascia golenale del fiume Po, che determina un progressivo peggioramento dell’assetto idraulico nelle zone di valle;

3. sempre maggiore scarsità di risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo, a fronte delle necessità di attuare importanti opere strutturali di difesa dalle esondazioni e di stabilizzazione di versanti soggetti a dissesto e di garantire l’efficacia nel tempo delle opere realizzate attraverso una costante opera di manutenzione;

4. esigenza di dedicare risorse ad opere di laminazione delle portate derivanti dal drenaggio delle aree urbane (sistema di collettamento e di smaltimento delle acque piovane) per evitare ulteriori incrementi dell’entità delle piene;

5. contenimento dell’uso del suolo mediante interventi di recupero e ristrutturazione delle aree già urbanizzate che assumano un peso rilevante rispetto all’occupazione di nuove aree e possano essere un’occasione di riqualificazione e recupero del territorio, rimediando anche a compromissioni avvenute quando più forte era la spinta a un’espansione indiscriminata delle aree urbane;

6. presenza di diffuse situazioni di abusivismo da far emergere e regolarizzare, recuperando i relativi canoni.

Di tale situazione dovrà essere debitamente tenuto conto nello svolgimento delle attività di polizia idraulica.

Conseguentemente gli obiettivi della gestione del demanio idrico sono rivolti a:

a) migliorare la sicurezza idraulica del territorio attraverso il controllo mirato delle opere, insediamenti, manufatti e usi del territorio che interferiscono con gli alvei fluviali e le relative fasce di esondazioni in caso di piena;

b) favorire il recupero degli ambiti fluviali all’interno del sistema regionale del verde e grandi corridoi ecologici;

c) garantire il mantenimento della funzionalità degli alvei, delle opere idrauliche e di difesa del suolo anche attraverso il corretto svolgimento delle attività di polizia idraulica;

d) disincentivare gli usi del suolo incompatibili con la sicurezza idraulica e l’equilibrio ambientale;

e) promuovere la delocalizzazione degli insediamenti incompatibili e l’adeguamento dei manufatti interferenti.

f) realizzare interventi che non modifichino negativamente gli obiettivi di qualità ambientale con particolare riguardo alla tutela delle aree di pertinenza dei corsi d’acqua con lo scopo di preservare i paesaggi, le zone umide ed arrestare la perdita di biodiversità.


Titolo I - PRINCIPI GENERALI


1. Finalità

Il r.d. 25 luglio 1904, n. 523 all’art. 1 stabilisce che:

«Al Governo è affidata la suprema tutela sulle acque pubbliche e l’ispezione sui relativi lavori.»

e ribadisce con forza all’art. 2 che:

«Spetta esclusivamente all’autorità amministrativa lo statuire e provvedere, anche in caso di contestazioni, sulle opere di qualsiasi natura e in generale sugli usi, atti o fatti, anche consuetudinari, che possono aver relazione col buon regime delle acque pubbliche, con la difesa delle sponde ...».

La polizia idraulica consiste nell’attività tecnico-amministrativa di controllo degli interventi di gestione e trasformazione del demanio idrico e del suolo in fregio ai corpi idrici, ai fini della tutela e della preservazione del corso d’acqua stesso e delle sue pertinenze.

Ciò si traduce in particolare nella:

- sorveglianza di fiumi e torrenti al fine, da un lato, di mantenere e migliorare il regime idraulico ai sensi del t.u. 523/1904, e dall’altro, di garantire il rispetto delle disposizioni del capo VII del t.u. 523/1904, del t.u. 1775/1933, del r.d. 1285/1920 capo IX collaborando inoltre, con gli enti preposti, al controllo previsto dal d.lgs n. 42/2004 e dal d.lgs n. 152/2006 e successive modifiche;

- custodia degli argini di fiumi e torrenti la cui conservazione è ritenuta rilevante per la tutela della pubblica incolumità (vedi legge n. 677 del 31 dicembre 1996 art. 4 comma 10 ter);

- raccolta delle osservazioni idrometriche e pluviometriche, al fine di attivare nei tratti arginati le procedure del t.u. 2669/37 relative al servizio di piena e nei tratti non arginati, quindi sprovvisti di tale servizio, di avviare leazioni di contenimento e ripristino dei danni provocati dalle esondazioni, allertando gli organi di protezione civile;

- verifica con gli Enti preposti dello stato della vegetazione esistente in alveo e sulle sponde, al fine di programmare la manutenzione di quelle piante che possono arrecare danno al regolare deflusso delle acque ed alla stabilità delle sponde, con riferimento allo stato vegetativo, alle capacità di resistere all’onda di piena ed alla sezione idraulica del corso d’acqua;

- verifica del rispetto delle concessioni ed autorizzazioni assentite ai sensi del Capo VII del r.d. 523/1904;

- verifica del rispetto delle prescrizioni e delle direttive emanate dall’Autorità di Bacino competente;

- formulazione di proposte di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione;

- accertamento di eventuali contravvenzioni alle norme di cui al Capo VII del r.d. 523/1904;

- controllo del rispetto delle concessioni assentite ai sensi del t.u. 1775/33;

- verifica che i progetti e le opere di modificazione delle aree di espansione non riducano o paralizzino le laminazioni delle aree stesse e non prevedano abbassamenti del piano campagna, tali da compromettere la stabilità degli argini o delle sponde;

- verifica, in collaborazione con gli Enti preposti, che nelle zone di espansione le coltivazioni arboree presenti o da impiantare siano compatibili con il regime idraulico dei corsi d’acqua, con particolare riferimento alla loro stabilità in occasione di eventi di piena.


2. Definizioni

N3

Demanio idrico: ai sensi del 1° comma dell’art. 822 del Codice Civile, «appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia ..». Pertanto fanno parte del Demanio dello Stato tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo (art. 144. comma 1, D.Lgs. n. 152/2006). Per quanto attiene i corsi d’acqua, si considerano demaniali:

- quelli iscritti negli elenchi delle acque pubbliche;

- tutti i corsi d’acqua di origine naturale estesi verso monte fino alle sorgenti, anche se interessati da opere ed interventi di sistemazione idraulica realizzati dalla pubblica amministrazione o con finanziamenti pubblici. Sono altresì considerati demaniali, ancorché artificiali:

- i canali di bonifica realizzati dalla pubblica amministrazione direttamente o mediante i Consorzi di Bonifica;

- i canali realizzati come opere idrauliche dalla pubblica amministrazione o con finanziamenti pubblici;

- tutti gli altri canali da individuare come demaniali in base ad una specifica disposizione normativa.

Restano invece di titolarità dei privati concessionari e non hanno natura demaniale (fintanto che non passino in mano pubblica a norma dell’art. 28 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775), il complesso delle opere strumentali alle derivazioni ed al loro esercizio, nel cui ambito devono essere ricondotti i canali e gli acquedotti di cui si avvalgono i concessionari, i cui titoli sono in corso o in attesa di rinnovo, o aventi titolo alla concessione.

Alveo di un corso d’acqua: porzione della regione fluviale compresa tra le sponde incise naturali, costituite dal limite dell’erosione dei terreni operata dalla corrente idrica, ovvero fisse (artificiali), quali scogliere e muri d’argine in froldo.

La Corte di Cassazione Civile, con sentenza a sezioni unite del 18 dicembre 1998 n. 12701, ha stabilito che: «fanno parte del demanio idrico, perché rientrano nel concetto di alveo, le sponde e le rive interne dei fiumi, cioè le zone soggette ad essere sommerse dalle piene ordinarie (mentre le sponde e le rive esterne, che possono essere invase dalle acque solo in caso di piene straordinarie, appartengono ai proprietari dei fondi rivieraschi), ed altresì gli immobili che assumano natura di pertinenza del medesimo demanio per l’opera dell’uomo, in quanto destinati al servizio del bene principale per assicurare allo stesso un più alto grado di protezione. Tale rapporto pertinenziale e la conseguente demanialità del bene accessorio permangono fino al momento in cui la pubblica amministrazione manifesti la sua volontà di sottrarre la pertinenza alla sua funzione, mentre la sdemanializzazione non può desumersi da comportamenti omissivi della medesima».

Polizia idraulica: attività e funzioni di controllo poste in capo all’Autorità Idraulica, da effettuare, nel rispetto e nell’applicazione delle vigenti normative, sugli interventi di gestione e trasformazione del demanio idrico e del suolo in fregio ai corpi idrici, ai fini della tutela e della preservazione del corso d’acqua stesso e delle sue pertinenze. La polizia idraulica si esplica mediante:

a) la vigilanza;

b) l’accertamento e la contestazione delle violazioni previste in materia;

c) il rilascio di concessioni relative all’utilizzo e all’occupazione dei beni demaniali;

d) Il rilascio di nulla-osta idraulici relativi ad opere nella fascia di rispetto dei corsi d’acqua.

Concessione demaniale: è l’atto necessario per poter utilizzare un bene del demanio idrico e/o le sue pertinenze. Ai sensi del r.d. 523/1904 e del R.R. 3/2010 interessa quei soggetti, pubblici o privati, che intendono occupare aree demaniali. E’ preferibile che ogni concessione venga intestata ad un solo soggetto concessionario. Concessioni che, alla data di pubblicazione del presente provvedimento, risultino ancora intestate a più utenti manterranno la loro efficacia sino al raggiungimento del termine di scadenza. Qualora si intenda procedere al loro rinnovo sarà opportuno individuare un unico intestatario. Si distinguono due tipologie di concessioni:

- Concessione con occupazione fisica di area demaniale: quando gli interventi o l’uso ricadono all’interno dell’area demaniale, interessando fisicamente il perimetro dell’alveo o la superficie degli argini o delle alzaie. E’ soggetta al pagamento del canone demaniale e dell’imposta regionale.

- Concessione senza occupazione fisica di area demaniale: quando gli interventi o l’uso non toccano direttamente il perimetro dell’alveo o la superficie degli argini o delle alzaie, ma intercettano le proiezioni in verticale dell’area demaniale (ad es. attraversamenti in sub-alveo o aerei). E’ soggetta al pagamento del solo canone demania

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Allegato F - Canoni regionali di polizia idraulica

Parte di provvedimento in formato grafico

IL CONTENUTO COMPLETO E' RISERVATO AGLI ABBONATI.
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Allegato G

N4

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Dalla redazione

  • Demanio
  • Pubblica Amministrazione
  • Demanio idrico
  • Acque
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali

Concessioni demaniali marittime, canoni aggiornati, proroghe e scadenze

A cura di:
  • Dino de Paolis
  • Opere idrauliche, acquedottistiche, marittime e lacuali
  • Dighe
  • Costruzioni
  • Infrastrutture e opere pubbliche
  • Norme tecniche

Norme tecniche e amministrative per le dighe e gli sbarramenti di ritenuta

A cura di:
  • Alfonso Mancini
  • Infrastrutture e opere pubbliche
  • Finanza pubblica
  • Provvidenze
  • Mezzogiorno e aree depresse
  • Edilizia scolastica
  • Rifiuti
  • Terremoto Centro Italia 2016
  • Calamità/Terremoti
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali
  • Edilizia e immobili
  • Strade, ferrovie, aeroporti e porti
  • Protezione civile

Il D.L. 91/2017 comma per comma

Analisi sintetica delle disposizioni rilevanti del settore tecnico contenute nel D.L. 20/06/2017, n. 91 (c.d. “DL Mezzogiorno” convertito con modificazioni dalla L. 03/08/2017, n. 123), con rinvio ad approfondimenti sulle novità di maggiore rilievo.
A cura di:
  • Emanuela Greco
  • Infrastrutture e reti di energia
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali
  • Infrastrutture e opere pubbliche
  • Inquinamento elettrico ed elettromagnetico

Campi elettromagnetici: limiti di emissione e linee guida per la misurazione

PREMESSA E PERIMETRO NORMATIVO (Campi elettromagnetici ad alta frequenza; Campi elettromagnetici a bassa frequenza) - CAMPI ELETTROMAGNETICI AD ALTA FREQUENZA (Valori di attenzione, limiti di esposizione e obiettivi di qualità; Trasmissione dei dati e fattori di riduzione; Fattori di assorbimento da parte degli edifici; Definizione di pertinenze esterne con dimensioni abitabili) - CAMPI ELETTROMAGNETICI A BASSA FREQUENZA (Limiti di esposizione e valori di attenzione; Obiettivi di qualità nella progettazione di nuovi elettrodotti; Fasce di rispetto per gli elettrodotti; Tecniche di misurazione e di valutazione; Comunicazioni degli esercenti agli organi di controllo) - SANZIONI - CATASTI DELLE SORGENTI DEI CAMPI ELETTRICI, MAGNETICI ED ELETTROMAGNETICI - PROTEZIONE DEI LAVORATORI DAI RISCHI DI ESPOSIZIONE A CAMPI ELETTROMAGNETICI.
A cura di:
  • Alfonso Mancini
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali
  • Tutela ambientale
  • Appalti e contratti pubblici
  • Strade, ferrovie, aeroporti e porti
  • Trasporti
  • Programmazione e progettazione opere e lavori pubblici
  • Infrastrutture e opere pubbliche

Mobilità sostenibile e realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica

Si illustrano le principali disposizioni della Legge 11/01/2018, n. 2, pubblicata nella G.U. 31/01/2018, n. 25, che persegue l’obiettivo di promuovere l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto alternativo all'automobile e prevede che lo stato, le regioni e gli enti locali rendano lo sviluppo della mobilità ciclistica e delle necessarie infrastrutture di rete una componente fondamentale delle politiche della mobilità in tutto il territorio nazionale.
A cura di:
  • Emanuela Greco