Sent. C. Stato 31/10/2013, n. 5251 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Sent. C. Stato 31/10/2013, n. 5251

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1. Sulla decadenza dei vincoli strumentali. 2. Per le zone già urbanizzate non serve il PdL. 3. Il Comune, al momento del rilascio del PdC, deve verificare l'esistenza delle urbanizzazioni.
1. La giurisprudenza ha uniformemente escluso che la decadenza ex L. n. 1187 del 1968 dei vincoli strumentali previsti dallo strumento urbanistico possa applicarsi nei casi in cui, in alternativa al piano particolareggiato, sia prevista dal piano regolatore la possibilità di ricorso ad un piano di lottizzazione ad iniziativa privata. In questo ultimo caso, infatti, la possibilità di una pianificazione di livello derivato ad iniziativa privata, consentendo di porre rimedio ad eventuali inerzie o ritardi della P.A., esclude la configurabilità dello schema ablatorio, e quindi, conseguentemente, la decadenza quinquennale del relativo vincolo (C. Stato IV, 24 marzo 2009, n. 1765; V, 3 aprile 2000, n. 1908). Da respingere la tesi secondo la quale l'art. 2 comma 1 L. 19 novembre 1968, n. 1187, che prevede la durata quinquennale dei vincoli che comportano l'inedificabilità dei suoli, si riferisce a tutti i vincoli discendenti dal PRG, senza possibilità di distinzione tra vincoli di natura sostanziale e vincoli di natura solo strumentale, tra i secondi dei quali rientra la subordinazione dell'edificabilità di un'area alla previa formazione di un piano esecutivo (C. Stato V, 14 aprile 2000, n. 2238; id., 6 marzo 1991, n. 223). Volendo applicare tale indirizzo giurisprudenziale, l'area in precedenza sottoposta a vincoli, anche strumentali, dopo la loro decadenza quinquennale risulterebbe priva di regolamentazione urbanistica (e quindi “bianca”), in quanto, mentre la disciplina preesistente era stata ormai abrogata, quella successiva sarebbe diventata inefficace, con il risultato che all'area in questione si applicherebbe la disciplina di cui all'art. 4, ultimo comma, della L. 28 gennaio 1977, n. 10 (C. Stato V, 23 novembre 1996, n. 1413; id., 30 ottobre 1997, n. 1225). 2. Secondo l’insegnamento giurisprudenziale una concessione edilizia può essere rilasciata anche in assenza del piano attuativo pur richiesto dalle norme di piano regolatore quando in sede istruttoria l'Amministrazione abbia accertato che il lotto del richiedente è l'unico a non essere stato ancora edificato, vi è già stata, cioè, una pressoché completa edificazione dell'area (come nell'ipotesi del lotto residuale ed intercluso), e si trova in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, è anche dotata delle opere di urbanizzazione; pertanto, si può prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme di piano solo, in pratica, nei casi eccezionali in cui nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall'attuazione della lottizzazione stessa, ovvero in presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti (C. Stato V, 5 dicembre 2012, n. 6229; id., 5 ottobre 2011, n. 5450; IV, 1° agosto 2007, n. 4276; id., 21 dicembre 2006, n. 7769). Da oltre un decennio la giurisprudenza amministrativa si è assestata nell’opinione che debba considerarsi illegittimo un diniego di concessione edilizia, fondato sulla carenza di un piano attuativo pur prescritto dal piano regolatore, qualora l'area interessata dal progetto risulti urbanizzata e l’Amministrazione abbia omesso di valutare in modo rigoroso l’incidenza del nuovo insediamento, oggetto della richiesta di assenso, sulla situazione generale del comprensorio o, in altri termini, allorquando non si sia adeguatamente tenuto conto dello stato delle urbanizzazioni già esistenti nella zona di futura insistenza dell’edificazione, né siano state congruamente evidenziate le concrete, ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione (C. Stato Ad. Plen., 20 maggio 1980, n. 18; V, 16 giugno 1990, n. 538; id., V, 13 novembre 1990, n. 776; id., 6 aprile 1991, n. 446; Ad. Plen., 6 ottobre 1992, n. 12). 3. Secondo l’insegnamento giurisprudenziale una concessione edilizia può essere rilasciata anche in assenza del piano attuativo purché l'area risulti già urbanizzata e dotata dei necessari servizi. Da ciò discende, implicitamente, che l'Amministrazione comunale, in sede di valutazione della domanda di concessione edilizia, è tenuta a verificare l'esistenza delle condizioni di perdurante insufficienza dell’urbanizzazione primaria e secondaria, al quale è funzionalmente collegata l’esigenza di approvare degli strumenti attuativi. Si tratta di un adempimento istruttorio a cui l'Amministrazione, in sede di valutazione della domanda di concessione edilizia, non può sottrarsi. L'indagine va condotta con carattere di attualità ed effettività, avendo presente la situazione effettivamente esistente al momento dell'istruttoria: non vi è dunque spazio alcuno per riscontri meramente documentali, fondati su accertamenti eseguiti in tempi anteriori che potrebbero risultare non attuali. Nel caso di un’istruttoria su di una richiesta di c.e. in area soggetta a vincolo di piano, l’ambito della verifica sulla sussistenza degli standard è invero suscettibile di esatta individuazione e coincide, per evidenti esigenze di intrinseca correttezza epistemologica della metodologia istruttoria adottata, con l’area presa di volta in volta in considerazione dallo specifico “vincolo di attesa”: in linea generale quindi l’estensione territoriale rilevante è la zona territoriale omogenea di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444; laddove siano previste, le sottozone ed, ancor più in dettaglio, il comprensorio, siccome eventualmente individuato dallo strumento urbanistico generale.

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