Caparra eccessivamente onerosa nella compravendita immobiliare | Bollettino di Legislazione Tecnica
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09/01/2025

Caparra eccessivamente onerosa nella compravendita immobiliare

È valida la pattuizione della previsione di una caparra di valore spropositato rispetto al valore della compravendita immobiliare? Analisi e risposta a cura dell’Avv. Maurizio Tarantino.

COMPRAVENDITA IMMOBILIARE CAPARRA ECCESSIVA - Nella compravendita immobiliare, la caparra, di solito, può oscillare tra il 10% e il 20% del valore dell’immobile del valore del bene transato. Si tratta di una somma posta a garanzia della conclusione dell’iter d’acquisto. Tuttavia, può accadere che la somma richiesta sia esorbitante rispetto all’affare e, in questi casi, occorre valutare la liceità dell’operazione o eventuali profili di responsabilità.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.

L’AUTONOMIA CONTRATTUALE - Nell’àmbito della pacifica e libera autonomia contrattuale delle parti, come indicato dall’art. 1322 del Codice civile, le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge.
Inoltre, le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Ad esempio, l’accordo con cui le parti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare ha natura atipica ed è valido ed efficace a condizione che sussista l’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.
La causa del preliminare di preliminare va in particolare ricercata nella funzione, considerata meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, ai sensi dell’art. 1322 del Codice civile, di vincolare negozialmente le parti nel corso delle trattative, fissando punti fermi della successiva stipula del contratto preliminare e rinviando a tale momento e sede la fissazione di altri punti rilevanti (Cass. civ. 25/01/2023, n. 2269).

LA CAPARRA NELLA COMPRAVENDITA - L’art. 1385 del Codice civile disciplina la “caparra confirmatoria”, prevedendo che essa ricorre allorché un contraente (ad esempio colui che effettua una proposta per un acquisto immobiliare) dà all’altro contraente (ad esempio, il proprietario di un immobile), a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili.
Come sottolineato dai giudici, la consegna di una somma di denaro effettuata dall’uno all’altro dei contraenti al momento della conclusione di un negozio ha natura di caparra confirmatoria quando risulti che le parti hanno inteso perseguire gli scopi della legge, ovvero attribuirle la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento - secondo il meccanismo della ritenzione della caparra o della esazione del doppio di essa - qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il diritto di recesso; invece, la consegna di denaro ha natura di deposito cauzionale qualora essa sia stata conferita a garanzia di un eventuale obbligo di risarcimento del danno a carico del cauzionante (Cass. civ. 04/04/2024, n. 8989).
In sostanza, la caparra assume la funzione di liquidazione convenzionale del danno qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il potere di recesso conferitole dalla legge, essendo così legittimata a ritenere la caparra ricevuta o ad esigere il doppio di quella versata; mentre, qualora essa parte abbia preferito domandare la risoluzione o l’esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno rimane regolato dalle norme generali, onde il pregiudizio subito dovrà in tal caso essere provato nell’an e nel quantum, conservando la caparra solo la funzione di garanzia dell’obbligazione risarcitoria (Cass. civ. 24/01/2002, n. 849).

QUANTIFICAZIONE DELL’AMMONTARE DELLA CAPARRA - In generale, nell’àmbito di un contratto preliminare di compravendita, la quantificazione dell’ammontare della caparra confirmatoria a carico del promissario acquirente rientra nella pacifica e libera autonomia contrattuale delle parti.
Tuttavia, il giudice può equamente ridurre la somma da ritenere o il doppio da restituire, in ipotesi di manifesta sproporzione o ove sussistano giustificati motivi (Corte Costituzionale con le ordinanze del 24/10/2013, n. 248 e del 02/04/2014, n. 77). Difatti, ai sensi dell'art. 1385 del Codice civile, non opera alcun automatismo di attribuzione della caparra a favore del contraente rimasto adempiente, anche laddove sussista un evidente sproporzione, posto che il regolamento contrattuale è costantemente integrato dalle norme di legge che fungono da naturale contrappeso all’assetto di interessi disposto dalle parti.
In ipotesi di evidente sproporzione, potrà essere rilevata ex officio dal Giudice la nullità ex art. 1418 del Codice civile della clausola contrattuale contenente la previsione della caparra confirmatoria per contrasto con l’art. 2, Cost. In tal contesto, il Giudice costituzionale ha ipotizzato che la previsione di una caparra confirmatoria particolarmente elevata, potendo comportare una sanzione a carico della parte inadempiente al contratto preliminare particolarmente gravosa (potenzialmente anche superiore al valore dell’affare), potrebbe travalicare i limiti della meritevolezza e, quindi, porsi in contrasto con il principio di buona fede contrattuale e di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione.
In tal caso, dunque, sono diversi i margini di intervento riconoscibili al giudice a fronte di una clausola negoziale che rifletta un regolamento degli opposti interessi non equo e gravemente sbilanciato in danno di una parte. E ciò in ragione della rilevabilità ex officio della nullità della clausola stessa che entra direttamente nel contratto, in combinato contesto con il canone della buona fede, cui attribuisce vis normativa, funzionalizzando così il rapporto obbligatorio alla tutela anche dell’interesse del partner negoziale nella misura in cui non collida con l’interesse proprio dell’obbligato (Cass. civ. 24/09/1999, n. 10511: il potere del giudice di ridurre la penale manifestamente eccessiva risponde a una funzione oggettiva di controllo dell’autonomia privata).

RESPONSABILITÀ IN PRESENZA DI CAPARRA ONEROSA - Concorre con la responsabilità del notaio l’acquirente che paga una caparra considerevole del prezzo (Cass. civ. 19/12/2024, n. 33333). Nella vicenda in esame, il promissario acquirente conveniva in giudizio il notaio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della stipula di un preliminare di compravendita di immobile da lui predisposto e redatto; danni in tesi rappresentati dagli esborsi sostenuti per il pagamento della caparra pari al 90% del prezzo convenuto e delle spese del rogito, ed ascritti a responsabilità professionale del notaio, non rilevando, né informando l’istante, dell’esistenza di una clausola risolutiva espressa cui era sottoposto l’atto di provenienza in caso di mancato saldo prezzo, condizione poi avverata.
Secondo i giudici, in tal contesto, non poteva dubitarsi dell’incidenza causale della condotta colposa della danneggiata (compratrice) tra cui l’inadempimento e la determinazione della promissaria di effettuare il pagamento in misura assai vicina a quella pattuita come prezzo della promessa compravendita; una più prudente condotta della danneggiata non avrebbe ridotto le ulteriori conseguenze dannose da quello derivanti, ma ben prima, a monte, avrebbe dato a quell’evento una consistenza minore.
Sostanzialmente, la S.C. confermava il ragionamento dei giudici di merito della sussistenza del concorso - nella misura del 50% - del fatto colposo della cliente, quale soggetto professionalmente competente che ha partecipato alla stipula fornendo l’atto di provenienza esponendosi con una caparra atipica ed imprudente, pari quasi al 90% del prezzo di vendita.

SOLUZIONE AL QUESITO
Alla luce delle considerazioni esposte, è ragionevole supporre che la dazione di una somma elevata al momento della conclusione del contratto vada intesa come prestazione di un acconto”, anziché come “caparra a ciò inducendo anche la considerazione che quest’ultima qualificazione esporrebbe lo stesso venditoreall’eventualità - qualora dovesse essere lui, per avventura, a non adempiere alla propria obbligazione - di dover versare alla controparte il doppio della caparra ricevuta.
Premesso ciò, in applicazione dei citati princìpi giurisprudenziali, il problema della “eccessività” della caparra può essere risolto a monte, ritenendo la clausola che prevede una caparra sproporzionata come nulla (in tutto o in parte) ai sensi dell’art. 1418 del Codice civile, per contrasto con l’art. 2, Cost.
In applicazione di ciò e, quindi con l’intervento del giudice secondo l’orientamento della Corte Costituzionale, gli scenari possibili sono:
* nullità totale della clausola con restituzione della caparra al contraente che l’aveva corrisposta;
* nullità parziale della clausola entro i limiti in cui l’entità della stessa risulti non eccessiva (cioè non sproporzionata).
Nonostante i citati criteri e, da ultimo, l’intervento della Corte di Cassazione (sentenza n. 33333/2024) in un particolare caso di clausola eccessiva (90% dell’importo), in attesa di un orientamento definito in materia, occorre sensibilizzare le parti a porre particolare attenzione, in sede di contrattazione, su tale delicato aspetto, pena il rischio di stipulare un contratto che, in ipotesi di contenzioso con controparte, potrebbe essere addirittura essere ritenuto nullo (o parzialmente invalido); peggio se, come indicato dai giudici di legittimità, viene valutata la negligenza concorsuale della parte acquirente e del notaio.

 

Dalla redazione