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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Abusi edilizi in zone vincolate, limiti all'applicazione del terzo condono
FATTISPECIE - Nel caso esaminato da TAR Lazio-Roma 12/06/2024, n. 11900, i comproprietari di un immobile contestavano il rigetto dell’istanza di condono edilizio ex art. 32, D.L. 269/2003 e artt. 2, 3 e 6 della L.R. Lazio 12/2004 per la realizzazione di una tettoia in legno al piano terra dell’abitazione di loro proprietà. Secondo i ricorrenti l’amministrazione avrebbe dovuto chiedere il parere dall’autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre invece si era limitata a rigettare la domanda perché l’opera insisteva su un’area vincolata. Inoltre, la costruzione sarebbe stata comunque sanabile perché rientrante nel novero delle mere manutenzioni.
TERZO CONDONO EDILIZIO - INTERVENTI SANABILI - Si ricorda che per l’applicabilità del c.d. terzo condono edilizio previsto dall’art. 32 del D.L. 269/2003, conv. dalla L. 326/2003, si fa riferimento all’allegato I del medesimo Decreto che individua le seguenti tipologie di interventi suscettibili di sanatoria:
- Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
- Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del D.L. 269/2003;
- Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
- Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. c), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all'art. 2 del D.M. 02/04/1968, n. 1444;
- Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett c), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
- Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite all'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.
INTERVENTI IN ZONE VINCOLATE - Con riferimento ad abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo, il TAR Lazio 11900/2024 ha ribadito il costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale sono suscettibili di sanatoria solo le opere di minore rilevanza (c.d. abusi minori), corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato I del citato D.L. 269/2003, ossia restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria e previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (condizione sine qua non per l’approvazione della sanatoria).
Per le altre tipologie di abusi interviene una preclusione legale alla sanabilità, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (v. C. Cass. pen. 23/09/2020, n. 26524; C. Stato 20/12/2019, n. 8637).
In sostanza, ai sensi dell’art. 32, D.L. 269/2003, comma 27, lett. d), le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a) le opere siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo;
b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
d) vi sia il previo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo stesso.
Disciplina della Regione Lazio - Inoltre, ai sensi dell’art. 3, L.R. Lazio 12/2004, comma 1, lett. b), non sono neppure sanabili le opere abusive realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.
Con tale disposizione il legislatore regionale ha dunque introdotto, nell'esercizio delle proprie prerogative, una disciplina di maggior rigore che non rende sanabili le opere che determinano un aumento di volume e di superficie realizzate anche prima dell’apposizione del vincolo.
ACCERTAMENTO DI COMPATIBILITÀ CON IL VINCOLO - Il TAR ha anche precisato che nelle ipotesi di interventi c.d. maggiori, venendo in rilievo una ipotesi di preclusione normativa al condono, non vi è alcuna necessità di procedere all’accertamento di compatibilità con il vincolo paesaggistico tramite acquisizione del parere dell’autorità preposta, trattandosi di attività in alcun modo idonea ad incidere sul regime di non condonabilità ex lege delle opere (in tal senso vedi anche TAR Lazio-Roma 01/12/2023, n. 18077).
TETTOIE - I giudici hanno anche ricordato che, per giurisprudenza costante, la realizzazione di una tettoia, indipendentemente dalla sua eventuale natura pertinenziale, è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d) nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso a costruire, ai sensi dell'art. 10, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. c), laddove comporti una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce.
È, infatti, pacifico che anche gli interventi consistenti nell’installazione di tettoie o di altre strutture analoghe che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell'immobile cui accedono.
Tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza permesso di costruire allorquando le loro dimensioni siano di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite.
CONCLUSIONI - Nel caso di specie, la tettoia aveva determinato una variazione planivolumetrica ed architettonica dell’immobile qualificabile come ristrutturazione edilizia e tale da ritenere la costruzione compresa nel novero delle c.d. opere maggiori per le quali, come detto, non è consentita la sanatoria.
Sulla base di tali considerazioni il TAR ha escluso l’intervento dall'ambito applicativo del terzo condono edilizio, confermando la legittimità del contestato diniego.