FAST FIND : FL8126

Flash news del
17/05/2024

Interpretazione legge di gara, applicazione dei principi-guida previsti dal Codice 2023

Nel valutare la corrispondenza del prodotto offerto alle specifiche tecniche, la stazione appaltante deve basarsi su criteri di “conformità sostanziale” e non su rigidi riscontri formalistici. Il TAR Campania sottolinea il ruolo fondamentale dei principi guida del nuovo Codice appalti nell’interpretazione della disciplina di gara.

FATTISPECIE - La vicenda riguardava l’affidamento di una fornitura di prodotti medicinali. Il bando di gara indicava le quantità in confezioni monodose. Su richiesta del concorrente (futuro aggiudicatario), la stazione appaltante aveva specificato, con apposito chiarimento, che il criterio di aggiudicazione avrebbe tenuto conto della quantità offerta espressa in ml e non in confezioni di prodotto, convertendo il fabbisogno originariamente indicato nel bando nell’equivalente quantità espressa in millilitri.
La società ricorrente chiedeva l’annullamento dell’aggiudicazione, essendo stata, a suo avviso, adottata in violazione delle prescrizioni poste dalla lex specialis di gara.

PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - Secondo TAR Campania-Napoli 06/05/2024, n. 2959, con il chiarimento contestato, la stazione appaltante aveva offerto un’interpretazione delle disposizioni di gara attuativa del principio c.d. di equivalenza, che attribuisce la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta.
Tale principio presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante, quale "conformità sostanziale" con le dette specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte.
Ne deriva, sul piano applicativo, che, sussistendone i presupposti, la stazione appaltante deve operare il giudizio di equivalenza non già attenendosi a riscontri formalistici con le prescrizioni della legge di gara, ma, come detto, sulla base di criteri di conformità sostanziale (e funzionale) delle soluzioni tecniche offerte.
Pertanto le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non possono essere intese come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della suddetta lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell'affidamento.
L’applicazione del principio di equivalenza trova il proprio limite esclusivamente nella difformità del bene o del servizio rispetto a quello descritto dalla lex specialis, ovverosia quando venga a configurarsi una ipotesi di aliud pro alio non rimediabile.
Sul tema si veda anche la Nota: Principio di equivalenza dei prodotti offerti, presupposti e limiti di operatività.

Secondo i giudici, in applicazione dei principi sopra richiamati, la stazione appaltante aveva legittimamente optato per un’interpretazione delle prescrizioni poste dal capitolato di gara che, in ragione dell’acclarata sostanziale equivalenza funzionale dei prodotti, aveva superato il carattere apparentemente vincolante e tassativo delle specifiche tecniche. In una prospettiva sostanzialistica, il chiarimento non aveva comportato una modificazione del significato delle previsioni di gara, non avendone mutato il contenuto, il senso e la ratio, ma le aveva rese semplicemente più trasparenti.

INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE DI GARA, PRINCIPIO DI RISULTATO E DI FIDUCIA - In tale contesto è stato evidenziato il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l'interprete nella lettura e nell'applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara, ovverosia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia.

Il primo, previsto dall'art. 1 del D. Leg.vo 36/2023, comporta che l'amministrazione debba tendere al miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.
Nello specifico il principio del risultato è inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, affinché l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall'art. 2 del D. Leg.vo 36/2023, porta invece a valorizzare l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un'opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della P.A., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.
Tale "fiducia", tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l'interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa, infatti, che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell'azione amministrativa.

Secondo i giudici, la portata più innovativa del principio di risultato risiede nel comma 4 dell’art. 1, D. Leg.vo 36/2023 il quale prevede che "il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto". Ciò:
- da un lato si traduce nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare;
- dall’altro valorizza il raggiungimento del risultato come elemento di valutazione del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, sia ai fini della valutazione delle loro responsabilità - di cui al successivo principio della fiducia - sia ai fini dell’attribuzione degli incentivi previsti dalla contrattazione collettiva.
La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica.

Nel caso di specie, il chiarimento reso dalla stazione appaltante si poneva pienamente in linea con le innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa in quanto, nel declinare la “regola del caso concreto”, come richiesto dal richiamato principio, ha optato per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i prodotti, in tal modo assicurandosi il conseguimento del “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche invocata dalla ricorrente.

Dalla redazione