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08/02/2024

Successione nel contratto di locazione commerciale

A seguito della morte del conduttore, per il subentro nel contratto di locazione commerciale è necessaria la prosecuzione dell’attività? Analisi e risposta a cura dell’Avv. Maurizio Tarantino.

La normativa ha come oggetto la tutela della stabilità dell’attività commerciale o professionale, che è un valore positivo rispetto all’economia di mercato, oltre che la tutela dell’erede, rispetto al quale viene in evidenza il valore economico dell’azienda. Tuttavia, alla morte del conduttore, si pone il problema degli obblighi del subentro dell’erede e, in particolare, se è richiesta la prosecuzione dell’attività ai fini della successione nel contratto originario.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.

SUCCESSIONE NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE COMMERCIALE - La situazione è disciplinata dall’art. 37 della L. 392/1978, il quale regola la successione nel contratto di locazione per differenti ipotesi: il decesso del conduttore; il recesso del conduttore, ma solo se l’immobile è legittimamente occupato anche da altri soggetti che vi esercitano un’attività compresa tra quelle di cui all’art. 27 della L. 392/1978 medesima.
Il comma 2 prevede l’ipotesi di separazione/divorzio; in tal caso, il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell’immobile la stessa attività già ivi esercitata.
Il comma 3 della medesima disposizione, inoltre, prevede che se l’immobile è adibito all’uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto, in caso di morte gli succedono nel contratto, in concorso con gli aventi diritto di cui ai commi precedenti, gli altri professionisti, artigiani o commercianti. In tale ultimo caso, la successione nel contratto degli altri presuppone che l’uso plurimo sia stato previsto contrattualmente o anche successivamente consentito dal locatore, sicché ove la destinazione dell’immobile in favore di più soggetti non sia stata prevista nel contratto stipulato dal locatore con uno soltanto di questi, l’eventuale occupazione di fatto dell’immobile da parte degli altri non li legittima a subentrare nel contratto (C. Cass. civ. 30/06/2015, n. 13317).

ASPETTI GENERALI SULL’ACCETTAZIONE DELL’EREDITÀ - L’accettazione dell’eredità è un negozio giuridico attraverso il quale un soggetto chiamato acquisisce il diritto all’eredità, con effetto decorrente dal giorno dell’apertura della successione.
Nel primo caso (accettazione espressa), l’accettazione avverrà all’interno di un atto pubblico o di una scrittura privata. In questa ipotesi la persona interessata ad assumere la qualità di erede assumerà tale titolo, dichiarando - appunto, espressamente - di accettare l’eredità.
Nel secondo caso (accettazione tacita), il soggetto che è chiamato all’eredità accetta la stessa compiendo atti che presuppongono la volontà di accettare, e che soltanto l’erede sarebbe legittimamente portato a compiere.
Infine, per accettazione dell’eredità con il beneficio d’inventario, si intende l’accettazione che avviene mediante una dichiarazione ricevuta da un notaio o da un cancelliere del Tribunale, nella quale l’erede impedisce la confusione tra il suo patrimonio e quello del de cuius.
Quindi, colui che accetta l’eredità con beneficio d’inventario, è erede con l’unica rilevante differenza, rispetto all’accettazione pura e semplice, che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell’erede, e che si producono gli effetti conseguenti indicati. L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario non determina, di per sé sola, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti, anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questo a non rispondere ultra vires hereditatis, ovverossia al di là dei beni lasciati dal de cuius.
La limitazione della responsabilità dell’erede per i debiti ereditari, derivante dall’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, è opponibile a qualsiasi creditore.
Dunque, come precisato dai giudici, l’erede è tenuto al pagamento solo con i beni ereditari: pertanto, succede nei debiti ereditari, ma ne risponde, non solo nei limiti dei beni a lui pervenuti, ma altresì solo con gli stessi e cioè, non anche con i suoi beni personali (Trib. Modena 23/01/2023, n. 107).

TUTELA E CONSERVAZIONE DELL’ATTIVITÀ COMMERCIALE O PROFESSIONALE - Secondo la giurisprudenza, occorre tutelare la conservazione dell’azienda o dell’attività commerciale o professionale, coordinata con un ampliamento della categoria dei titolari del diritto a continuare l’attività, estesa, a tutti gli eredi del conduttore defunto, senza necessità che in concreto essi esercitino l’attività, potendo cederla ai sensi dell’art. 36 della L. 392/1978.
Invero, secondo questo orientamento, nelle ipotesi in cui non è configurabile una prevalenza del momento organizzativo e la persona del professionista rimane predominante, è da ritenere validamente stipulato, in base al principio di autonomia negoziale, il contratto avente ad oggetto il trasferimento, verso corrispettivo, dello studio professionale ad altro soggetto, intenzionato a proseguire l’attività avvalendosi dei complesso dei beni, materiali ed immateriali, appartenenti al proprio dante causa.
In tal caso, si verifica un vero e proprio trasferimento dell’attività: accanto agli arredi, al complesso dei beni strumentali e dei rapporti contrattuali di fornitura, l’alienante “cede” per via indiretta, al professionista che subentra, la clientela, nel senso che assume a tal fine obblighi positivi di fare (mediante un’attività promozionale di presentazione e di canalizzazione) e negativi di non fare (quale il divieto di riprendere ad esercitare la stessa attività nello stesso luogo), volti a consentire al successore che ne abbia le qualità di mantenere la clientela del suo predecessore, previo conferimento di un nuovo incarico (C. Cass. civ. 09/02/2010, n. 2860).
Da ciò consegue che la normativa in esame si applica anche alla fattispecie in cui un erede, pur non avendo il titolo professionale per esercitare l’attività del de cuius, può cederla (C. Cass. civ. 16/10/2017, n. 24278: nella vicenda, il ricorrente, all’epoca dei fatti era studente di architettura al primo anno e non era in grado di proseguire l’attività di studio medico. Tuttavia, secondo i giudici, la normativa in esame ex art. 37, L. 392/1978 si applica anche alla presente fattispecie in quanto, pur non avendo l’erede il titolo professionale per esercitare lo studio medico, poteva cederlo ai sensi dell’art. 36 della L. 392/1978).

SOLUZIONE AL QUESITO
Alla luce delle considerazioni esposte, in caso di morte del conduttore di immobile destinato per uno degli usi previsti dall’art. 27 della L. 392/1978, subentrano nel rapporto, ai sensi dell’art. 37 della L. 392/1978 medesima, coloro che per successione o per precedente rapporto (risultante da data certa anteriore all’apertura della successione), hanno diritto di continuare l’attività, senza necessità che questa sia anche direttamente esercitata dall’avente diritto, ovvero da colui che anche in base a legittima aspettativa ne abbia titolo.
Come precisato dai giudici, le norme in esame sono state poste dal Legislatore a tutela dell’erede del conduttore e per la salvaguardia della continuità dell’attività commerciale o professionale; esse non fanno sorgere alcun obbligo a carico dell’erede del conduttore, che è libero di esercitare o meno il diritto alla continuazione dell’attività (C. Cass. civ. 16/10/2017, n. 24278; C. Cass. civ. 10/02/1994, n. 1359; C. Cass. civ. 04/03/1993, n. 2629).
In conclusione, in applicazione degli aspetti normativi e giurisprudenziali:
- in caso di decesso, la legge non richiede, ai fini di consentire la successione nel contratto di locazione da parte degli eredi, l’effettiva continuazione dell’attività precedentemente svolta dal dante causa, bensì la legittimazione a farlo, ovvero la possibilità giuridica di continuare l’attività del de cuius che si acquisisce subentrando nella titolarità dell’azienda da lui precedentemente condotta;
- l’effettiva continuazione dell’attività precedentemente svolta è richiesta invece dal secondo comma dello stesso art. 37, quando si parla di separazione legale o consensuale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, dove è esplicitamente detto che il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell’immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all’altro coniuge.

 

Dalla redazione