FAST FIND : FL7884

Flash news del
24/11/2023

Concessioni balneari, cassata la sentenza del Consiglio di Stato sull’illegittimità delle proroghe

Annullata per motivi procedurali la pronuncia con la quale l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato aveva stabilito l’illegittimità di qualsiasi proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative oltre il 31/12/2023. La vicenda torna al Consiglio di Stato per una rivalutazione dei principi di diritto enunciati.

Nell’annosa vicenda della proroga delle concessioni balneari interviene la Corte di Cassazione a Sezioni Unite. La sentenza Cass. S.U. 23/11/2023, n. 32559, ha infatti cassato la pronuncia con la quale l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato aveva stabilito l’illegittimità di qualsiasi proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative oltre il 31/12/2023 (C. Stato Ad. Plen. 09/11/2021, n. 18).

LA SENTENZA ORA CASSATA - L’appellata sentenza C. Stato Ad. Plen. 09/11/2021, n. 18 aveva enunciato i seguenti principi di diritto:

1. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittimeper finalità turistico-ricreative - compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, D.L. 34/2020, conv. dalla L. 77/2020 - sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.

2. Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.

3. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.

LE MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE - La Corte di Cassazione, in sostanza, ha riconosciuto che la pronuncia del Consiglio di Stato - avendo negato la legittimazione attiva ad intervenire nel giudizio alle associazioni di categoria SIB e ASSONAT nonché alla Regione Abruzzo - ha negato ai predetti soggetti la tutela giurisdizionale connessa al rango dell’interesse sostanziale (legittimo), con l’effetto di degradare tale diritto al rango di mero interesse di fatto, non meritevole di tutela. La sentenza è pertanto affetta dal vizio di eccesso di potere, e deve essere cassata.
La Cassazione, tuttavia, non si pronuncia sulle questioni di diritto enunciate dal Consiglio di Stato, sulle quali spetterà nuovamente al medesimo giudice esprimersi nuovamente. Ciò anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti.

Dalla redazione