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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Determ. ANAC 23/09/2015, n. 10
Determ. ANAC 23/09/2015, n. 10
Determ. ANAC 23/09/2015, n. 10
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1. GlossarioAi fini delle presenti Linee Guida si intendono per: a) “Autorità”, l’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.); b) “Codice”, il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE); c) “Regolamento”, il d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»); d) “Concessione di lavori pubblici”, il contratto a titolo oneroso, concluso in forma scritta, avente ad oggetto l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presenta le stesse caratteristiche di un appalto p |
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2. PremessaLa presente determinazione contiene linee guida in materia di project finance o finanza di progetto (di seguito, anche “PF”), che nei principi generali possono essere utilizzate per la maggior parte dei contratti di partenariato pubblico-privato (di seguito, “Ppp”), di cui il PF è un’espressione. Secondo la definizione contenuta nel Regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013, relativo al «Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione europea» (cd. “SEC2010”), i Ppp «sono contratti a lungo termine stipulati tra due unità, sulla base dei quali un’unità acquisisce o costruisce una o più attività, le gestisce per un determina |
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3. La concessione di lavori e servizi e la finanza di progetto3.1 Gli elementi distintivi della concessione rispetto al contratto d’appalto e l’allocazione del rischio Il Codice definisce (art. 3, comma 11) le concessioni di lavori come contratti a titolo oneroso aventi ad oggetto la progettazione e l’esecuzione dei lavori, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che «presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo», alle condizioni previste dal Codice. Rispetto alla definizione originaria, l’art. 42, comma 2, lettera a) del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), ha introdotto la previsione per cui: «la gestione funzionale ed economica può anche riguardare, eventualmente in via anticipata, opere o parti di opere direttamente connesse a quelle oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa». Dunque, nella concessione di lavori è ora normativamente prevista la possibilità dello sfruttamento di un’opera anche prima che siano terminati tutti i lavori previsti nel contratto di concessione. Diversamente da quanto accade per i lavori, il Codice contiene un numero ridotto di prescrizioni per quanto concerne la concessione dei servizi. Ai sensi del comma 12, dell’art. 3 del Codice, la concessione di servizi è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, «ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all’art. 30». A sua volta l’art. 30, contiene norme di semplificazione e derogatorie per l’affidamento dei contratti di concessione dei servizi, prevedendo che: «salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi». In sostanza, per l’affidamento delle concessioni di servizi è previsto che, salva l’applicazione di discipline specifiche che prevedono forme più ampie di concorrenza, la scelta del concessionario debba avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici. La scelta del concessionario può avvenire previa gara informale cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi. Tuttavia, per il PF, l’art. 152, comma 3, del Codice prevede che «le disposizione del presente Capo si applicano, in quanto compatibili, anche ai servizi, con le modalità fissate dal regolamento». Tali modalità sono ora disciplinate dall’art. 278 del Regolamento. A tale riguardo, occorre evidenziare che la Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione unifica le definizioni di concessione di lavori e di concessione di servizi e le relative normative, superando così la dicotomia ad oggi vigente. Ad ogni modo, ciò che caratterizza la concessione, sia essa di lavori che di servizi, differenziandola dal contratto d’appalto, è la ripartizione del rischio tra amministrazione e concessionario. In assenza di alea correlata alla gestione, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato, non si configura la concessione bensì l’appalto, nel quale vi è unicamente il rischio imprenditoriale derivante dalla errata valutazione dei costi di costruzione, da una cattiva gestione, da inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o da cause di forza maggiore. Nella concessione, invece, al rischio proprio dell’appalto, si aggiunge il rischio di mercato. Pertanto, in assenza di un effettivo trasferimento del rischio in capo al concessionario, le procedure di aggiudicazione dovranno essere quelle tipiche dell’appalto e i relativi costi dovranno essere integralmente contabilizzati nei bilanci della stazione appaltante. La nuova direttiva europea, all’art. 5, comma 1, specifica con chiarezza che il contenuto necessario del contratto di concessione è il trasferimento del rischio operativo legato alla gestione dei lavori o servizi al concessionario, cioè la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per l’operazione. La parte del rischio trasferita al concessionario, in altri termini, deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. Il rischio operativo espone il concessionario al rischio di perdite derivanti da squilibri che si possono generare sia dal lato della domanda (ad esempio, una domanda di mercato inferiore a quella preventivata) sia dal lato dell’offerta (la fornitura di servizi non in linea con la domanda di mercato). In altri termini, si ha un rischio operativo quando non è garantito nel corso dell’esecuzione il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario previsto in fase di affidamento. Per le concessioni dei lavori, con la decisione dell’11 febbraio 2004 l’Eurostat ha stabilito le condizioni in base alle quali la realizzazione di un’opera è da intendersi a carico del bilancio pubblico o del settore privato, ovvero le condizioni per cui le spese per le infrastrutture possono essere poste fuori dal bilancio dello Stato. A tal fine, l’Eurostat individua tre principa |
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4. La fase della programmazioneAi sensi dell’art. 128, comma 1, del Codice l’attività di realizzazione di lavori di importo superiore a 100 mila euro «si svolge sulla base di un programma triennale e di suoi aggiornamenti annuali che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono e approvano, nel rispetto dei documenti programmatori, già previsti dalla normativa vigente, e della normativa urbanistica, unitamente all’elenco dei lavori da realizzare nell’anno stesso». Secondo quanto indicato dal successivo comma 2, il programma triennale rappresenta un momento attuativo degli studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei bisogni che ciascuna amministrazione aggiudicatrice predispone nell’esercizio delle proprie autonome competenze. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 del Regolamento, il programma triennale per i lavori viene redatto ogni anno aggiornando quello precedentemente approvato per i lavori da eseguire nel triennio successivo. Lo schema di programma viene reso pubblico, prima della sua approvazione, mediante affissione nella sede delle amministrazioni aggiudicatrici per almeno sessanta giorni consecutivi nonché mediante pubblicazione sul profilo del committente. Il programma definitivo, ai sensi dei commi 11 e 12 dell’art. 128 del Codice, deve essere pubblicato sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in virtù di quanto disposto dall’art. 38 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, sul sito istituzionale dell’amministrazione, e per estremi, sul sito dell’Osservatorio, nonché trasmesso, entro trenta giorni dalla sua approvazione, al CIPE dopo l’approvazione per la verifica di compatibilità. Il programma indica, «per tipologia e in relazione alle specifiche categorie degli interventi, le loro finalità, i risultati attesi, le priorità, le localizzazioni, le problematiche di ordine ambientale, paesistico ed urbanistico-territoriale, le relazioni con piani di assetto territoriale o di settore, le risorse disponibili, la stima dei costi e dei tempi di attuazione». Le priorità del programma privilegiano valutazioni di pubblica utilità rispetto ad altri elementi in conformità di quanto disposto dal Codice. Il programma deve contenere un ordine di priorità dei lavori previsti, privilegiando i lavori di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di |
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5. Lo studio di fattibilità5.1 Introduzione Nel Codice, all’art. 128, lo studio di fattibilità è descritto come strumento attuativo del programma triennale, nel quale deve riportarsi l’analisi dello stato di fatto sotto i profili storico-artistici, architettonici, paesaggistici, di sostenibilità ambientale, socio-economica, amministrativa e tecnica. Si tratta, dunque, di uno strumento, avente i contenuti sia della pianificazione territoriale ed economica, necessaria per la quantificazione dei lavori strumentali al soddisfacimento dei bisogni delle amministrazioni aggiudicatrici, sia del documento preliminare alla progettazione, come elaborato da porre a base di gara nei procedimenti di cui all’art. 153 del Codice. Lo studio di fattibilità deve essere dunque in grado di trasformare l’iniziale idea-progetto in una specifica ipotesi di intervento, attraverso l’identificazione, la specificazione e la comparazione, ove possibile, di più alternative atte a cogliere modalità diverse di realizzazione dell’idea originaria e consentire all’amministrazione competente di attuare una scelta motivata. Allo stesso tempo deve anche avere contenuti sufficienti a poter indire una gara d’appalto e, quindi, poter prevedere nel bando i requisiti di partecipazione e l’importo dell’investimento. Nel disegno di legge delega per il recepimento delle direttive europee in materia di appalti e concessioni è indicato, tra i criteri di delega, che lo studio di fattibilità, pur continuando a rappresentare il documento posto a base di gara, debba possedere un livello di approfondimento e di dettaglio maggiori rispetto a quanto previsto con la normativa vigente. In particolare lo studio di fattibilità deve contenere elementi idonei a verificare i livelli di bancabilità dell’opera; tale verifica deve essere effettivamente eseguita dall’amministrazione al fi ne di porre a gara progetti con accertata copertura finanziaria. Ciò al fine di ridurre il rischio di mancata aggiudicazione della gara, molto spesso derivante dalla difficoltà di finanziamento dell’opera, nonché di contenere i tempi per la realizzazione del progetto, molto spesso procrastinati dal lungo intervallo intercorrente tra il momento iniziale della programmazione degli interventi e quello del closing finanziario. Appare evidente, quindi, il ruolo sostanziale che viene ad assumere lo studio di fattibilità e la necessità di individuarne chiaramente i contenuti minimi indefettibili, in relazione alla duplice funzione ad esso assegnata. Al fine di redigere una programmazione coerente con le effettive necessità della comunità, in una prima fase, è necessario prevedere la raccolta di tutti gli elementi occorrenti per la formazione di un quadro completo dei bisogni e delle esigenze della collettività. In tale ottica, invero, l’art. 11 del Regolamento non dà indicazioni specifiche. In ogni caso, dovranno essere valutati dall’amministrazione e per essa dal Responsabile del Procedimento tre profili: a) la domanda da soddisfare per la collettività di riferimento e le opportunità in atto, individuando standard qualitativi e quantitativi prestazionali dei servizi richiesti, che siano oggettivi e misurabili; b) i piani e le strategie proprie dell’amministrazione o di altri enti interessati o sovraordinati; c) gli obblighi derivanti dalla normativa nazionale e comunitaria. La quantificazione della domanda deve considerare, oltre alle esigenze del bacino potenziale di utenza, anche le specifiche soluzioni tecnologiche e finanziarie prospettate. L’identificazione della domanda non può essere generica, ma deve basarsi su parametri facilmente identificabili e misurabili. Ciò anche perché l’individuazione corretta della domanda potenziale rappresenta un elemento fondamentale per la determinazione dei costi e dei possibili rendimenti dell’investimento e, quindi, per la definizione del piano economico e finanziario. È chiaro, ad esempio, che un’eventuale richiesta di rivisitazione del piano economico e finanziario (e, quindi, delle tariffe all’utenza), motivata con modifiche non previste e non preventivabili della domanda finale, dovrà necessariamente basarsi su indicatori identificabili e misurabili già presenti nei documenti di gara. Come evidenziato nel paragrafo precedente, l’individuazione e la quantificazione della domanda da soddisfare dovrebbe giovarsi di forme di partecipazione, del tipo del débat public francese. La conferenza di servizi obbligatoria, di cui al richiamato comma 1 -bis dell’art. 14 -bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, è finalizzata a vincolare le amministrazioni a definire i propri fabbisogni e a presentare al mercato proposte chiare, offrendo soluzioni che ricomprendano anche eventuali opere compensative che si rendano necessarie a mitigare l’impatto ambientale, territoriale e sociale. Lo studio di fattibilità ha, quindi, lo scopo di trasformare un’iniziale idea-progetto in una specifica ipotesi di intervento identificando, specificando e comparando più alternative con la funzione di individuare modalità diverse di soddisfazione del bisogno e di realizzazione dell’idea originale. 5.2 La scelta del modello di realizzazione dell’intervento: partenariato pubblico e privato o appalto La realizzazione delle infrastrutture può avvenire o mediante la formula dell’appalto con risorse totalmente a carico dell’amministrazione, o mediante una delle formule di Ppp (ex art. 3, comma 15 -ter ). A tal fine si rende necessario valutare, da parte delle amministrazioni pubbliche, se sia conveniente procedere ad una forma di partenariato con il privato oppure, diversamente, ricorrere ad un contratto di appalto più tradizionale. Tale analisi va effettuata in modo differenziato in rapporto alle caratteristiche e dimensioni dell’intervento che si prevede debba essere realizzato ed alle risorse economiche disponibili. In particolare, si dovrà tener conto almeno dei seguenti aspetti: i. la presenza di un quadro normativo e regolatorio compatibile con l’intervento; ii. l’esistenza di rischi trasferibili al soggetto privato; iii. la capacità organizzativa e la presenza del know how della pubblica amministrazione per intraprendere un’operazione di Ppp; iv. la possibilità di praticare un sistema di pagamenti da legare a prefissati livelli quantitativi e qualitativi in sede di gestione; v. la tariffabilità dei servizi da erogare e la verifica del consenso della collettività a pagare tali servizi. Un tale controllo potrebbe fornire elementi direttamente utilizzabili nell’elaborazione del bando di gara in ordine, segnatamente, alle più consone modalità di scelta del partner privato. La verifica della praticabilità del Ppp va effettuata quando sono disponibili alcune informazioni sulle alternative per la realizzazione delle idee-progetto, ma in ogni caso prima della conclusione dello studio di fattibilità poiché, ad esempio, un esito non favorevole al Ppp potrebbe comportare anche la rinuncia al progetto. Tutto ciò presuppone che: a) le procedure di aggiudicazione siano regolate attraverso meccanismi concorrenziali e competitivi; b) i rischi connessi alla costruzione e gestione dell’opera siano chiaramente identificati, valutati e posti in capo al soggetto più in grado di farsene carico; c) la corretta quantificazione dei costi connessi ai rischi da allocare riduca le asimmetrie informative attribuendo maggiore consapevolezza all’amministrazione. L’amministrazione dovrebbe trovare conveniente effettuare un determinato progetto mediante uno schema di Ppp e non tramite un tradizionale schema di appalto solo quando il rendimento atteso per l’intera società è positivo. Il value for money dei Ppp rappresenta il beneficio in termini finanziari derivante per la pub |
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6. Le modalità di svolgimento della procedura a gara unica (commi 1-14)6.1 La scelta della procedura di aggiudicazione Il comma 1 dell’art. 153 indica che, in alternativa alle procedure previste per il rilascio delle concessioni, nel caso del PF si possa seguire una procedura quale quella descritta nei commi 1-14 del medesimo articolo. N9 Si ritiene, tuttavia, opportuno che le stazioni appaltanti valutino la possibilità di ancorare l’affidamento del PF a gara unica alle procedure standard presenti nel Codice, anche al fine di evitare il possibile insorgere di contenzioso. Il punto di riferimento obbligato, sembra allora, per analogia, quanto previsto dall’art. 144 del Codice in materia di concessione di lavori, nonché dall’art. 58, comma 15, del Codice in materia di dialogo competitivo. L’art. 144 del Codice, prevede come procedura di aggiudicazione la procedura aperta o quella ristretta. Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’art. 55, comma 2, del Codice, le amministrazioni aggiudicatrici utilizzano di preferenza la procedura ristretta quando il contratto non ha ad oggetto la sola esecuzione, o quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, così come previsto per la concessione di lavori. L’art. 58, comma 15 del Codice prevede, inoltre, che la procedura del dialogo competitivo possa concludersi con l’affidamento di una concessione di lavori. Si ricorda che, ai sensi dell’art. 58, comma 1, del Codice, «il ricorso al dialogo competitivo per lavori è consentito previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici». Recentemente, con il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 è stato introdotto il comma 3 -bis all’art. 144, che introduce una forma “ibrida” di dialogo competitivo. In sostanza, è previsto che: «Per le concessioni da affidarsi con la procedura ristretta, nel bando può essere previsto che l’amministrazione aggiudicatrice possa indire, prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte, al fine di verificare l’insussistenza di criticità del progetto posto a base di gara sotto il profilo della finanziabilità, e possa provvedere, a seguito della consultazione, ad adeguare gli atti di gara aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non può essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla relativa comunicazione agli interessati. Non può essere oggetto di consultazione l’importo delle misure di defiscalizzazione di cui all’art. 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e all’art. 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, nonché l’importo dei contributi pubblici, ove previsti». L’Autorità, con l’Atto di segnalazione n. 2 del 4 luglio 2013, recante «Osservazioni e proposte di intervento in materia di appalti pubblici», non ha condiviso la scelta di introdurre una nuova procedura di aggiudicazione, quale quella contenuta nel novellato comma 3 -bis, considerato che il dialogo competitivo è già utilizzabile per l’affidamento della concessione di lavori. Le possibili procedure di gara sono, dunque, le seguenti: N10
6.2 Le fasi della procedura a gara unica Nella procedura a gara unica, disciplinata dai commi 1-14 dell’art. 153, l’amministrazione aggiudicatrice: 1. pubblica un bando di gara, ponendo alla base dello stesso uno studio di fattibilità; 2. prende in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando; 3. una graduatoria secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e nomina promotore il soggetto che ha presentato la migliore offerta; la nomina |
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7. Lo svolgimento della procedura a doppia gara e il diritto di prelazione (comma 15)Il comma 15 dell’art. 153 del Codice prevede che l’amministrazione aggiudicatrice, in alternativa a quanto previsto dal comma 3, lettere a) e b) del medesimo articolo, possa - successivamente all’approvazione del progetto preliminare - procedere come segue: a) pubblica un bando, ponendo a base di gara il progetto preliminare approvato ed il piano economico-finanziario, eventualmente adeguato a seguito delle necessarie modifiche al progetto, richieste in sede di approvazione, nonché le altre condizioni contrattuali offerte dal promotore; b) ove non siano state presentate offerte, il contratto è aggiudicato al promotore; c) ove siano state presentate una o più offerte, il promotore può, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell’amministrazione aggiudicatrice, adeguare la propria proposta a quella del migliore offerente, aggiudicandosi il contratto; in questo caso, l’amministrazione aggiudicatrice rimborsa al migliore offerente, a spese del promotore, i costi sostenuti per la partecipazione alla gara, nella misura massima di cui al comma 9, terzo periodo, dell’art. 153 del Codic |
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8. Lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 16-18)Il comma 16 dell’art. 153 consente il ricorso a procedure che utilizzano la finanza di progetto in relazione ai lavori inseriti nell’elenco annuale di cui all’art. 128, per i quali l’amministrazione non ha proceduto alla pubblicazione del bando entro sei mesi. In tale ipotesi, entro quattro mesi da tale termine, è consentito ai privati, in possesso dei requisiti del concessionario, di cui al comma 8 (vd. par. 6.4), di supplire all’inerzia della pubblica amministrazione con la propria iniziativa. Si ritiene che il privato possa accedere allo studio di fattibilità elaborato dall’amministrazione per l’inserimento del lavoro negli atti di programmazione, al fi ne di poter formulare la propria proposta. La proposta deve avere il contenuto dell’offerta di cui al comma 9 dell’art. 153: un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico finanziario asseverato (vd. par. 6.5). La pro |
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9. Lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 19-21)Gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici anche proposte relative alla realizzazione di lavori o lavori di pubblica utilità, inclusa la locazione finanziaria, non presenti nel piano triennale o negli strumenti di programmazione approvati dalle stesse sulla base della normativa vigente. Gli operatori economici che possono presentare tali proposte sono quelli individuati dal comma 21 e, precisamente: a) soggetti in possesso dei requisiti del concessionario (analizzati al paragrafo 5.4); b) soggetti di cui all’art. 34 e all’art. 90, comma 2, lettera b) N15 del Codice, eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi; c) soggetti che svolgono in via profession |
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10. La finanza di progetto nei servizi10.1 La concessione di servizi Mentre il project financing nel settore dei lavori pubblici è regolato dettagliatamente dall’art. 153 del Codice, per la finanza di progetto nel settore dei servizi il Codice, all’art. 152, comma 3, si limita a prevedere che «le disposizioni del presente Capo si applicano, in quanto compatibili, anche ai servizi, con le modalità fissate dal regolamento». Tali modalità sono contenute nell’art. 278 del Regolamento. Come già evidenziato, la fattispecie della concessione di servizi trova nel Codice una disciplina “minimale” che si sostanzia nella previsione di una norma di chiusura, contenuta nell’art. 30 del Codice, secondo la quale, salva l’applicazione di discipline specifiche che prevedono forme più ampie di concorrenza, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi. Allo stato, dunque, in attesa di conoscere come sarà recepita la direttiva 2014/23/UE, il Codice prevede che le concessioni siano affidate mediante una gara informale con almeno cinque operatori economici. Tali scarne indicazioni devono, peraltro, essere lette alla luce delle regole enucleate dalla Commissione europea, in particolar modo nella comunicazione interpretativa per l’aggiudicazione degli appalti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive appalti pubblici (2006/C 179/02) e nella comunicazione interpretativa sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (2008/C 91/02). Nelle comunicazioni citate, la Commissione pone l’accento soprattutto sull’obbligo di trasparenza cui sono tenute le amministrazioni, obbligo che consiste nel garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura dei contratti di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione ( cfr. Corte di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, considerato n. 62). Il principio di trasparenza è poi strettamente legato a quello di non discriminazione, poiché garantisce condizioni di concorrenza non falsate ed esige ch |
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11. Disciplina applicabile all’esecuzione del contratto11.1 La disciplina applicabile La disciplina delineata dal Codice e dal Regolamento per le concessioni realizzate tramite PF, mentre risulta dettagliata per i profili inerenti l’affidamento, non lo è altrettanto per quanto riguarda l’esecuzione dei lavori e per la successiva fase di gestione dell’opera. N17 Invero, l’art. 152 del Codice, nel richiamare le norme applicabile al PF, enuclea soltanto quelle relative alla fase di affidamento. Tuttavia, considerato che le procedure disciplinate dall’art. 153 portano all’affidamento di una concessione di lavori (o di servizi), si ritiene debbano applicarsi anche le disposizioni di cui all’art. 142 e ss. relative alla fase di esecuzione, che rimandano integralmente a quanto previsto dal Codice e dal Regolamento per gli appalti di lavori e di servizi. La disciplina contenuta nell’art. 142 regola poi non solo i rapporti tra concedente e concessionario, ma anche quelli intercorrenti tra quest’ultimo e un appaltatore terzo, in quanto ai sensi dell’art. 146, la stazione appaltante può: a) imporre al concessionario di affidare a terzi appalti corrispondenti ad una percentuale non inferiore al 30% del valore globale dei lavori oggetto della concessione. Tale aliquota minima deve figurare nel bando di gara e nel contratto di concessione; b) invitare i candidati a dichiarare nelle loro offerte la percentuale, ove sussista, del valore globale dei lavori oggetto della concessione, che intendono appaltare a terzi. L’art. 142 distingue, inoltre, il caso in cui il concessionario sia anche un’amministrazione aggiudicatrice o un soggetto privato. Nel primo caso, agli appalti di lavori affidati dal concessionario, analogamente a quanto previsto per la concessione, si applicano tutte le disposizioni del Codice, se non espressamente derogate. Nel secondo caso, il comma 4 dell’art. 142, prevede che i concessionari siano tenuti ad applicare per gli appalti affidati a terzi gli art. 149-151 e, in quanto compatibili e non specificamente derogati, la normativa in materia di pubblicità e termini, requisiti generali, qualificazione degli operatori economici, progettazione, contenzioso, ecc., e, per la fase di esecuzione, subappalto, collaudo e piani di sicurezza. Con riguardo agli ulteriori aspetti della disciplina, l’opera realizzata in regime di concessione deve essere sottoposta – per espressa previsione normativa - sia al collaudo finale dell’opera (art. 142 del Codice) sia al collaudo in corso d’opera (art. 141 del Codice). L’art. 141 stabilisce, al comma 8, nei casi di affidamento dei lavori in concessione, l’attribuzione al responsabile del procedimento delle funzioni di vigilanza in tutte le fasi di realizzazione dei lavori, verificando il rispetto della convenzione. Conseguentemente, l’art. 10, lettera r) del Regolamento prevede tra le funzioni del responsabile del procedimento quella «di vigilanza sulla realizzazione dei lavori nella concessione di lavori pubblici, verificando il rispetto delle prescrizioni contrattuali». Nel caso di affidamento della realizzazione dell’opera in regime di concessione, la normativa vigente non definisce a priori le concrete modalità di svolgimento della funzione di vigilanza da parte del responsabile del procedimento, ma stabilisce che queste, comunque obbligatorie anche nell’ipotesi di affidamento a terzi della realizzazione dei lavori da parte del concessionario, debbano essere precisate principalmente nell’ambito del contratto, giacché in quest’ultimo documento è possibile identificare maggiori o minori poteri riservati al committente e, pertanto, diverse conseguenti modalità di vigilanza alle quali il responsabile del procedimento deve attenersi. Con riferimento alla direzione dei lavori, gli artt. 130 del Codice dei contratti pubblici e 147 del Regolamento prevedono che l’attività di direzione dei lavori sia espletata dalle amministrazioni aggiudicatrici. Tali disposizioni si ritengono applicabili anche alle concessioni, non essendo stata prevista alcuna deroga nella specifica disciplina dettata per le concessioni (alle quali si applicano le disposizioni del Codice, salvo che non siano derogate nel Capo II ad esse dedicato - art. 142, comma 3). Per gli affidamenti a terzi da parte del concessionario che riveste la natura di amministrazione aggiudicatrice, questi sarà ten |
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