Una prima questione riguarda l’inquadramento della procedura nell’istituto della concessione sulla quale venivano espresse riserve nella delibera n. 19/2010. Infatti, la distinzione comunitaria tra concessione e appalto è fatta, nella comunicazione interpretativa della CE del 12 aprile 2000, rispetto a due elementi: i destinatari del servizio (natura dell’utilitas) qui indiscutibilmente sussistente e il rischio di gestione in capo al Concessionario, rinvenibile solo in via indiretta (cfr. Tar Lazio n. 4315/2007 e contra Circolare del 1.03.2002, n. 3944) giacché, trattandosi di cd. opera fredda, il prezzo delle prestazioni non è richiesto ai singoli utenti ma direttamente all’amministrazione che acquista il servizio. La sussistenza di un limite massimo al valore della penale (formulazione di penale Pmax nell’art. 8.6.3 del capitolato), qualunque sia il livello di inadempienza nello svolgimento della gestione, si giustifica con la previsione delle ipotesi di risoluzione della convenzione previste nell’art. 13.2. A tal riguardo, al fine di garantire la continuità sanzionatoria, dalle penali fino alla risoluzione contrattuale, si ritiene opportuno rivisitare le espressioni “potrà risolvere” e “avrà diritto” di risolvere la convenzione, laddove tali espressioni sembrano attribuire al Concedente una mera facoltà, e prevedere invece una formula imperativa che determini la risoluzione di diritto della convenzione in presenza dei livelli massimi di inadempimento ivi indicati. Salvo ovviamente il legittimo esercizio da parte degli Enti finanziatori, ovvero della Società di progetto, del diritto di “subentro” di cui all’art. 159 del D.Lgs. n.163/2006R per evitare la risoluzione.
Dunque, sulla base di quanto comunicato da RM, qualora sia meglio chiarita nella convenzione la effettiva continuità tra causa (cattiva qualità del servizio) ed effetti (penali e infine risoluzione), il rischio di disponibilità può considerarsi ragionevolmente trasferito al Concessionario nell’opera di cui trattasi.
In merito al rischio di costruzione (incremento del costo nella fase di progettazione ed esecuzione dei lavori), i chiarimenti di dettaglio forniti da RM, richiedono l’esame di un duplice profilo in quanto a tali maggiori costi possono contribuire sia le necessità indotte dai ritrovamenti archeologici sia quelle più ordinarie e ricomprese in generale nell’art. 132 del codice. Il rischio di carattere archeologico, da considerare certamente il più severo e probabile nei siti storici dove insistono le opere, alla luce della seconda nota di RM sembra sia stato ragionevolmente delimitato alla fase propedeutica alla progettazione definitiva, non essendo più possibile dopo tale stadio della progettazione e dunque anche nel corso della costruzione rivederne le conseguenze sul progetto se non ponendole a carico del Concessionario. Richiamata dunque, condividendola, la opportunità di svolgere gli acce