La questione controversa oggetto del presente esame concerne la posizione della società (… omissis …) a causa della dichiarazione resa dal suo rappresentante/socio ai sensi dell’art. 38, comma 2 del Codice relativamente il possesso dei requisiti di ordine generale di cui al medesimo art. 38, comma 1, lettera c), risultata non veritiera.
Ai fini della soluzione del caso di specie, si ritengono necessarie alcune premesse.
In linea di principio, nelle procedure di evidenza pubblica la completezza e la veridicità delle dichiarazioni rilasciate dal partecipante costituiscono di per sé un valore da tutelare e perseguire in conformità sia al principio di buon andamento dell’azione amministrativa, nel quale si inquadrano le esigenze di ordinato svolgimento della gara e di trasparenza sia a quello di efficiente celerità cui il medesimo agire deve ispirarsi: l’estrinsecarsi di detti principi consente, infatti, alla stazione appaltante di assumere seriamente e tempestivamente le necessarie determinazioni concernenti, in primis, i requisiti soggettivi del partecipante alla gara.
Ne consegue, sempre in via di principio, che l’aver corredato l’offerta di un’attestazione non corrispondente ad incontestabili fatti storici, può già legittimamente considerarsi lesivo degli interessi tutelati dalla normativa di settore, incidendo sul grado di affidabilità del soggetto partecipante.
In tale ambito, come più volte ritenuto dal prevalente insegnamento giurisprudenziale, appare irrilevante che le condanne penali non dichiarate siano eventualmente inidonee ad incidere sul requisito della “moralità professionale” del concorrente. Infatti, le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne stesse, e alla loro incidenza sulla moralità professionale, spettano esclusivamente alla stazione appaltante in un momento successivo, e non già al concorrente nel momento della domanda di partecipazione alla gara, non essendo consentito, a quest’ultimo, di operare autonomamente una personale selezione sulla base di meri criteri soggett