FAST FIND : FL7447

Flash news del
26/01/2023

Compravendita di immobile con irregolarità edilizie

Secondo la Corte di Cassazione è esclusa l'esistenza di una norma imperativa, rilevante quale nullità virtuale, e di un generale divieto di stipulazione di atti aventi ad oggetto immobili abusivi, al fine di renderli giuridicamente non utilizzabili. Nella pronuncia chiarimenti anche sulla validità del contratto di compravendita in caso di mancata consegna del certificato di agibilità e sull'interesse ad agire del terzo per la nullità del contratto - Cass. civ. 23 gennaio 2023, n. 1897.

A cura di Maurizio Tarantino

LA VICENDA
Accertamento dell’immobile incommerciabile per una molteplicità di abusi non sanati

Tizia, in qualità di promissaria acquirente, con Caia, in qualità di promittente venditrice, aveva stipulato un preliminare di vendita nel 2007, avente ad oggetto l’immobile successivamente alienato da Caia in favore di una terza società beta. Tizia aveva versato, a titolo di caparra confirmatoria, al momento della stipula del preliminare, la somma di circa 185 mila euro. Il definitivo non si era concluso per inadempimento della promittente alienante, nei confronti della quale aveva già instaurato separato giudizio per ottenere il pagamento del doppio della caparra versata.
Inoltre, secondo l’attrice, l’atto di compravendita stipulato tra Caia e la società beta era affetto da nullità sotto il profilo urbanistico-edilizio, essendo l’immobile incommerciabile per una molteplicità di abusi non sanati. In particolare, secondo la tesi dell’attrice, nel presente giudizio, aveva interesse a far valere la nullità, perché l’immobile costituiva la sola garanzia del proprio credito in ordine al pagamento del doppio della caparra.
Per i motivi esposti, Tizia aveva chiesto al giudice l’accertamento della nullità dell’atto di compravendita dell’immobile stipulato tra le predette convenute nel 2008; e, in subordine, che fosse dichiarata la simulazione di tale atto ovvero la sua inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 del Codice civile.
Nel giudizio di primo grado, il Tribunale dichiarava inammissibili, per difetto di interesse ad agire, le domande di nullità e di simulazione dell’atto di compravendita e rigettava, per difetto di prova, la domanda revocatoria. Anche la Corte d’Appello rigettava l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, confermava la pronuncia impugnata.

La tesi della Corte territoriale
Secondo i giudici di appello, nella vicenda non era ravvisabile alcun interesse di Tizia ad una pronuncia che accertasse la violazione di norme urbanistiche nonché l’incommerciabilità del bene alienato e la conseguente nullità del relativo atto traslativo, poiché la medesima istante aveva instaurato separato giudizio per far valere la legittimità del proprio recesso dal preliminare, avente ad oggetto lo stesso immobile, e per ottenere il doppio della caparra, con l’effetto che l’interesse della predetta, in ordine alla condizione urbanistico-edilizia dell’immobile, era insussistente.
Ad ogni modo, sostengono i giudici di merito, non risultava integrata alcuna lesione di un diritto di Tizia derivante direttamente dalla stipulazione del contratto, atteso che l’attrice aveva espressamente proposto l’azione di nullità per un fine diverso da quello suo proprio, ossia per non perdere la garanzia del credito, quale finalità tipica dell’azione revocatoria.

Le contestazioni della promissaria acquirente
Per le ragioni esposte, Tizia aveva proposto ricorso in Cassazione eccependo, tra i vari motivi di contestazione, il ragionamento della Corte territoriale per aver escluso l’interesse del terzo creditore ad agire per la declaratoria di nullità, per contrarietà a norma imperativa o per oggetto illecito, dell’atto di cessione effettuato dal debitore a terzi della proprietà dell’unico cespite facente parte del suo patrimonio.
Sostiene l’istante che, a fronte della deduzione della nullità della compravendita per violazione della normativa urbanistico-edilizia, in ragione degli abusi perpetrati, l’esercizio del diritto potestativo di recesso dal preliminare e l’azione giudiziale intrapresa per ottenere il pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata avrebbero conferito al terzo la legittimazione a far valere la nullità, senza che fosse necessaria alcuna correlazione tra le cause della nullità medesima e la titolarità del diritto leso dall’atto pregiudizievole.

LA SOLUZIONE DEL GIUDICE
Gli abusi edilizi
Secondo la S.C., con riguardo alle prospettate difformità urbanistico-edilizie e agli abusi da cui sarebbe stato inficiato il cespite alienato, la nullità comminata dall’art. 46 del D.P.R. 380/2001 e dagli artt. 17 e 40 della L. 47/1985 va ricondotta nell’ambito dell’art. 1418, comma 3, del Codice civile, di cui costituisce una specifica declinazione. Invero, deve qualificarsi come nullità “testuale” intesa a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile proprio a quell’immobile.
Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante circa gli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile oggetto dell’atto traslativo, il contratto è valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (Cass. civ. 17 ottobre 2022, n. 30425).

Le difformità catastali
Quanto alle denunciate difformità catastali, precisano i giudici che la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, in quanto essi costituiscono gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali, sicché la sua omissione, stante la finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale perseguita dalla norma, determina la nullità assoluta dell’atto (Cass. civ. 15 settembre 2022, n. 27181).
Tuttavia, tale ragione di nullità non era stata dedotta dall’attrice nei giudizi di merito, né emergeva ex actis ai fini della rilevabilità d’ufficio. A tale scopo era necessaria la tempestiva proposizione della questione nel giudizio di merito, a nulla rilevando che essa sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, atteso che il corrispondente potere del giudice incontra, da un lato, il limite della necessità di un accertamento di fatto e, dall’altro, dev’essere coordinato con il principio della domanda, fissato dagli artt. 99 e 112 del Codice di procedura civile.

Mancata consegna del certificato di abitabilità
Con riferimento alla prospettata nullità della vendita per mancata consegna del certificato di abitabilità, anche tale vizio non era stato denunciato nei gradi di merito del giudizio e non risultava dagli atti. In ogni caso, la vendita di un immobile strutturalmente destinato ad uso abitativo, ma privo della licenza di abitabilità, non è nulla per illeceità dell’oggetto, non essendovi alcuna norma che preveda l’obbligo del preventivo rilascio del predetto certificato, ma è solo risolubile se il venditore abbia assunto, anche implicitamente, l’obbligo di curare il rilascio della licenza, a meno che, essendo dimostrato che l’immobile presenta tutte le caratteristiche necessarie per l’uso che gli è proprio e che la licenza possa essere agevolmente ottenuta, il giudice non ritenga di scarsa importanza l’inadempimento (Cass. civ. 13 agosto 2020, n. 17123).

Assenza di una norma imperativa quale nullità virtuale
In applicazione di questi principi, già come il vizio di nullità è stato dedotto, l’invalidità denunciata non ricorreva. Difatti, l’odierna ricorrente aveva spiegato domanda di nullità dell’atto di compravendita, sostenendo che il bene oggetto dell’atto traslativo fosse incommerciabile per l’esistenza di una moltitudine di abusi edilizi non sanabili e celati dalle parti contraenti.
Tuttavia, a parere dei giudici di legittimità, è esclusa l’esistenza di una norma imperativa, rilevante quale nullità virtuale, e di un generale divieto di stipulazione di atti aventi ad oggetto immobili abusivi, al fine di renderli giuridicamente non utilizzabili. Per converso, le doglianze compendiate assumevano una concezione virtuale (e non testuale), ovvero sostanziale, della nullità, concezione che tuttavia non è compatibile con i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite (Cass. civ. S.U. 22 marzo 2019, n. 8230).

In conclusione, il ricorso di Tizia è stato rigettato.

CONCLUSIONI SULLA VALIDITÀ DELLA COMPRAVENDITA IN PRESENZA DI ABUSI EDILIZI E PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
La pronuncia della Corte di legittimità offre lo spunto argomentativo sulle conseguenze della presenza di abusi edilizi nella compravendita e dell’interesse del terzo.
In presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (Cass. civ. S.U. 22 marzo 2019, n. 8230). Quindi, il mancato inserimento, nel contratto preliminare di compravendita immobiliare, delle indicazioni circa la c.d. conformità catastale oggettiva, ovvero l'identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, la dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, non ne comporta la nullità, in quanto le prescrizioni previste dall'art. 29 della L. 52/1985, comma 1-bis, aggiunto dall'art. 19, comma 14, del D.L. 78/2010, conv., con modif., dalla L. 122/2010, si riferiscono ai soli contratti traslativi, non trovando quindi applicazione ai contratti aventi effetti meramente obbligatori (Cass. civ. 8 marzo 2022, n. 7521).

Inoltre, in tema di compravendita immobiliare, il certificato di abitabilità integra un requisito giuridico essenziale ai fini non solo del legittimo godimento, ma anche della normale commerciabilità del bene. Pertanto, mentre ove ricorrano le condizioni per il suo conseguimento ed esso non sia stato rilasciato, ciò non determina, di per sé, un inadempimento, né giustifica la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno, al contrario, si è in presenza di un inadempimento idoneo alla risoluzione del contratto, siccome conseguente alla vendita di "aliud pro alio". Difatti, in tale ultima ipotesi, se detto certificato sia stato formalmente rilasciato, ma l'immobile presenti insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche, non essendo il cespite oggettivamente in grado di soddisfare le esigenze concrete di sua utilizzazione, diretta o indiretta, ad opera del compratore (Cass. civ. 27 dicembre 2017, n. 30950).

Quanto all’interesse ad agire, con riferimento alla domanda (o all’eventuale eccezione) di nullità di un contratto, mentre per le parti contraenti l’interesse ad agire è in re ipsa, in dipendenza dell’attitudine del contratto di cui si invoca la nullità ad incidere nella loro sfera giuridica, il terzo che agisca ai sensi dell’art. 1421 del Codice civile deve dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse alla declaratoria di nullità, ossia la necessità di ricorrere al giudice per evitare una lesione attuale del proprio diritto e il conseguente danno alla propria sfera giuridica (Cass. civ. 5 febbraio 2020, n. 2670). In tal caso, infatti, l’interesse ad agire si prospetta quale condizione dell’azione, consistente appunto nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice.
Inoltre, esso deve avere necessariamente carattere attuale, poiché solo in tal caso trascende il piano di una mera prospettazione soggettiva, assurgendo a giuridica ed oggettiva consistenza, viceversa (come nella specie affrontata) restando escluso ove il giudizio sia strumentale alla soluzione, soltanto in via di massima od accademica, di una questione di diritto, in vista di situazioni future o meramente ipotetiche (Cass. civ. 23 dicembre 2009, n. 27151).

Dalla redazione