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01/12/2022

Riduzione del canone di locazione per inutilizzo del posto auto per la presenza di impalcature

Il Tribunale di Pisa, con la sentenza 24 novembre 2022, n. 1458, chiarisce che l’inutilizzo del posto auto legittima il conduttore alla riduzione del canone di locazione, in quanto il locatore non può esonerarsi del pregiudizio derivante dalla presenza delle impalcature poste in essere dall’ente di gestione di appartenenza. Diversamente, il conduttore, in assenza di prova, non può chiedere i danni in caso dell’interruzione dell’approvvigionamento idrico nel locale ad uso ripostiglio e cantina.

A cura di Maurizio Tarantino

LA VICENDA
Richiesta di riduzione del canone di locazione

Il conduttore aveva stipulato un contratto di locazione ad uso abitativo di un immobile con ampio locale ad uso ripostiglio e cantina posto al piano interrato del medesimo fabbricato, nonché un locale garage posto a piano interrato anch’esso nello stesso fabbricato e posto auto esclusivo scoperto. Fin dall’inizio della locazione, il conduttore non aveva potuto utilizzare il vano cantina - inserito nella planimetria dell’appartamento e composto da un vano adibito a locale di sgombero, all’interno del quale era presente una postazione cucina ed un vano adibito a bagno - a seguito del mancato funzionamento della pompa d’acqua che non garantiva il dovuto approvvigionamento idrico dei servizi. Anche il vano garage era rimasto inaccessibile al conduttore per circa cinque mesi a causa del posizionamento di un ponteggio davanti alla porta di accesso, utilizzato per il ripristino della facciata condominiale. Pertanto, il conduttore non potendo godere delle suddette porzioni di immobile, aveva chiesto al giudice di accertare il proprio diritto alla restituzione della quota parte del canone di locazione e del risarcimento dei danni subìti.
Costituendosi in giudizio, il locatore eccepiva che, al momento della consegna, non erano presenti vizi che diminuissero in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito del bene, essendo evidente che le suddette pertinenze costituissero un “quid pluris” e, quindi, non si prestavano ad un godimento diverso da quello adibito catastalmente ad “uso di sgombero”. Con riferimento alla perdita d’acqua verificatasi nella cantina, il conduttore avrebbe potuto eseguire le opere indispensabili ed urgenti, salvo poi chiederne la ripetizione al locatore, se fosse stato realmente necessario, non essendo, peraltro, in alcun modo provato che il vano non potesse essere utilizzato in assenza di acqua.

LA SOLUZIONE DEL GIUDICE
L’interruzione dell’approvvigionamento idrico nel locale ad uso ripostiglio e cantina

Preliminarmente, secondo il giudice, grava sul conduttore (anche per ovvie ragioni di maggiore vicinanza alla prova) l'onere di individuare e dimostrare l'esistenza del vizio che diminuisce in modo apprezzabile l'idoneità del bene all'uso pattuito (Cass. civ., 10 febbraio 2017, n. 3548). Ebbene, nel caso in esame, il ricorrente non perviene alla dimostrazione del vulnus al diritto personale di godimento contrattualmente pattuito. Difatti, dall’istruttoria di causa era emerso nel verbale di riconsegna dell’immobile le parti non avevano formulato, neppure implicitamente, alcuna rinuncia a far valere le pretese in virtù del contratto. Ciò posto, a mente del contratto, la porzione di immobile in tesi interessata dal denunciato vizio era un locale ad uso cantina e sgombero, strutturalmente e funzionalmente autonomo - anche per distanza - dall’unità abitativa, posta al primo piano dell’edificio. In siffatto quadro descrittivo, secondo il Tribunale, non era possibile comprendere quale pregiudizio apprezzabile al godimento poteva essere derivato dal - non meglio descritto - insufficiente approvvigionamento dell’acqua sin dalla stipula del contratto (2012), quindi dall’interruzione definitiva della fornitura (2016). A questo proposito, come correttamente indicato dal locatore, l’utilizzo da parte del conduttore dell’acqua potabile nei locali in esame era da ritenersi indipendente e irrilevante ai fini della godibilità piena delle porzioni di immobili in questione, in assenza di particolari e specifiche esigenze del conduttore stesso non esplicitate nel ricorso.

L’impossibilità della fruizione del garage posto al piano terreno del fabbricato per cinque mesi
Quanto all’altra questione sollevata dal conduttore, in tal caso, il giudicante ha ritenuto meritevole di accoglimento la domanda di riduzione del canone, e dunque di restituzione della maggior quota incamerata dalla locatrice, in relazione all’impossibilità di fruire del garage posto al piano terreno del fabbricato per cinque mesi, a causa dell’impedimento all’accesso costituito dalle impalcature per il restauro della facciata nel settembre 2019. Difatti, la circostanza era del tutto pacifica, limitandosi la resistente ad imputare la responsabilità del fatto al condominio. A questo proposito, rileva il Tribunale che il condominio non è terzo rispetto alla parte locatrice, la quale nella propria qualità non può esonerarsi del pregiudizio derivante dal fatto lecito posto in essere dall’ente di gestione di appartenenza.
In conclusione, per le ragioni esposte, il Tribunale di Pisa ha riconosciuto (solo per questo aspetto) la riduzione del canone in favore del conduttore.

CONCLUSIONI SULLA RESPONSABILITÀ DEL LOCATORE PER I DANNI DA IMMOBILE NON IDONEO ALL’USO E PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
In tema di locazione di immobili, il conduttore può sollevare l'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 del Codice civile non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall'inesatto adempimento del locatore derivi una riduzione del godimento del bene locato, purché la sospensione, totale o parziale, del pagamento del canone risulti giustificata dall'oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto e all'obbligo di comportarsi secondo buona fede.
Premesso quanto innanzi esposto, in tema di garanzia dovuta dal locatore per la piena e normale utilizzazione del bene locato di cui all'art. 1585 del Codice civile, sussiste l'onere della laudatio auctoris riguardo alle molestie di diritto; mentre, nel caso di molestie di fatto arrecate dal condominio ad unità immobiliare, condotta in locazione, facente parte di un fabbricato condominiale, legittimato passivo all'azione di risarcimento dei danni non è il locatore, bensì il condominio, contro il quale il conduttore ha azione diretta ex art. 1585, comma 2 del Codice civile. In tali ipotesi, dunque, la previsione di una azione diretta del conduttore nei confronti dei terzi esclude che questi abbia al contempo la facoltà di sospendere la corresponsione dei canoni di locazione, non potendosi riversare sul locatore le conseguenze dell'illecito altrui. L'esigibilità dei canoni della locazione, nonostante l'obiettiva riduzione del godimento del bene subìto dal conduttore, non si traduce in una irragionevole compressione del suo interesse sostanziale, giacché da un lato l'alterazione del sinallagma contrattuale è dovuta ad un fatto obiettivamente estraneo alla sfera di dominio della controparte, dall'altro la pretesa risarcitoria che il conduttore può azionare nei confronti del terzo molestatore è pienamente satisfattiva (Trib. Palermo 16 dicembre 2021, n. 4864).
Diversamente da questa ipotesi, il giudice di Pisa del provvedimento in commento ha precisato che il locatore “non può esonerarsi del pregiudizio derivante dal fatto lecito posto in essere dall’ente di gestione di appartenenza”. Sicché, in tal caso, trova conferma quell’orientamento che prevede che qualora l'immobile locato venga a versare, anche se non per colpa del locatore, in condizioni tali da non consentire il normale godimento del bene in relazione alla sua destinazione contrattuale, il conduttore convenuto in giudizio per il pagamento dell'intero canone, se non può validamente opporre l'eccezione di inadempimento, ha comunque diritto ad ottenere una riduzione del canone, proporzionale alla riduzione dell'utilità che il conduttore consegue, a causa dei limiti esistenti al pieno godimento del bene contrattualmente previsto (Trib. Milano 29 settembre 2020). In definitiva, tale riduzione costituisce specifica applicazione di un principio generale che presiede la disciplina delle locazioni, quello della sinallagmaticità fra godimento e corrispettivo, per cui ove quel godimento non è attuabile secondo le previsioni contrattuali il conduttore è abilitato a pretendere una riduzione del relativo corrispettivo e finanche legittimato alla risoluzione del rapporto, quando quella diminuzione è tale da comportare il venir meno dello stesso interesse del conduttore alla persistenza della locazione.

Dalla redazione