Autorizzazione paesaggistica e intervento urbanisticamente inammissibile | Bollettino di Legislazione Tecnica
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25/07/2022

Autorizzazione paesaggistica e intervento urbanisticamente inammissibile

In tema di abusi edilizi in zona paesaggistica, l’amministrazione competente non è tenuta ad acquisire il parere preventivo della Soprintendenza nel caso in cui abbia accertato l'inammissibilità dell'intervento.

FATTISPECIE - Il ricorrente contestava il diniego di autorizzazione paesaggistica per cambio di destinazione d’uso, previa demolizione, di preesistente manufatto (baracca in lamiera) e ricostruzione in muratura. Nello specifico, la richiesta era stata avanzata ai sensi dell’art. 146 del D. Leg.vo 22/01/2004, n. 42, a corredo di una SCIA in variante rispetto alle prescrizioni contenute nella concessione in sanatoria. In particolare, l'appellante sosteneva che la sentenza di primo grado non aveva espresso parere sul difetto di motivazione del diniego di autorizzazione paesaggistica, limitandosi a richiamare le problematiche urbanistico-edilizie sottese all’intervento.
Secondo il TAR sussisteva una radicale inammissibilità dell’intervento richiesto sulla base del regime giuridico contenuto nel PUT, nel PRG e nella L.R. Campania 19/2009.

FASI DEL PROCEDIMENTO - Il Consiglio di Stato con la sentenza del 18/07/2022, n. 6180 ha ricordato che sull’istanza di autorizzazione paesaggistica è competente la Regione, ovvero l’ente dalla stessa delegato, vale a dire, nella maggior parte dei casi, i Comuni. Essa deve previamente acquisire il parere vincolante del Soprintendente, il quale si pronuncia entro un termine indicato, diverso per estensione e significatività laddove si tratti di autorizzazioni c.d. “semplificate”, ovvero riferibili agli interventi minori oggetto del D.P.R. 13/02/2017, n. 31 (cui il ricorrente sosteneva di ricondurre anche quello in contestazione).
Il procedimento diretto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica comporta quindi che:
- l’amministrazione competente, una volta ricevuta l’istanza, verifichi preliminarmente la necessità del titolo, accertando che non si versi in quelle tipologie di interventi per i quali l’art. 149, comma 1, D. Leg.vo 42/2004 la esclude;
- il controllo, sotto il profilo formale, della documentazione allegata all’istanza sopraggiunge in una fase successiva e può comportare la richiesta all’interessato, in caso di rilevata carenza e/o insufficienza di quanto prodotto, delle opportune integrazioni utili al fine dell’effettuazione degli accertamenti del caso.

Ne discende che, laddove l’intervento per il quale è richiesto il titolo sia precluso in assoluto nell’area di riferimento, il procedimento si arresta ad una fase preliminare rispetto al vero e proprio giudizio di compatibilità paesaggistica. Ed infatti lo screening preventivo è destinato a sfociare in un immediato rigetto laddove più approfondite valutazioni di merito si palesino del tutto superflue, per la radicale inammissibilità tipologica dell’attività edilizia.
Tutto ciò risponde, si legge nella sentenza, a elementari ragioni di economia procedimentale che impongono di non onerare inutilmente la Soprintendenza di un’attività priva di qualsiasi utilità, allorquando non sussista alcuna possibilità di realizzare alcunché.

Dalla redazione