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08/06/2022

Estinzione del reato paesaggistico e rimessione in pristino

Secondo la Corte di Cassazione, ai fini dell’applicabilità della causa di estinzione del reato paesaggistico, non basta la mera demolizione delle opere abusive ma è necessario il recupero dell’originario pregio estetico dell’area.

Nel caso di specie i ricorrenti erano stati condannati alla pena di due mesi e 15 giorni di arresto ed euro 13.000 di ammenda ciascuno per il reato di cui all’art. 44, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. c) per avere costruito, dopo avere eliminato due manufatti di tipo “liama” (costruzioni rurali tipiche del Salento), un nuovo fabbricato a fronte di un’autorizzazione che prevedeva l’adeguamento e il recupero degli immobili originari. I ricorrenti sostenevano che questi ultimi fossero da ritenere ruderi pericolanti, non suscettibili di conferire pregio estetico alla zona. Inoltre avevano provveduto alla demolizione delle opere abusive e a riposizionare il terreno vegetale sull’area, invocando la causa di estinzione del reato di cui all’art. 181, D. Leg.vo 42/2004, comma 1-quinquies.
Tale norma prevede che la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'Autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato paesaggistico.

C. Cass. pen. 06/05/2022, n. 18070 ha affermato che tale causa di estinzione è legata non alla semplice demolizione/eliminazione delle opere prive di autorizzazione, ma a una condotta più pregnante, che sia volta alla salvaguardia del patrimonio in origine esistente.
La rimessione in pristino contemplata dal D. Leg.vo 42/2004 presuppone generalmente (anche se non necessariamente) un quid pluris rispetto alla mera demolizione delle opere abusive, occorrendo cioè, alla luce dell'impatto delle attività abusive, il compimento di condotte di tempestivo recupero dell'area sottoposta al vincolo paesaggistico, che siano in grado di far riacquistare alla stessa il precedente aspetto esteriore, con conseguente recupero del suo originario pregio estetico.

In tal senso la causa estintiva ex art. 181, D. Leg.vo 42/2004, comma 1-quinquies ha un'evidente "funzione premiale", essendo volta a incentivare le iniziative che, in contesti territoriali meritevoli di tutela, mirino a restituire all'area interessata dai lavori abusivi la sua connotazione originaria, condizione questa che, nel caso di specie, è stata ritenuta non sussistente né possibile, in ragione del fatto che i manufatti in esame erano stati demoliti e dunque non erano più recuperabili nel loro preesistente valore storico.

Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha respinto i ricorsi e confermato la condanna.

Dalla redazione