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26/04/2024

Regole costruttive di carattere estetico su immobili non vincolati e libertà privata

Il Consiglio di Stato fissa i limiti per l’imposizione da parte del Comune di regole di carattere stilistico ed estetico nella costruzione di edifici non vincolati.

C. Stato 01/03/2024, n. 2051 si è pronunciato nell’ambito di una complessa vicenda in cui il proprietario di un appartamento si opponeva alla realizzazione di un “tetto giardino” sulla sommità di un edificio adiacente e all’utilizzo del gres porcellanato per il rivestimento esterno. Secondo il vicino, il gres porcellanato non rientrava tra i materiali “tradizionali” previsti dalle NTA del PEEP; inoltre lamentava un possibile pregiudizio riferito alla possibilità di vendita del suo appartamento ed alla sua quotazione di mercato, avendo gli appartamenti della palazzina con tetto a giardino maggiore attrattiva per un potenziale acquirente e potendo tale circostanza influire anche sul prezzo di compravendita degli immobili.

In proposito i giudici hanno affermato che il Comune può conformare l’attività edilizia privata ai fini di sicurezza e salubrità dell’abitato, di decoro del contesto urbano e di tutela ambientale e paesaggistica, e quindi può certamente imporre, anche per immobili non sottoposti a specifico vincolo storico culturale, non solo regole costruttive ma anche standard stilistici ed estetici secondo modelli tradizionali volti a confermare l’identità del contesto urbano, ma non può sovrapporvi immotivate interpretazioni estetiche soggettive avulse dal contesto di riferimento né ostacolare (in mancanza di uno specifico vincolo in tal senso) la naturale evoluzione tecnico-scientifica dei materiali e delle lavorazioni.

Con riferimento al danno lamentato dal vicino che gli sarebbe derivato dalla maggiore “attrattività” della palazzina adiacente, in quanto comportante una diminuzione della possibilità di vendita del proprio appartamento e della sua quotazione di mercato, i giudici hanno escluso l’interesse a ricorrere meritevole di tutela.
Ed infatti:
- non vi era stata una disparità di trattamento (non essendo mai stata la medesima richiesta di intervento edilizio proposta al Comune per la palazzina del ricorrente),
- non vi era sta una lesione derivante dalla inosservanza delle regole negoziali di riferimento (non essendo affatto prevista una clausola di assoluta identità fra tutte le palazzine del comprensorio),
- la dedotta illegittimità non avrebbe inciso sulla commerciabilità e sul valore dell’appartamento di proprietà del ricorrente (sito in altra palazzina).
In tale contesto, l’interesse dedotto si limiterebbe alla circostanza che l’atto autorizzativo, accogliendo la domanda di intervento edilizio proposta dai privati interessati, avrebbe consentito di rendere più “attrattiva”, e quindi più “bella”, una altrui proprietà rispetto alla propria, avendo quindi avuto il solo torto di “premiare” lo spirito d’iniziativa e la volontà d’investimento economico (peraltro per interventi non ritenuti architettonicamente errati ed aventi un non contestato valore di tutela ambientale) quali espressione della libertà - costituzionalmente garantita - dei privati cittadini, rispetto alla accondiscendenza al mantenimento delle condizioni preesistenti che ha riguardato la propria proprietà edilizia.
La palese irragionevolezza della pretesa di limitare la libertà degli altri cittadini di investire sulle rispettive proprietà - senza accontentarsi di lucrare la loro rendita edilizia - e di contribuire in tal modo alla valorizzazione urbanistica ed edilizia del territorio, peraltro mediante interventi di tutela ambientale e di contrasto ai cambiamenti climatici, solo a causa della vicinitas con altra proprietà volontariamente mantenuta dai proprietari nello “status quo ante” e quindi destinata ad una minore “attrattività” rispetto alle aree e agli immobili così riqualificati, evidenzia la palese inesistenza di un interesse a ricorrere suscettibile di tutela da parte dell’ordinamento.

In sostanza il Consiglio ha deciso nel senso del riconoscimento della libertà privata volta ad ottenere, anche mediante soluzioni progettuali innovative e di green economy, la massima utilità dei propri beni edilizi nei limiti previsti dalla legge a tutela del superiore interesse ad un ordinato sviluppo urbanistico rispettoso dell’interesse pubblico generale della comunità, restando preclusa ogni ulteriore o diversa considerazione soggettiva o “estetica” riferita ai rapporti proprietari di vicinato.

Dalla redazione