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29/03/2022

Compensi professionali, gli interessi decorrono dalla messa in mora

La Corte di Cassazione ha ribadito che in caso di ritardo nel pagamento dei compensi professionali, gli interessi decorrono dalla data di messa in mora.

Tale principio non subisce deroghe nel caso di crediti professionali derivanti dallo svolgimento dell’attività di avvocato, in quanto non sussistono valide ragioni per differenziare il diritto di credito dell’avvocato da quello degli altri creditori. Non è dunque consentito applicare una regola differente solo per tale ambito, e ciò anche nel caso di procedimento sommario ex art. 14, D. Leg.vo 150/2011.

Sulla base di tale principio C. Cass. civ. 16/03/2022, n. 8611 ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva riconosciuto al professionista gli interessi di mora solo a far data dalla pronuncia emessa. Con tale decisione i giudici hanno quindi escluso l’orientamento secondo il quale per la messa in mora sarebbe necessaria la determinazione dell’ammontare da pagare e di conseguenza gli interessi non potrebbero decorrere prima della decisione di liquidazione giudiziale.

LIQUIDITÀ DEL DEBITO - Con l'ordinanza 8611/2022, la Suprema Corte ha risolto il contrasto in favore della soluzione che ritiene che anche per i crediti professionali derivanti dallo svolgimento dell’attività di avvocato gli interessi debbano essere fatti decorrere dalla messa in mora, e ciò anche nel caso in cui alla liquidazione si pervenga all’esito del procedimento di cui all’art. 14, D. Leg.vo 150/2011.
Secondo i giudici infatti la liquidità del debito non è condizione necessaria della costituzione in mora, non valendo nel nostro ordinamento il principio "in illiquidis non fit mora", con la conseguenza che, in caso di contestazione dell'entità del credito, l'atto di costituzione in mora produce i suoi effetti tipici, con riguardo agli interessi moratori, limitatamente alla parte del credito riconosciuta, ossia che risulterà in concreto dovuta.

PRESUPPOSTI DELLA MORA - In proposito è stato precisato che sussiste la mora del debitore, e cioè il ritardo colpevole di lui ad adempiere, quando la mancata o ritardata liquidazione sia conseguente alla sua condotta ingiustificatamente dilatoria e, in genere al fatto doloso o colposo, quale è il suo illegittimo comportamento processuale per avere egli a torto contestata la propria obbligazione. Ne consegue che la sentenza ovvero l’ordinanza che liquidano l'obbligazione inadempiuta legittimamente stabiliscono la decorrenza degli interessi moratori dalla data della interpellatio, sempre che la stessa permetta al debitore di comprendere le ragioni in base alle quali il pagamento gli viene richiesto. La liquidità del credito non è infatti un requisito per la mora, anche nel caso in cui ad essere oggetto della domanda sia un’obbligazione di valuta, quale il credito professionale dell’avvocato.

COLPA DEL DEBITORE - Presupposto della mora è dunque la colpa del debitore, la quale va esclusa nel caso in cui questo sia impossibilitato in maniera assoluta, alla stregua dell’ordinaria diligenza, a quantificare la prestazione dovuta, ma non anche nel diverso caso in cui, pur a fronte di un credito ancora illiquido, sia data al debitore la possibilità di compierne una stima, anche sulla scorta, nel caso di crediti professionali, delle tariffe ed in relazione ad attività certe nell'avvenuto espletamento e nella qualificazione.
Va quindi ravvisata la colpa del debitore in presenza di una condotta ingiustificatamente dilatoria come, ad esempio, nel caso in cui la contestazione giudiziale del credito sia radicale, ovvero riguardi elementi essenziali del rapporto ancorché le prove confortino la loro sussistenza.
Né potrebbe escludere la colpa la sola circostanza che, a seguito della valutazione del giudice o anche in ragione di alcune difese o eccezioni del convenuto, il credito sia riconosciuto in misura inferiore rispetto alla richiesta dell’attore, in quanto la riduzione del credito implica di norma che gli interessi di mora andranno calcolati sull’importo inferiore oggetto di liquidazione, ma senza che di per sé tale riduzione comporti l’esclusione della colpa del debitore, essendo sempre necessario a tale fine che ricorra una situazione tale da rendere assolutamente impossibile per il debitore, alla stregua dell’ordinaria diligenza, stabilire la somma dovuta, ancorché in misura ridotta rispetto alla richiesta, onde permettergli di sottrarsi agli effetti della mora.

PRINCIPIO DI DIRITTO - In conclusione la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto:
nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall’esercente la professione forense, gli interessi di cui all’art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all’esito del procedimento sommario di cui all’art. 14 del D. Leg.vo 150/2011, non potendosi escludere la mora solo perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore.

Dalla redazione